Shinobi: Art of Vengeance – uno Speciale tra il vecchio e il nuovo
Il ritorno di Joe Musashi risveglia emozioni sopite da tempo

Abbiamo giocato Shinobi: Art of Vengence, e lo abbiamo amato. Diciamo la verità: l'abbiamo amato già dalla Demo che in un battito di ciglia ci ha ributtati ai tempi della nostra giovinezza, a quel The Revenge of Shinobi per SEGA Mega Drive che ha costituito probabilmente la più grande incarnazione delle avventure di Joe Musashi prima che la serie entrasse in sofferenza, come tante altre della medesima generazione. Immaginate dunque come può essersi sentito quel ragazzino di 12 anni, 35 anni dopo, nel ritrovarsi davanti il Ninja biancovestito intento a saltare sui muri, lanciare kunai e affrontare un samurai fantasma alla fine della foresta di bambù – ed era solo l'inizio.
Per chi si fosse perso i nostri articoli sul gioco vi ricordiamo l'Anteprima sulla Demo, che trovate sugli store e caldamente vi consigliamo di scaricare [noi l'abbiamo letteralmente spolpata nel mese di attesa della release] e la Recensione. In questo nuovo Speciale vogliamo soffermarci sulle caratteristiche del gioco che lo hanno saputo traghettare da un'epoca videoludica all'altra e di come questo fenomeno stia interessando trasversalmente anche altri brand e media.

Joe Musashi: uno Shinobi che non parla
Primo fra tutti c'è il protagonista, Joe Musashi: uno Shinobi, termine in realtà più corretto rispetto a Ninja in quanto denomina non solo un esperto nelle arti di combattimento del Ninjitsu ma anche tutte le forme di furtività e assassinio in cui questi agenti speciali erano specializzati. Ninja ce ne sono tanti, ma Joe è diverso... È vestito di bianco e non parla (al massimo grugnisce): per lui parlano le sue arti marziali; non ha paura di celare la sua presenza, perché quando lo vedi significa che stai per morire. Se questo vi sembra l'incipit di un personaggio da Anime degli anni '80 e perché, per la miseria, è proprio così: Musashi è l'incarnazione dell'eroe secondo la filosofia di quel periodo, solo in versione ninja – come Rambo, Kenshiro, Chuck Norris. E non gli puoi dire nulla, perché lui è Joe Musashi: pacchiano, grottesco, edgy... fighissimo! Che gli vuoi dire?
Poi c'è l'ambientazione: Giappone, ma un Giappone ibrido tra la tradizione del periodo Sengoku e l'era moderna e futuristica. Si passa dalla foresta di bambù e il villaggio con le case dalle pareti di carta alle metropoli di cemento illuminate a neon – in cui spiccano i loghi SEGA, Mega Drive e Dreamcast – alle pagode in stile cinese con tanto di lanterne, alle miniere e i templi di montagna, le basi sottomarine, il mercato del pesce... ci sono tutte le ambientazioni del gioco di riferimento, ovviamente rivedute e corrette, collegate tra loro da fili di trama fragili come ragnatele. In questo mondo confluiscono sia ninja e samurai, sia marines armati di pistola e cecchini con mirino laser [i militari americani non sono esattamente degli ”angeli della salvezza” nell'immaginifico nipponico], sia robot e cyborg esplosivi, sia creature mostruose del folklore giapponese come kappa, oni, yokai, arrivando a coinvolgere creature amorfe o aliene. C'è di tutto, perché negli anni '80 non si guardava tanto per il sottile e se qualcosa era “cool” e si poteva infilare in un gioco, diamine, perché no? Nel cast c'è persino il Tristo Mietitore, ma non vi diremo di più perché sarebbe spoiler...
E infine il gameplay: quella formula pluritestata del platform 2D con elementi action, quel Metroidvania quando ancora non lo chiamavamo Metroidvania, così semplice e immediato e frenetico ma anche banale e ripetitivo sulla carta e i nemici son sempre quelli e anche questo sa di già visto e allora perché cavolo continuiamo a morire in quella serie di salti, in quella stanza piena di nemici, in quello scontro Boss?!? Troppo difficile? Non per chi era abituato a ricominciare da capo quando compariva la schermata Game Over – qualcosa che non si vede più da almeno 20 anni. Riparti dal checkpoint e riprova, ragazzino, tu che puoi... che se Shinobi: Art of Vengeance ci è piaciuto così tanto è perché prende tutto lo stile dell'originale, ma non i suoi limiti.

