Prince of Persia The Lost Crown – Una Favola Senza Tempo – Recensione Xbox Series X

Il nuovo videogioco Ubisoft

Prince of Persia The Lost Crown  Una Favola Senza Tempo  Recensione Xbox Series X

Pubblicato negli anni '80 grazie alla mente creativa di Jordan Mechner, Prince of Persia è divenuto successivamente un franchise che ha letteralmente "attraversato le epoche", assumendo nuove forme e sfumature per adattarsi ai cambiamenti tecnologici e alle evoluzioni dei gusti dei giocatori.

Certamente ricorderete il gioco originale del 1989, il platform caratterizzato da rivoluzionarie animazioni ottenute tramite la tecnica del rotoscope, con il protagonista che si muoveva nell'intricato labirinto di trappole mortali per salvare la figlia del sultano imprigionata dal malvagio visir Jaffar. Tale narrazione ha catturato l'immaginazione dei giocatori dell'epoca, costruendo una base solida per la saga.

Tuttavia, è stato l'avvento degli anni 2000 a trasformare radicalmente il volto del Principe di Persia. Con “Le Sabbie del Tempoè stata infatti introdotta una meccanica rivoluzionaria legata al controllo del tempo, ridefinendo in parte gli standard nel genere action-adventure, in contrasto con l'esperienza vissuta negli anni '80.

Questo capitolo non solo ha catturato i cuori degli appassionati del Principe, ma ha anche contribuito a plasmare le aspettative della community per i giochi futuri, dando vita a una solida trilogia di buona fattura.

Giunti al presente, lasciandoci alle spalle lo "scivolone" legato all'annuncio del remake del gioco menzionato (che, per fortuna, al momento non esiste), Ubisoft sembra aver deciso di far cambiare rotta alla saga. Questa svolta, incarnata da The Lost Crown, mira a riportare la serie ai fasti di un tempo in termini di meccaniche di gioco, modellando al contempo la trama per instaurare un legame più robusto con la storia della Persia.

Prince of Persia The Lost Crown – Una Favola Senza Tempo – Recensione Xbox Series X
Prince of Persia: The Lost Crown, il combattimento. Crediti: Ubisoft.

Prince of Persia: The Lost Crown – Una Favola Atemporale

Abbandoniamo le principesse in pericolo, le Sabbie del Tempo e i doppioni malvagi e concentriamoci sul presente. Sargon, membro degli Immortali, è impegnato nella difesa della Persia da un attacco di invasori, affiancato dai suoi compagni di squadra. Si tratta di un gruppo piuttosto eterogeneo di personaggi, lontano dall'essere il corpo di fanteria storico descritto da Erodoto.

Dopo la vittoria sul campo di battaglia, gli Immortali sono costretti a fronteggiare un nuovo misfatto: il figlio della regina, Ghassan, viene rapito dalla mentore di Sargon e portato verso la città antica situata sul Monte Qaf. Questo luogo, un tempo dimora di Simurgh, un’antica divinità persiana, si presenta fin da subito malandato, praticamente abbandonato. Tuttavia, non appena il gruppo vi mette piede, si rende conto immediatamente che qualcosa non va.

Queste rovine mistiche sono infatti afflitte da una terribile maledizione, un'aura che ha imprigionato tutti coloro che vi erano all'interno, trasformandoli in esseri privi di vita o età. Si tratta di una sorta di non morte infinita, in cui Sargon e gli altri Immortali si trovano imprigionati, consapevoli che l'unica via di fuga è rappresentata dal salvataggio del principe.

Senza svelarvi altro per ovvie ragioni legate agli spoiler, quello che traspare è che il piano messo in atto da Ubisoft si è rivelato convincente sin dalle prime fasi, soprattutto per il tentativo di reinventare la storia anziché affidarsi a una trama già conosciuta o vissuta in altri giochi del passato. Sargon emerge con un'identità forte e fiera, senza nulla da invidiare al protagonista del titolo del 1989 o al principe della trilogia degli anni 2000.

Lo stesso si può affermare anche per i personaggi comprimari, figure sceniche che occupano in modo coerente la trama, regalando diversi momenti ricchi di pathos. L'unica vera nota di demerito, considerando l'evoluzione della storia da cima a fondo, riguarda la mancanza di una maggiore presenza di questi personaggi sul campo, a cui è stato dedicato poco minutaggio in scena, se non per qualche rara eccezione.

Indipendentemente dai gusti personali, la storia trova la sua giusta collocazione nell'ampio panorama dei giochi dedicati alla saga, e forse è positivo che ci sia stato questo cambio di rotta. Questa modifica sembra essere stata pensata con l'obiettivo di infondere all'esperienza un'atmosfera più mitologica che fiabesca, differenziandosi così da quanto visto in passato.

Prince of Persia: The Lost Crown – Combattimento al Cardiopalma

Se in passato si è cercato di variare la formula per adattarsi ai trend del momento, oggi The Lost Crown sembra invece puntare a unire entrambi i mondi, ricostruendo uno scenario legato indissolubilmente al genere dei metroidvania. 

