The Necromancer’s Tale è un giallo gotico da vivere fino all’ultima scelta - La Recensione

Intrighi familiari, magia proibita e una narrazione densa di conseguenze: il racconto interattivo di The Necromancer’s Tale è un viaggio tra riti antichi e dilemmi morali, dove fallire è parte del cammino

The Necromancer's Tale e un giallo gotico da vivere fino all'ultima scelta - La Recensione

In un mercato videoludico che abusa del termine “narrativo” come se bastasse un dialogo multiplo per meritarsi una profondità, The Necromancer’s Tale si gioca tutto in identità per distinguersi dalla massa. Non si tratta infatti di un RPG nel senso classico del termine: non premia l’ottimizzazione di build o la ricerca del personaggio più forte, non offre potere come ricompensa diretta dell'impegno profuso per sconfiggere i nemici sul percorso e non trasforma il giocatore in un eroe da celebrare, ma piuttosto in una presenza viva e vulnerabile, armato di una coscienza che prende forma attraverso il linguaggio, le scelte, e le reazioni di un mondo che osserva, giudica e condanna.

È un gioco che costringe a pensare prima di agire, non per timore della sconfitta, ma per paura delle conseguenze morali delle proprie decisioni. L’ambientazione si colloca in un’Europa alternativa del Settecento, una realtà che richiama per stile e struttura sociale la Repubblica di Venezia, esasperandone però le tensioni interne. Immaginate una città-stato colta, perfino decadente, dominata da famiglie nobili, dove scienza e alchimia convivono con superstizione, eresia e potere occulto. Questa “Serenissima trasfigurata” è il cuore pulsante di The Necromancer’s Tale, un mondo che non si limita a fornire un semplice sfondo alla storia, ma che interagisce attivamente con il giocatore, osservando i suoi comportamenti, reagendo alle sue scelte e, nei casi peggiori, condannandolo apertamente per qualcosa che ha fatto.

Il protagonista è il figlio, o la figlia, di un generale che, anni prima, ha utilizzato le arti proibite della necromanzia per ribaltare le sorti di una guerra. Quando fa ritorno a casa per il funerale improvviso del padre, inizia a sospettare che dietro quella morte si nascondano verità inconfessabili. Le condizioni del corpo, la fretta con cui è stato cremato, le bottiglie lasciate in scena come prova artificiale: tutti indizi che aprono la porta a un racconto di morte, debiti familiari e conoscenze alquanto "oscure".

Eppure The Necromancer’s Tale non può essere descritto solo dalla sua ambientazione. Presenta al contrario una riflessione interattiva sul concetto di trasformazione. Ogni decisione presa, ogni rituale eseguito, ogni persona manipolata lascia un segno tangibile sul personaggio che interpretiamo. Il mondo non è una mappa da esplorare, ma un organismo che reagisce. Si ricorda di quello che fate. Vi isola se scopre la verità. Addirittura vii punisce, se necessario.

Non è un’esperienza per tutti. Non cerca il consenso, non premia la fretta, non offre scorciatoie. Ma proprio per questo, rappresenta uno degli esempi più coerenti e radicali di narrazione interattiva degli ultimi anni. Le oltre 400.000 parole che compongono l’opera non raccontano una storia: ne costruiscono una attorno a te. Ed è nell’ambiguità, nella lentezza, e nella responsabilità delle scelte che si rivela la sua forza più grande.

Il gioco dei necromanti: un'intrigo famigliare in piena salsa gotica

Se vi siete mai persi tra i dialoghi stratificati di Disco Elysium o avete amato i racconti lenti, morbosi e spietati di Planescape: Torment, allora vi sentirete a casa anche tra le pagine – sì, pagine, perché di questo si tratta – di The Necromancer’s Tale. È un gioco che vi costringe a leggere, riflettere e, soprattutto, decidere. Non nei soliti termini “salva o uccidi”, ma in quelli molto più sottili del come, perché, o a quale prezzo. Il vostro personaggio non sarà un eroe da potenziare con build da gioco di ruolo puro: sarà un individuo intrappolato in una rete familiare e politica ambigua, spesso costretto a scegliere tra versioni imperfette della verità.

La storia prende vita nella città di Marnes, che a molti ricorderà una Venezia decadente e immaginifica, trasfigurata come accade nei romanzi di Susanna Clarke o nelle visioni gotiche di Guillermo del Toro (tipo Crimson Peak, dove è l'atmosfera a gestire la narrazione). Marnes non è solo il palcoscenico della vicenda: è meglio descrivibile come un organismo dotato di respiro, fatto di nebbia, silenzi, famiglie nobiliari in rovina e superstizione. Ogni luogo nasconde segreti, le strade portano a incroci morali, e la nobiltà si tinge spesso di sangue e veleno. Se amate le atmosfere sospese e sfuggenti, qui c’è materia per voi.

Una delle meccaniche narrative più interessanti è quella della fiducia. Ogni NPC, e parliamo di oltre 180 personaggi, vi osserva, vi giudica e si ricorda delle vostre parole. Parlate troppo? O troppo poco? Siete diretti o evasivi? Le vostre statistiche influenzano i dialoghi, ma anche il modo in cui la gente reagisce. Proprio come accade nei libri game classici o nei migliori romanzi interattivi, ogni parola conta quasi al pari di ogni scelta fatta. È un sistema che spinge a leggere con attenzione ogni parte del racconto e a costruire un’identità non solo tramite le scelte macroscopiche, ma anche attraverso le sfumature.

