Alien: Pianeta Terra, recensione: il ritorno dell’incubo, questa volta a casa nostra
Un debutto potente che getta le basi per una nuova stagione di paura e riflessione. Non sarà perfetto, ma è il capitolo che i fan di Alien aspettavano da anni.

Dopo anni di silenzi e di tentativi più o meno riusciti di riportare in vita uno dei franchise più iconici della fantascienza horror, Alien: Pianeta Terra segna un punto di svolta sorprendente e coraggioso. A dirigere questa nuova incarnazione c’è Noah Hawley, già apprezzato per aver reinventato Fargo e per l’inquietante visionarietà di Legion, che prende in mano l’eredità di Ridley Scott e compie un passo decisivo: porta lo Xenomorfo sulla Terra, un territorio narrativo finora solo evocato e mai realmente esplorato.
Il risultato è una serie visivamente magnetica, concettualmente ambiziosa e densa di tematiche attuali, capace di fondere il terrore cosmico dell’originale con inquietudini molto più terrene. Un prodotto che non si limita a replicare la formula, ma la reinterpreta, trovando un nuovo respiro in un contesto inedito.
- L'orrore dell’ignoto a casa nostra: la trama
- L’impronta di Hawley
- Tra continuità e rinnovamento
- Qualche crepa sotto l’armatura: i difetti
- Un nuovo inizio
- Il verdetto

L'orrore dell’ignoto a casa nostra: la trama di Alien: Pianeta Terra
Ambientata nel 2120, due anni prima degli eventi del film originale del 1979, Alien: Pianeta Terra sfrutta con intelligenza il cambio di scenario. Non siamo più tra le profondità oscure dello spazio, ma sul nostro stesso pianeta, ormai dominato da cinque megacorporazioni, tra cui spiccano la spietata Prodigy e l’intramontabile Weyland-Yutani. Il disastro della nave spaziale Maginot, precipitata nel cuore di Prodigy City, funge da detonatore narrativo per una storia che intreccia horror, fantascienza e riflessioni etiche, introducendo nuove forme di vita extraterrestre, la costante minaccia xenomorfa e, soprattutto, una nuova generazione di “ibridi”.
Al centro di questo conflitto spicca Wendy (interpretata da Sydney Chandler), primo esemplare di un essere umano trasferito in un corpo sintetico. È lei a incarnare il cuore tematico della serie: cosa significa davvero “identità” se la mente sopravvive, ma il corpo non è più il nostro? Con una scrittura sorprendentemente raffinata, la serie esplora con profondità la tensione tra umano e post-umano, tra ricordo e realtà, tra paura e adattamento, creando un dramma esistenziale che si fonde con il terrore puro.

L’impronta di Hawley in Alien: Pianeta Terra
Lo stile registico e narrativo di Noah Hawley è riconoscibile fin dai primi fotogrammi: montaggio ritmico, fotografia cupa ed evocativa, dialoghi misurati e simbolismo a più livelli. L’atmosfera che ne risulta è densa di mistero e inquietudine, costruita più sulla tensione che sulla paura esplicita. I momenti genuinamente spaventosi non sono numerosi: alcuni jumpscare risultano fin troppo prevedibili, ma la suspense cresce in modo graduale e costante, grazie a un uso intelligente del non mostrato e del fuori campo, elementi che da sempre caratterizzano il miglior horror psicologico.
Hawley non si limita a riproporre lo schema narrativo dei film originali, ma sceglie consapevolmente di espandere l’universo di Alien, portandolo su territori inediti e disturbanti. La presenza degli ibridi, bambini terminali la cui coscienza viene trasferita in corpi sintetici adulti, è uno degli elementi più audaci della serie: un’idea affascinante e inquietante al tempo stesso, che arricchisce l’impianto filosofico del racconto. In essi convivono suggestioni che vanno da Frankenstein a Ghost in the Shell, passando per il mito di Peter Pan. È in questi elementi che la serie trova una propria identità, capace di parlare del futuro senza rinunciare alla riflessione sul presente.

