Smoke - tracce di fumo poteva essere una fiammata, invece cuoce a fuoco troppo lento

Dennis Lehane e Taron Egerton continuano il discorso idealmente iniziato con la miniserie Black Bird, ma Smoke è meno equilibrato e riuscito. La recensione della serie Apple TV+.

Smoke - tracce di fumo poteva essere una fiammata, invece cuoce a fuoco troppo lento

In teoria Smoke - Tracce di fumo e Black Bird condividono solo il genere d’appartenenza e i due nomi principali dietro al progetto (lo showrunner Dennis Lehane e l’attore Taron Egerton), oltre che la piattaforma che li ospita (Apple TV+). In realtà il primo sembra quasi la diretta conseguenza del secondo, anche solo per il successo ottenuto dalla miniserie basata su una storia vera in cui Egerton fa da infiltrato in un carcere per detenuti con problemi psichiatrici per tentare d’incastrare un serial killer già a processo.

Ciò che ha reso Black Bird memorabile e apprezzabile a livello critico non è tanto la storia in sé - il classico ritratto di una mente deviante che diventa via via più disturbante esplorare - quanto come questa lenta discesa nel sadismo di un killer porti il protagonista “normale” a riflettere su quanto la sua mascolinità e il suo rapporto con le donne non siano del tutto innocenti e positivi. Taron Egerton in quella serie incarnava una presa di consapevolezza di un uomo che, con crescente orrore, notava in sé dei modi di pensare e posizioni in comune con un pluriomicida ossessionato che le donne le uccideva e faceva a pezzi.

Smoke - tracce di fumo poteva essere una fiammata, invece cuoce a fuoco troppo lento

Smoke vorrebbe raccogliere il testimone della miniserie Black Bird

Smoke questo genere di decostruzione di un “uomo normale” tenta di replicarla, rendendola ancora più esplicita e indigesta. Ispirato al podcast true-crime Firebug, la serie in nove episodi di Apple TV+ ha per protagonista un ex pompiere divenuto investigatore di polizia per la sezione che investiga sugli incendi dolosi. Da tempo Dave è sulle tracce di due distinti piromani che tormentano la contea in cui lavora, appiccando fuochi in supermercati e abitazioni private. Dave Gudsen è un ragazzone spigliato e un poliziotto mediamente capace, almeno fino a quando cominciamo a intravedere chi sia davvero - l’infanzia complessa, le tensioni represse, il modo in cui mente sistematicamente a sé stesso - insieme alla sua nuova collega Michelle Calderone (Jurnee Smollett), trasferita da un’unità molto più prestigiosa a quella non propriamente di punta degli incendi dolosi.

Il consiglio preliminare che va dato a chi volesse provare la serie è vedere le prime due puntate in blocco, perché il vero punto della serie non sta nella prima, che getta le basi di una classica serie crime in cui due nuovi partner investigativi si mettono sulle tracce di un criminale che sembra imprendibile, quando nella seconda, che scompone, anzi, smantella queste premesse. Distrutte le fondamenta convenzionali della storia, Smoke ci invia a guardare dentro e oltre certi stereotipi del poliziesco, a partire dalla voce fuori campo che sentiamo nei primi minuti dell’episodio pilota. Dave è intrappolato in un edificio che sta andando a fuoco e corre verso un compagno che intravede nella stanza, salvo poi accorgersi che è un riflesso su uno specchio. Pensa di stare per morire, e la sua voce fuori campo rivela “Al fuoco non frega un cazzo del tuo portafoglio, né delle dimensioni della tua pistola, né di quanto vorresti che il tuo cazzo fosse grande quanto la tua pistola”.

Smoke - tracce di fumo poteva essere una fiammata, invece cuoce a fuoco troppo lento

Sembra un po’ un avvio crudo e fatalista alla True Detective, non ci si fa nemmeno troppo caso, fino a quando non veniamo messi a parte degli sforzi letterari del protagonista, che vuole scrivere un romanzo basato sulla sua professione, ma gli estratti di cui ci rende partecipi sono via via più grotteschi nella loro superficialità, in come rendono palese in maniera piuttosto imbarazzante come il suo protagonista nel libro sia una versione glorificata di sé stesso e come la nuova collega diventi la bomba sexy subito eccitata al primo contatto casuale con lui. Similmente il resto della serie scompone pian piano il protagonista rivelandocene i lati più sinistri, il suo egocentrismo che lo rende ridicolo, imbarazzante, talvolta incompetente ma potenzialmente anche molto pericoloso.

