Amadeus: a caccia del genio in una serie incerta
Cinque episodi che ci raccontano a modo loro la storia del leggendario compositore e la sua storica rivalità con Antonio Salieri. Su Sky e NOW.

Apriamo insolitamente questa recensione con una domanda, ovvero: era davvero necessario? Fin dai primi minuti di questo Amadeus targato Sky l'impressione è quella che non vi fosse alcun bisogno di approcciarsi al capolavoro di Miloš Forman del 1984 (e alla pièce originale di Peter Shaffer), senza poi avere il coraggio di offrire realmente qualcosa di inedito e in grado di ridefinire i biopic a sfondo musicale su piccolo schermo.
L'omonima miniserie scritta da Joe Barton tenta la carta della modernizzazione a tutti i costi e dell'espansione narrativa, ma il risultato finale è un ibrido certamente lussuoso dal punto di vista estetico e tonitruante da quello sonoro, ma che finisce per stonare assai spesso e che raramente trova la giusta armonia tra storia e relativa messa in scena.

Amadeus: la musica del diavolo?
La premessa è nota, con la vicenda ambientata nella Vienna di fine Settecento. Antonio Salieri (Paul Bettany), compositore di corte devoto e metodico, vede la sua esistenza ordinata e il suo patto col divino andare in frantumi all'arrivo di Wolfgang Amadeus Mozart (Will Sharpe). Il giovane non è colui che Salieri si aspettava, ma un "flauto osceno" attraverso cui Dio ha scelto di cantare: volgare, infantile, sessualmente disinibito e diabolicamente geniale. La serie ripercorre questa rivalità mortale, dilatandola in cinque episodi che promettono di scavare più a fondo nelle psicologie dei protagonisti.

Promettono appunto, ma non mantengono. Il problema principale risiede nella dilatazione di eventi e umori. Ciò che nel film era un crescendo operistico dal taglio teso e inesorabile, qui diventa un flusso narrativo che soffre di vistosi cali di ritmo, specialmente nella parte centrale (episodi 3 e 4), inserendo inoltre alcune inaspettate derive soapoperistiche fuori luogo. L'urgenza del conflitto si disperde in sottotrame non sempre essenziali, trasformando l'ossessione febbrile di Salieri in una serie insensata di sabotaggi e invidie, togliendo mordente al duello metafisico che dovrebbe essere il cuore dell'opera.
Volti e abiti
Will Sharpe, attore di indubbio carisma già vincitore di un BAFTA, si assume l'ingrato compito di ridefinire Mozart dopo l'iconica performance di Tom Hulce. Il suo approccio è fisico, nevrotico, sudato. Il suo Mozart è una specie di rockstar maledetta, ma non troviamo Ken Russell dietro la macchina da presa e il risultato è fin troppo trattenuto, con quella voglia di eccedere dal punto di vista sessuale - tradimenti all'ordine del giorno - che non trova adeguata corrispondenza nell'anima prettamente musicale. Va meglio a Paul Bettany, che nelle vesti della nemesi Salieri ha paradossalmente molto più materiale su cui lavorare, dando vita ad un antagonista complesso che a tratti ruba la scena al tormentato protagonista.

Un elemento su cui Amadeus insiste poi molto è la centralità del ruolo di Costanze, interpretata da Gabrielle Creevy. L'inserimento della sua storyline personale, non offre però molto di effettivamente interessante, ricorrendo a soluzioni gratuite sull'inclusività e sull'ottica girl-power che stonano con la verosimiglianza storica dell'epoca.
Tecnicamente ci troviamo davanti ad un'operazione realizzata con un certo stile, dalle coreografie ai costumi - stendiamo invece un velo pietoso sul make-up utilizzato per invecchiare i personaggi - ma vittima di una freddezza che impedisce anche ai passaggi più sontuosi, con le rappresentazioni delle opere, di esaltarsi ed esaltare con il necessario sguardo d'insieme. L'uso dei capolavori di Mozart appare didascalico, quasi come fossero un sottofondo di lusso per accompagnare le intemperanze emotive e vendicative delle figure principali e non il motore che muove il tutto. Manca quel senso di spettacolo travolgente, che dovrebbe trascinare il pubblico e far vibrare le corde dell'animo.
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Rating: TBA
Nazione: Regno Unito
Voto
Redazione

Amadeus
Una serie irregolare nell'esecuzione, troppo moderna nell'aspetto nonostante i costumi accurati, incapace di rendere giustizia a quella musica immortale che dovrebbe essere il cuore pulsante della storia, vittima di sbalzi tonali che possono disorientare. I cinque episodi di Amadeus vivono su un continuo susseguirsi di alti e bassi, tra improvvise fiammate e stanche cadute, con l'anima trasgressiva inutilmente enfatizzata nelle scappatelle del protagonista e nella superflua storyline della moglie. Will Sharpe fa quel che può con un Mozart vittima degli eccessi di sceneggiatura e Paul Bettany tratteggia un Salieri di gran fascino, in un adattamento che ripercorrendo anche troppo liberamente l'opera teatrale di Peter Shaffer potrebbe deludere gli appassionati di musica classica o di storia settecentesca, rivolgendosi più alle nuove generazioni ma con un taglio meno esplosivo del previsto.