Tra continuità e rinnovamento
Uno dei maggiori pregi di Alien: Pianeta Terra è la sua capacità di dialogare con il passato senza esserne schiava. I richiami alla saga cinematografica ci sono, ben dosati e mai invadenti: piccoli tributi che faranno la gioia dei fan storici. La serie ha il coraggio di spingersi oltre, aprendo nuovi orizzonti narrativi. Vengono introdotte nuove forme aliene, assetti politici inediti e soprattutto nuove domande esistenziali e morali, che arricchiscono ulteriormente la mitologia del franchise. L’universo di Alien, spesso confinato in spazi chiusi e claustrofobici, qui si fa sorprendentemente stratificato, complesso, vivo.
Anche sul piano produttivo, il progetto è all’altezza delle aspettative… e forse le supera. FX e Hulu hanno chiaramente investito con decisione, puntando su una resa visiva di alto livello, ambientazioni dettagliate e una cura per l’effettistica che non ha nulla da invidiare al cinema. Alcune sequenze, come l’esplorazione della nave Maginot, colpiscono per impatto visivo e costruzione della tensione e non sfigurerebbero affatto sul grande schermo.

A completare il quadro è la colonna sonora firmata da Jeff Russo, che accompagna la narrazione con atmosfere ora ipnotiche, ora solenni, concedendosi perfino incursioni metal per sottolineare la fusione tra l’anima classica del franchise e la spinta verso un futuro più contaminato e spigoloso.
Qualche crepa sotto l’armatura: i difetti di Alien: Pianeta Terra
Per quanto ambiziosa e visivamente potente, Alien: Pianeta Terra non è priva di imperfezioni. L’intreccio, ricco di sottotesti e implicazioni filosofiche, può risultare troppo cerebrale per chi si aspetta una narrazione più lineare e carica di azione. La profondità concettuale, per quanto lodevole, a tratti appesantisce il ritmo, soprattutto nei primi episodi.
Anche sul versante dei personaggi, non tutto funziona alla perfezione. Alcune figure secondarie faticano a emergere con decisione e persino la protagonista Wendy, pur ben costruita sul piano tematico, non riesce sempre a imporsi emotivamente nelle scene più intense.
Sebbene la tensione sia una costante ben orchestrata, il terrore viscerale, tratto distintivo della saga, appare più evocato che realmente vissuto. La serie sceglie la strada della riflessione e dell’atmosfera, rinunciando in parte a quel senso di minaccia incombente e brutale che ha reso iconico il primo Alien.
Un nuovo inizio per Alien

Alien: Pianeta Terra è un raro esempio di come si possa espandere un universo narrativo iconico senza snaturarlo. Noah Hawley firma un prequel che è anche una riflessione profonda e attuale sul corpo, sulla coscienza, sull’identità e sul potere totalizzante delle multinazionali. Il tutto senza mai perdere di vista l’essenza che ha reso Alien un cult intramontabile: l’angoscia del primo contatto con l’ignoto, il senso di minaccia strisciante, la vulnerabilità del corpo umano di fronte a un’entità incomprensibile.
Ma stavolta, a rendere tutto ancora più inquietante, è il fatto che quell’ignoto non provenga da una galassia lontana: è sulla Terra, tra di noi e, forse, dentro di noi.
Alien: Pianeta Terra sarà disponibile dal 13 agosto 2025 su Disney+, la piattaforma di video on demand.
Com’è Alien: Pianeta Terra, il verdetto
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Pro |
Contro |
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Ambientazione inedita, ma coerente con la saga |
Ritmo non sempre equilibrato |
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Approccio filosofico e visivo raffinato |
Alcuni personaggi restano in ombra |
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Wendy e gli ibridi: nuovi simboli del post-umano |
Mancanza di momenti veramente spaventosi |
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Regia e fotografia di alto livello |
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Colonna sonora sorprendente |
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Rating: TBA
Nazione: Stati Uniti
Voto
Redazione

Alien: Pianeta Terra
Alien: Pianeta Terra rappresenta un ritorno potente e consapevole per uno dei franchise più amati della fantascienza horror. Spostando l’azione sulla Terra, la serie amplia l’universo narrativo con temi attuali e rilevanti, come l’identità digitale, l’etica del post-umano e il controllo esercitato dalle corporazioni. Noah Hawley firma un prequel ambizioso, visivamente raffinato e narrativamente stratificato, capace di rispettare il DNA della saga pur analizzando territori inesplorati.
Nonostante qualche imperfezione nella resa dell’elemento horror puro, la serie colpisce per coerenza, profondità e visione, offrendo un capitolo che arricchisce il mito di Alien e ne rilancia il potenziale per il futuro.


