Inside Man: Most Wanted su Netflix il sequel che non ci meritavamo (ma ci è toccato lo stesso)

Interpretazioni convincenti, trama zoppicante

Inside Man Most Wanted su Netflix il sequel che non ci meritavamo (ma ci è toccato lo stesso)

Su Netflix il sequel (ideale, senza il cast originale) del riuscito action thriller del 2006, diretto da Spike Lee e interpretato da Denzel Washington, Clive Owen e Jodie Foster.

Diretto da M.J. Bassett, Most Wanted è un cosiddetto sequel stand-alone, cioè che si ricollega in qualche modo a personaggi o trama di un film precedente ma senza - di fatto - avere interpreti in comune o cast artistico e tecnico.

La trama di Inside Man: Most Wanted

Inside Man: Most Wanted su Netflix il sequel che non ci meritavamo (ma ci è toccato lo stesso)

La storia si apre con una rapina spettacolare alla Federal Reserve Bank di New York, una delle istituzioni finanziarie più sorvegliate al mondo. Un gruppo di criminali armati, ben organizzati e mascherati, guidati da una donna che si fa chiamare Most Wanted (Roxanne McKee, Il trono di spade), prende in ostaggio decine di impiegati e visitatori.

Per gestire la crisi viene incaricata l’agente dell’FBI Brynn Stewart (Rhea Seehorn, Better Call Saul), un’esperta di negoziazioni ostaggi, che si trova costretta a collaborare con il detective negoziatore della polizia di New York Remy Darbonne (Aml Ameen, Un uomo vero), che si affida all’istinto e usa metodi non convenzionali decisamente in contrasto con l’approccio più strategico di Brynn.

Mentre le ore passano, diventa evidente che i rapinatori non sono mossi solo da motivi economici: dietro la rapina si nasconde un piano più complesso, legato a documenti riservati e a un passato oscuro che coinvolge ex nazisti, arte rubata e una vendetta personale…

Schieramenti e credibilità

Inside Man: Most Wanted su Netflix il sequel che non ci meritavamo (ma ci è toccato lo stesso)

Ci sono due elementi peculiari in questo sequel sui generis. Il primo è la bravura di Rhea Seehorn, che come di consueto supera molti altri colleghi sullo schermo, oscurandoli con la sua credibilità a prescindere dal personaggio che interpreta. L’altra è il voler mettere i personaggi a sfidare la consueta distinzione tra buoni e cattivi.

Purtroppo, non basta a fare di questo film un prodotto valido. Anche perché la credibilità si riduce proprio all’interpretazione di una dei protagonisti, mentre tutto il resto è decisamente poco verosimile. Per non dire peggio.

Scegliendo di vedere Inside Man: Most Wanted, tutto ti aspetti fuorché di trovarti catapultato all’inizio nell’Europa del 1945, nel pieno di uno scontro a fuoco durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma presto tutto torna. Tranne certi elementi. Per esempio, quando vedi la certosina organizzazione dei rapinatori, la domanda che ti ossessiona è: se devo passare nel bussolotto per entrare nella banca minuscola del mio paese, come è possibile che entrino armati alla Federal Reserve di New York?

Dopodiché si passa a un’assurda situazione ostaggi in ospedale, con Remi che ci intrattiene con il suo atteggiamento ironico e borderline. Poi finalmente arriva lei, Rhea Seehorn, nei panni di Brynn, che approfondisce il misterioso caso del furto dei diamanti nazisti gettando ponti narrativi fra eventi del passato e presenti. Ma gli eventi di cui è protagonista sono davvero assurdi.

Un sequel che non è degno di essere definito tale

Inside Man: Most Wanted su Netflix il sequel che non ci meritavamo (ma ci è toccato lo stesso)

Il film tenta, tenta solo, di costruire un legame profondo con il primo Inside Man, anche attraverso citazioni esplicite: lo stratagemma dei rapinatori di far vestire tutti gli ostaggi come loro, per esempio, è una ripresa diretta del film di Spike Lee, ma sa tanto di déjà vu. E non è un caso che questa stessa trovata sia stata poi saccheggiata in TV da La casa di carta.

E poi ci sono due donne al comando. Una contro l’altra. Sembra una forzatura, ma è proprio quando si trovano faccia a faccia che il film, finalmente, sembra decollare. Per un attimo. Perché poi si torna nel regno dell’inverosimile, fra trovate improbabili, dialoghi tirati per i capelli e colpi di scena che sanno più di programma pomeridiano che di thriller cinematografico. Tuttavia, rimane interessante il legame che si crea fra “Most Wanted” e Brynn, un legame che cerca – senza riuscirci del tutto – di innestare uno strato emotivo in una trama che resta altrimenti molto meccanica.

Fra richiami più o meno riusciti al primo film, alla storia dei (veri) Monuments Men (raccontata anche nel film con George Clooney), e una struttura narrativa che cerca di complicarsi senza avere davvero qualcosa di nuovo da dire, Inside Man: Most Wanted rimane un sequel senza identità. È come una cover che imita senza comprendere il brano originale: c’è il ritmo, qualche nota familiare, ma manca l’anima. E il confronto con l’originale, purtroppo, è impietoso.

5

Voto

Redazione

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Inside Man: Most Wanted su Netflix il sequel che non ci meritavamo (ma ci è toccato lo stesso)

Inside Man: Most Wanted su Netflix è il film del 2019 che si identifica di fatto come un sequel stand-alone (cioè senza legami diretti con il film originale) del grande Inside Man del 2006 (regia di Spike Lee, con Denzel Washington, Jodie Foster e Clive Owen nel cast). Most Wanted tenta di ricollegarsi a un grande predecessore senza averne la forza, lo stile o l’intelligenza narrativa. Il cast, decisamente l’elemento migliore, prova a tenere in piedi un copione zoppicante, e qualche spunto interessante emerge, ma viene presto soffocato da scelte di scrittura discutibili e una regia anonima. Un film che non lascia il segno, se non quello del rimpianto per ciò che poteva essere – o che forse non doveva nemmeno essere tentato.

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