Ciò significa che nel gioco troveremo tutti gli elementi caratteristici del genere: dai combattimenti al cardiopalma, passando per l'esplorazione degli scenari, il titolo di Ubisoft riesce a trasmettere la sensazione di esplorare un mondo vivo, perfettamente coerente con la trama esposta al fine di supportarlo.

Sargon ha a disposizione un discreto numero di mosse per attaccare i nemici, ma non lasciatevi ingannare dalle prime fasi del gioco. Il titolo cercherà più volte di mettervi alla prova, introducendo combo sempre più complesse e articolate.

Prince of Persia The Lost Crown – Una Favola Senza Tempo – Recensione Xbox Series X
Una scena di Prince of Persia: The Lost Crown. Crediti: Ubisoft.

Inizialmente, i combattimenti possono essere risolti con la semplice pressione di un tasto, ma procedendo sarà necessario prendere decisioni più tattiche, dovendo scegliere se colpire dall'alto o dal basso, oltre a schivare al momento giusto gli attacchi dei nemici per raggiungerli alle spalle e colpirli (magari superando uno scudo).

In questo senso, The Lost Crown svolge davvero un lavoro eccellente. Non sorprende che la presenza di alcuni mostri, così come la loro difficoltà di uccisione, si riveli direttamente proporzionale alle zone in cui vengono posizionati. Queste sono create ad hoc per rispondere ai poteri che il protagonista sblocca durante lo svolgimento normale della campagna, perciò vi converrà fare attenzione anche al loro moveset, poiché utilizzeranno varie tipologie di attacco tra parabili e non (identificati dall’aura gialla o rossa).

All'inizio, useremo soltanto le due spade ma tuttavia, procedendo nel gioco, sbloccheremo anche un arco e dei chakram, armi a distanza che vi aiuteranno a diversificare l'approccio negli scontri non solo con i nemici comuni, ma anche e soprattutto durante le boss-fight.

In combinazione con le armi, Sargon sbloccherà anche dei poteri alimentati dall’Athra, un’energia sacra che gli permetterà di mettere a segno colpi molto potenti, a patto che venga caricata una barra apposita che avrà tre livelli di potere. 

Oltre ai poteri dell’Athra, troviamo anche quelli legati a Simurgh, piuttosto elementari in termini di utilizzo. Si spazia da un semplice dash in aria a un doppio salto, e si arriva anche a condizioni più articolate, come la possibilità di intrappolare un nemico in un’altra dimensione o creare un’ombra verso cui potersi teletrasportare. La loro utilità è determinata dalla tattica con cui decidiamo di utilizzarli, il che è positivo poiché ci consente di approcciare gli scontri in modo diverso a seconda della situazione. Non va dimenticato che alcuni di questi poteri devono essere impiegati per scopi esplorativi, motivo che incentiverà sicuramente le fasi di backtracking successive al completamento del gioco.

Come avrete certamente notato, The Lost Crown non si discosta molto dal panorama di settore in termini di qualità del combattimento, ma riesce a personalizzare in modo distintivo ciò che siamo stati abituati a vedere tra i concorrenti. Il gioco fornisce un discreto background a ogni elemento, che si inserisce come tassello di un puzzle durante l'avventura, regalando quel giusto senso di soddisfazione una volta esplorate le zone da cima a fondo.

Conclusa l'avventura, che si attesta su una ventina di ore o anche più (ma dipende dalla difficoltà, ne parleremo fra poco), sarà persino piacevole cercare di completare il gioco portando a termine le missioni secondarie, andando a ricercare insomma tutta quella serie di indizi o situazioni che prima non c’era stato modo di affrontare.

Le boss-fight risultano adrenaliniche e ben costruite. Tra l'altro, spesso viene scelto un ritaglio quasi fumettistico per metterle in scena, il che è positivo anche a livello di intrattenimento. Non sorprende notare come gli sviluppatori siano riusciti a rendere ogni combattimento coinvolgente, finanche divisi su più fasi, perciò preparatevi ad armarvi di molta pazienza.

Prince of Persia: The Lost Crown – Un Giusto Compromesso 

Prince of Persia The Lost Crown – Una Favola Senza Tempo – Recensione Xbox Series X
Il parkour nel videogioco Prince of Persia: The Lost Crown. Crediti: Ubisoft.

Come avrete potuto comprendere, anche visionando il materiale promozionale dedicato, The Lost Crown, in quanto metroidvania a scorrimento bidimensionale, cerca di disegnare un labirinto piuttosto articolato di zone che potranno essere esplorate in dettaglio una volta sbloccati tutti i poteri.

Il Monte Qaf si sviluppa sia in orizzontale che in verticale, e quindi è facile trovare scenari estremamente diversi tra loro. Questi variano da città abbandonate e fetide fogne a boschi maledetti o vette ghiacciate inospitali. Tutto ciò è raccontato con una discreta coerenza, pronta a farcelo apprezzare attraverso la magia orientale che permea l'ambientazione.