Non aspettatevi un ritmo serrato capace di pareggiare le produzioni degli ultimi anni: The Necromancer’s Tale prende fiato, si prende il suo tempo. I primi capitoli sono volutamente lenti, e c’è un motivo. Il gioco vuole che conosciate la vostra famiglia, che vi leghiate, o vi distacchiate, dai personaggi che vi circondano. È la classica struttura narrativa che ritroviamo nei romanzi gotici ottocenteschi, da La caduta della casa degli Usher fino a Frankenstein, dove prima di arrivare all’orrore serve creare una sorta di vuoto, condito da sospetto e attesa dell'ignoto. Il risultato? Quando il gioco apre i cancelli del "non detto e del proibito", ogni cosa acquista peso e importanza. Ogni gesto che compirete, ogni rituale che deciderete di affrontare, non sarà un semplice evento di gioco, ma una conseguenza di tutto ciò che siete diventati.

E se tutto questo vi affascina ma vi chiedete se regge anche sul lungo termine, sappiate che The Necromancer’s Tale non è solo stile: è sostanza. Come nei racconti di Shirley Jackson, come nei giochi più lucidi di Obsidian, qui le parole non costruiscono il mondo: sono il mondo. E voi, come lettori e giocatori insieme, ne diventate parte.

Anche la gestione della difficoltà riflette il tono cerebrale e narrativo dell’opera. The Necromancer’s Tale propone tre modalità principali: una modalità Storia, priva di combattimenti e interamente focalizzata sulle scelte e i dialoghi; una modalità Bilanciata, dove narrazione e sfide si intrecciano; e infine una Strategica, più severa, in cui il numero di punti abilità disponibili a ogni capitolo si riduce drasticamente. A prescindere dalla modalità scelta, però, non ci sono sistemi tradizionali di progressione: non si guadagnano livelli né esperienza, e i punti abilità servono solo per sostenere i check, scena dopo scena, con la consapevolezza che una mossa azzardata potrebbe bruciare l’intera scorta disponibile.

La difficoltà qui non premia l’ottimizzazione e non gratifica con potenza crescente: trasforma il giocatore in una coscienza fragile, soggetta a fallimenti e conseguenze, dove la tensione narrativa sostituisce qualsiasi power fantasy.

Semplice quanto immersivo: ogni elemento è al servizio della narrazione

Chi si avvicina a The Necromancer’s Tale con l’aspettativa di effetti speciali roboanti o sequenze grafiche mozzafiato resterà probabilmente spiazzato, ma non deluso. Il gioco non punta sulla potenza grafica o su motori visivi avanzati: la sua forza tecnica risiede nell’uso misurato e narrativamente coerente di risorse modeste, capaci però di evocare l’atmosfera giusta. L’interfaccia è chiara e pulita, quasi retrò nella sua essenzialità, ma in sintonia con il tono “cartaceo” dell’opera.

Le animazioni durante le fasi di combattimento e interazione sono funzionali, mai spettacolari. Ma è nel comparto audio che The Necromancer’s Tale riesce davvero a colpire, soprattutto nel voice-acting e nella narrazione: la voce narrante, profonda e modulata, sembra davvero uscita da un salotto settecentesco, come un vecchio accademico che sussurra storie al lume di candela. Non è un caso che l’effetto ricordi, per certi versi, le letture teatrali di Call of Cthulhu o i racconti audio delle Gothic Novels di inizio Ottocento.

Il doppiaggio, almeno nei passaggi chiave, è sorprendentemente raffinato, soprattutto per un progetto indipendente. Non tutto è doppiato, ma la selezione delle battute parlate è precisa e strategica: i momenti più simbolici, i dialoghi più carichi di tensione, sono restituiti con un’intonazione che dona spessore anche a schermate testuali statiche. Sul piano prestazionale, The Necromancer’s Tale si comporta bene anche su macchine meno recenti: il gioco è leggero, stabile, privo di evidenti bug o rallentamenti. Certo, non aspettatevi opzioni grafiche avanzate, ray tracing o una gestione approfondita delle risoluzioni ultrawide (sebbene sia comunque compatibile nel riprodurlo) qui si resta su un’impostazione sobria, ma solida. I caricamenti sono rapidi, le schermate ben organizzate, l’accessibilità generale elevata.

Infine, vale la pena sottolineare l’autorialità del progetto: si percepisce che si tratta di un’opera personale, concepita da chi ama raccontare più che stupire. C’è una regia silenziosa ma attenta dietro ogni menu, dietro ogni scelta narrativa, dietro la costruzione di un’interfaccia che vuole farsi leggere più che osservare. The Necromancer’s Tale non rincorre il fotorealismo: ambisce piuttosto a un’estetica della suggestione — e da questo punto di vista, riesce perfettamente.




 

The Necromancer's Tale

Versione Testata: PC

8

Voto

Redazione

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The Necromancer's Tale

The Necromancer’s Tale è un’esperienza che chiede tempo, attenzione e una certa voglia di abbandonare l’idea del protagonista come figura eroica. In cambio, offre un racconto interattivo che sa essere acuto, tagliente e spesso spiazzante, costruito attorno a una visione del mondo in cui ogni scelta, anche la più apparentemente innocua, può trasformarsi in condanna o rivelazione. Non è un gioco per tutti: chi cerca azione continua, power fantasy o premi immediati resterà probabilmente deluso. Ma chi ama i romanzi gotici, i drammi morali, le derive filosofiche alla Disco Elysium o i retroscena occulti di un racconto alla Penny Dreadful, troverà qui un piccolo scrigno oscuro da scoprire. È più romanzo da interpretare che RPG da dominare. E in questo, trova il suo incantesimo più potente.

 

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