Taron Egerton si è specializzato nel personaggio del “maschio inquietante”

Allo stesso modo il personaggio di Jurnee Smollett, che dovrebbe qui incarnare una sorta di raziocinio poliziesco, è a sua volta alimentato da una serie di traumi infantili e da pulsioni distruttive che non la posizionano così lontano dall’ambiguo protagonista di Smoke. La serie gioca moltissimo sulla difficoltà per lo spettatore di leggere fino in fondo le situazioni, che spesso sembrano essere sull’orlo della violenza senza ritorno, o dell’imbarazzo senza scampo, salvo poi prendere una direzione differente e spiazzarlo. Di fatto i tre protagonisti (i due investigatori e uno dei piromani a cui danno la caccia) vengono messi tutti sullo stesso spettro comportamentale da Dennis Lehane, ma a differenti gradi di gravità: dal comportamento più patologico a quello che origina dall’incapacità di gestire la pressione, la delusione, le svolte negative della vita di tutti i giorni senza reagire in maniere potenzialmente illegali e pericolose.

Smoke - tracce di fumo poteva essere una fiammata, invece cuoce a fuoco troppo lento

Rispetto a Black Bird però Smoke ha due difetti che la rendono meno riuscita. Il primo è che si tratta di una serie che sfiora la decina d’ore di durata, laddove forse il materiale a disposizione avrebbe suggerito una riduzione a una miniserie da 5 o 6 episodi, proprio come avvenuto nel primo titolo. Dopo la prima metà della serie, quando capiamo esattamente le dinamiche che vanno consolidandosi tra i personaggi, la storia tende a trascinarsi e a dilatare troppo il ritmo, perdendo l’attenzione dello spettatore. Il secondo limite è che, sempre rispetto a Black Bird, l’interpretazione di Taron Egerton, pur deliziosamente sinistra, è qua e là molto marcata e insistita, specie nei suoi sorrisi inquietanti. Si calca volutamente sul suo comportamento che mette i brividi, ma in maniera un po’ troppo studiata e consapevole per non avere un che di artificioso.

Smoke - Tracce di fuoco

Nazione: Stati Uniti

7

Voto

Redazione

TISCALI_testata-3.png

Smoke - Tracce di fuoco

Con il suo approccio cinico e pessimista, Smoke - tracce di fumo regala allo spettatore una serie crime volta a smitizzare la figura del brillante detective alfa alle prese con criminali che mettono alla prova il suo acume e sobillano il tormento esistenziale. Dipinge anzi le forze di polizia come un coacervo di personaggi frustrati, traumatizzati, che hanno bisogno delle situazione estreme in cui la divisa li mette tutti giorni per scendere a patti con una quotidianità da cui non traggono alcun tipo di gioia o soddisfazione, senza dimenticare come le relazioni personali e familiari rispecchino quest’incapacità di vivere davvero nel quotidiano. Il gioco del gatto col topo al centro della serie, la caccia ai due piromani, viene un po’ guastata dalla lunghezza eccessiva della stessa, a cui avrebbe giovato un formato da cinque o sei episodi rispetto a quello da nove. Taron Egerton sembra essersi specializzato in questi ruoli di uomini che pian piano realizzano il loro essere dei pessimi soggetti, ma stavolta, qua e là, la sua interpretazione pur buona è un po’ troppo calcata. Il consiglio è di vederla sì, ma solo se non avete già guardato Black Bird che - con lo stesso protagonista e stesso showrunner - rimane superiore a Smoke.

Iscriviti alla Newsletter

Resta aggiornato sul mondo Gamesurf: anteprime, recensioni, prove e tanto altro.

ISCRIVITI