Lo stesso principio si applica agli elementi interattivi dello scenario. Mentre nelle fogne si possono trovare zone velenose da evitare, negli archivi o nelle prigioni si presentano corridoi stretti in cui dover affrontare più mostri o addirittura trappole. Questo regala più di una volta un senso di appagamento una volta raggiunta la ricompensa, spesso identificata da forzieri, monete Serse oppure Oro di Damasco.

Apriamo e chiudiamo una parentesi in questo senso, avvisandovi che le valute in gioco sono semplici quanto efficaci, soprattutto quando cercheremo di utilizzarle all'interno dell'hub centrale del gioco. Il rifugio ospita diversi NPC pronti a potenziare l'equipaggiamento del nostro personaggio: nella forgia, potremo spendere cristalli del tempo (droppati dai mostri) insieme all'oro di Damasco per potenziare le armi, mentre le monete Serse saranno utilizzate per potenziare gli amuleti indossabili da Sargon.

Le monete Serse saranno utili anche presso la speziale per potenziare il numero di pozioni utilizzabili, e questo è benefico soprattutto nelle fasi avanzate del gioco in cui ne avrete certamente bisogno. Alla morte, il nostro personaggio verrà teletrasportato direttamente all'ultimo albero di Athra consultato.

Infine, possiamo tornare all'argomento della longevità, delineando nello specifico cosa intendiamo per esperienza e tempo di gioco. The Lost Crown offre uno strumento di personalizzazione della difficoltà piuttosto preciso e articolato, capace insomma di personalizzare l'esperienza a tal punto che risulta difficile quantificare un tempo medio di gioco.

Noi abbiamo affrontato il titolo a difficoltà Normale per la maggior parte della sua durata, ma facendo dei test e cambiando le impostazioni da un estremo all'altro, ci siamo accorti che anche diverse boss-fight cambiano completamente connotati, risultando una passeggiata dove è davvero impossibile perdere qualora scegliere di abbassare la difficoltà al minimo. Per questo, se accettate un consiglio, vi suggeriamo di affrontare il gioco almeno a difficoltà Normale, in modo da godervi buona parte dell'esperienza senza rinunciare a una buona dose di adrenalina.

Occhi da Orientale 

Sul fronte tecnico, bisogna ammettere che Ubisoft con The Lost Crown è riuscita a costruire un'ambientazione capace di incantare il giocatore sin dalla prima scena. Sia la grafica colorata in stile comics che la palettatura di colori e forme scelte per disegnare gli scenari contribuiscono a rendere questa nuova incarnazione di Prince of Persia un titolo che non ha davvero niente da invidiare alla concorrenza.

La nostra prova su Xbox Series X si è dimostrata perfettamente in linea con le aspettative, grazie alla buona responsività della console che ci ha permesso di goderci il titolo in tutta la sua fluidità, supportando anche uno schermo ultrawide. La buona resa al framerate ci ha regalato un'esperienza adrenalinica, mentre il comparto dell'illuminazione e gli effetti a schermo sono ben costruiti, concepiti proprio con lo scopo di riportare in vita uno spettacolo coerente con il genere proposto.

Dimenticate l’iperrealismo: in The Lost Crown, lo scopo è vedere il proprio alter ego piroettare tra trappole e nemici, sferrando i suoi colpi incanalati di energia Athra senza alcun pudore.

Una nota di merito va espressa anche per il comparto sonoro, che include un ottimo doppiaggio in lingua inglese accompagnato da una colonna sonora con tracce molto ispirate, ben concepite in funzione dello stile del prodotto. The Lost Crown è inoltre localizzato in lingua italiana per quanto riguarda i testi, un vantaggio per chi ancora non mastica l'inglese, soprattutto nella lettura della descrizione degli oggetti nascosti, forse la parte di testo più corposa in tutto il gioco.

 

Prince of Persia: The Lost Crown

Versione Testata: Xbox Series X

9

Voto

Redazione

Il protagonista di Prince of Persia The Lost Crown Crediti Ubisoft

Prince of Persia: The Lost Crown

Al netto di qualche difetto in corso d'opera, che speriamo riesca a trasparire dalla nostra recensione, questa nuova incarnazione di Prince of Persia non ha davvero niente da invidiare al proprio passato, risultando capace di creare un nuovo punto di partenza per la saga, qualora Ubisoft decida di portare avanti le avventure di Sargon. Il materiale c'è; d'altronde, la mitologia persiana ha molte storie da raccontare. Sta tutto ai risultati e alla volontà della società capire come procedere. Se vi piace il genere, ve lo consigliamo senza remore, tra l'altro è un gioco perfettamente adatto a un pubblico più giovane non solo per lo stile espositivo, ma anche e soprattutto per l'ottima personalizzazione della difficoltà.