Shinobi e gli altri figli degli anni '80 e '90
Shinobi: Art of Vengeance è semplicemente il più recente mattone sul muro del ripescaggio che varie software house, per lo più indie, stanno effettuando sui brand che hanno segnato gli anni '80 e '90 ma che si sono poi persi per strada. Ripescaggio che è svolto principalmente da chi ha vissuto quegli anni come ragazzino ed ora finalmente può riportare i propri miti su schermo: non è un caso se il team Lizardcube, autore di questo capitolo, si sia già fatto conoscere con Wonder Boy: The Dragon's Trap e soprattutto con Streets of Rage 4 – in cui l'eredità dell'originale Bare Knuckle si percepisce tutta nello scontro con Shiva e nel dialogo finale tra questo e Axl.
Ma Lizardcube non sono gli unici: pensiamo per esempio a TMNT: Shredder's Revenge di Tribute Games [un nome un programma] o al meno fortunato Shadow of the Beast di Heavy Spectrum; persino Ninja Gaiden è tornato al 2D in con Ragebound di The Game Kitchen e altri brand, come Prince of Persia, quasi si stupiscono del loro successo. L'eredità del genere si percepisce poi nell'abbondanza di Metroidvania usciti negli ultimi anni [chi ha detto: “Hollow Knight”?] ma il fenomeno non si ferma qui.

Probabilmente il “via” a questo fenomeno va ricercato nel primo film dei Transformers, a cui sono seguiti l'intero MCU e la trilogia sequel di Star Wars, o ancora il DUNE di Villeneuve quasi 37 anni dopo quello di Lynch. C'è stata – e ancora deve terminare – la serie di Stranger Things a riportare in auge quel periodo storico e culturale, Cobra Kai ha mostrato il futuro-presente di The Karate Kid, Kevin Smith ha riesumato i Masters of the Universe, in rete arriva un prequel di Alien e si parla già di un nuovo e più calzante film su Street Fighter. E per chi proprio vuole esagerare, l'immortale capolavoro trash Kung Fury che ha lo stesso atteggiamento di Shinobi nei confronti dell'ambientazione: una cosa e cool? Butta dentro! E nessuno si stupirà se nell'era dei vichinghi, tra valchirie armate di mitragliatore Vulcan, si possano incontrare i laser-raptor a caccia!
Questa è probabilmente la vera “rivincita dei nerd”: tutti coloro i quali negli anni '80 adoravano questi brand e che per questi erano sfottuti dai tipi “alla moda” hanno avuto la forza di riportarli in auge ed elevarli a successo globale. E se da un lato forse è un po' triste che i designer moderni non abbiano così spesso idee nuove, interessanti e ficcanti in grado di affermare nuovi brand, dall'altro non possiamo che applaudire chi riesce a riportarci in casa questi miti e queste opere.
Bravi, Lizardcube!
...adesso, però, vogliamo Golden Axe! [...pleeeeeeease?]
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Versione Testata: PS5

Shinobi: L’Arte della Vendetta
A volte ritornano, e sono più forti, prestanti, fantastici che mai. Shinobi: Art of Vengeance è solo un tassello nell'opera di restaurazione dei miti del passato che più di un team sta effettuando, ma sicuramente l'opera di Lizardcube merita di essere citata come autentica perla. Il periodo è florido per questi ritorni: basti guardare al cinema e alle serie TV. Quale sarà il prossimo?












