Ninja Gaiden: Ragebound: Recensione di un ritorno al 2D
Ninja Gaiden: Ragebound da Blasphemous al villaggio Hayabusa

Ninja Gaiden: Ragebound sa destreggiarsi con eleganza tra passato e presente, come solo un vero ninja può fare, unendo l'eredità storica della saga Tecmo con la sensibilità artistica e il rigore ludico degli autori di Blasphemous. Il risultato è un action-platform 2D che, pur non privo di imperfezioni, riesce a dare il giusto valore a stile, ritmo e coerenza.

Il gameplay è il cuore pulsante di Ragebound, e si presenta come un hack’n’slash frenetico, preciso e visivamente spettacolare. Il protagonista, Kenji Mozu, è un giovane ninja incaricato di difendere il villaggio degli Hayabusa in assenza di Ryu, e la sua avventura si snoda attraverso sedici livelli principali e otto segreti, ognuno ricco di nemici, trappole e puzzle ambientali. Il sistema di controllo è reattivo e fluido, con una risposta agli input che rende ogni azione immediata e gratificante. Le meccaniche di gioco, come il Guillotine Boost che permette di rimbalzare su nemici e proiettili, o l’Ipercarica che potenzia gli attacchi critici, introducono una verticalità e una dinamicità che ricordano i fasti di Strider e Shinobi, ma con una modernità che evita la trappola della pura emulazione.
La difficoltà, tuttavia, è un punto controverso. Se da un lato il gioco cerca di omaggiare la severità dei capitoli 8-bit, dall’altro non riesce sempre a bilanciare la sfida in modo coerente. I giocatori esperti di platform e hack’n’slash potrebbero trovare l’esperienza troppo breve e poco impegnativa, completandola in poche ore senza ricorrere alle modalità assistite. Questo aspetto, sebbene mitigato da una buona varietà di obiettivi secondari e valutazioni di fine livello, lascia un retrogusto di occasione parzialmente mancata per chi cercava un’eredità più rigorosa del passato. Anche se c'è da dire che tutti i "pollici focosi" possono trovare la propria strada, più semplice non significa facilissimo.
La storia, come spesso accade in titoli di questo genere, è più un pretesto che un vero motore narrativo. L’alleanza forzata tra Kenji e Kumori del clan del Ragno Nero, storici rivali degli Hayabusa, serve da cornice per un’avventura che punta tutto sull’azione. Tuttavia, la scrittura non è trascurata: ci sono momenti di dialogo ben costruiti, e la mitologia demoniaca che fa da sfondo all’invasione del villaggio riesce a evocare un senso di urgenza e mistero che accompagna il giocatore fino ai titoli di coda. Non è una narrazione profonda o rivoluzionaria, ma è funzionale e coerente con il tono epico e drammatico dell’opera.
Dal punto di vista grafico, Ragebound si dimostra avere una pixel art di qualità, essenziale, ma efficace. I livelli sono animati con una cura maniacale, pieni di dettagli, effetti particellari, e palette cromatiche che variano dal crepuscolare al cyberpunk, passando per scenari naturali e infernali. Le animazioni sono fluide, teatrali, e ogni combattimento sembra una coreografia studiata al millimetro, come è lecito aspettarsi dai prodotti DOTEMU. La colonna sonora, potente e ritmata, accompagna l’azione con brani che alternano synth aggressivi a melodie orientali, rafforzando l’identità ibrida del gioco.

Pixel blasfemi
Il confronto con Blasphemous è inevitabile, non solo per la condivisione del team di sviluppo, ma anche per l’approccio estetico e ludico. Se Blasphemous era un metroidvania cupo, intriso di simbolismo religioso e dolore, Ragebound è più diretto, più arcade, ma non per questo meno curato. La differenza principale sta nel tono: dove Blasphemous era una discesa negli abissi dell’anima, Ragebound è un’esplosione di adrenalina e colori, un omaggio all’azione pura, ma con la stessa attenzione maniacale per il dettaglio e la coerenza interna. È come se The Game Kitchen avesse voluto dimostrare di saper dominare anche il linguaggio del platform d’azione classico, senza rinunciare alla propria identità.
Infine, la durata complessiva del gioco si attesta su livelli contenuti, ma non trascurabili. La campagna principale può essere completata in circa 5-6 ore, ma i livelli segreti, le sfide opzionali e la possibilità di migliorare il proprio punteggio offrono una discreta rigiocabilità. Non è un titolo pensato per durare decine di ore, ma piuttosto per essere vissuto intensamente, come un vecchio arcade che si vuole padroneggiare fino alla perfezione considerando che quasi certamente alla prima run di errore ne commetterete parecchi.
Versione Testata: PS5
Voto
Redazione

NINJA GAIDEN: Ragebound
Ninja Gaiden: Ragebound è un riuscito esperimento di fusione tra passato e presente, tra l’eredità Tecmo e la visione autoriale di The Game Kitchen. Non è perfetto, e forse non è il capolavoro che alcuni si aspettavano, ma è un titolo solido, divertente, artisticamente ispirato e tecnicamente ben realizzato. Un ritorno alle origini che non si limita a guardare indietro, ma che riesce a dire qualcosa di nuovo con il linguaggio del classico.

