Amore, pistole e lotta di classe: la recensione di L'amore che non muore

Dalla Francia con ardore: il film di Gilles Lellouche è una vera epopea che sposa criminalità, passione e lotta di classe. La recensione di L’amore che non muore.

Amore pistole e lotta di classe la recensione di Lamore che non muore

Oltre un milione di biglietti staccati nei cinema in Francia e diciassette anni d’attesa per arrivare su grande schermo: sono questi i due numeri che riassumono L’amore che non muore, il film diretto da Gilles Lellouche a cui si può forse rimproverare molto, ma di certo non di mancare di trasporto e passione per la propria storia. Anzi: L'Amour ouf è davvero un film tutto cuore, che in cui il sentimento prende il sopravvento sulla ragione, che fa centro e poi sbaglia clamorosamente lasciandosi trasportare dalla passione inarrestabile del suo creatore e del gruppo produttivo che ha creduto in lui e in un progetto tanto ambizioso e complesso. Si tratta di una vera e propria epopea amorosa ambientata nella Francia industriale a cavallo tra gli anni '80 e '90, con una serie di sfide produttive e virtuosisimi registici che visti da questa parte delle Alpi impressionano parecchio. 

Amore, pistole e lotta di classe: la recensione di L'amore che non muore

L'amore che non muore: il sogno coatto di Gilles Lellouche

Tutto comincia diciassette anni fa quando Lellouche, allora “solo” attore di punta del cinema commerciale e discreta calamita al botteghino francese, legge il romanzo bestseller Jackie Loves Johnser OK? di Neville Thompson e rimane stregato. Decide così di acquisire i diritti di quella storia d’amore disperato, che non muore nonostante le avversità, appunto, anche quando deve fare i conti con due amanti che prendono strade diverse. Soprattutto quando si allontanano, dopo un'adolescenza spesa in quartieri differenti della stessa città, finendo per vivere in contesti socio-economici profondamente differenti, che non spezzano mai del tutto il loro legame.

Le difficoltà di portare su grande schermo un progetto di una simile portata però fermano Lellouche, che non si sente ancora pronto a una sfida del genere ma non rinuncia al suo sogno. Lo mette nel proverbiale cassetto e nel frattempo si fa fa le ossa come regista: mette sotto la cintura un paio di pellicole dirette da sé, continua la sua carriera di attore e immagina di trasportare quell’epopea ambientata in quartiere operaio di Ballyfermot, nella periferia di Dublino, in una non precisata cittadina industriale della Francia del nord.

I suoi amanti ed eroi adolescenti - la studiosa Jackie e il ribelle Clotaire - consumano i primi anni d’intensa passione adolescenziale tra le banchine del porto, i treni merci che entrano ed escono dalle fabbriche, i motorini delle bande locali. Lui si azzuffa e si caccia nei guai con la legge, lei fatica a seguire i consigli del padre che  la vorrebbe lontana da un così “brutto soggetto”. Un'amore tra giovanissimi che si consuma con sullo sfondo le trivelle petrolifere e gli stabilimenti industriali fotografati con una palette cromatica vivida, uno sguardo che rende ciò che è grezzo e - va detto - persino un po’ tamarro romanticamente disperato. Lellouche insomma fa un’operazione un po’ alla Baz Luhrmann prima maniera, sostituendo le camicie hawaiiane di Di Caprio in Romeo + Giulietta con le tute acetate indossate da François Civil e Adèle Exarchopoulos quando le loro (ottime) controparti giovanili Mallory Wanecque e Malik Frikah cedono il passo alla controparte adulta. Lellouche infatti segue Jackie e Clotaire dall’adolescenza fino all’età adulta, in un lunghissimo racconto (161 minuti) che è quello di una coppia che non riesce a essere felice se divisa, ma che la vita, la società e una bella dose di sfortuna tengono costantemente separata.

Amore, pistole e lotta di classe: la recensione di L'amore che non muore

L'amore che non muore conquista con la sua poetica coatta 

Difficile riassumere tutto ciò che il film fa in una breve recensione, perché poche pellicole si adattano meglio all’aggettivo “ipertrofico”: un po’ racconto criminale alla Un Profeta di Jacques Audiard, un po’ musical alla Luhrmann, un po’ commedia romantica struggente, con persino un tocco di commentario sociale, L’amore che non muore cerca di essere tutto e, nei fatti, è davvero una visione d'impatto che dà tanto, pur osando forse un po’ troppo. Gli si potrebbe rimproverare facilmente di tentare di fare troppe cose assieme, ma la sua caratteristica principale e quello che conquista è proprio l’entusiasmo sconfinato in cui si butta di testa in questo racconto enorme della periferia francese tra piccola borghesia, proletariato e fasce più povere della popolazione, usando un amore fortissimo e travolgente come punto di contatto tra realtà diffidenti che non si parlano e, quando lo fanno, spesso la situazione finisce per degenerare o farsi esplosiva.

Lellouche straborda anche a livello musicale e visivo, puntando chiaramente a creare una poetica coatta che sia romantica tanto quando la sua storia, fatta tutta di sequenze di danza ottimamente coreografate, baci in controluce nel pieno della notte o con il sole che tramonta tra le trivelle, inseguimenti in motorino tra bande rivali e rivelazioni che, come solo nella tradizione romantica anni ‘80 e ‘90 può succedere, arrivavano grazie a un vecchio mixtape rimasto chiuso per anni in uno scatolone nel garage di una villetta lussuosa.

Amore, pistole e lotta di classe: la recensione di L'amore che non muore

Se l’operazione funziona è anche perché Lellouche azzecca in pieno un cast strepitoso: i giovanissimi Mallory Wanecque e Malik Frikah bucano lo schermo e non hanno problemi a tenere in piedi il film prima dell’arrivo dei veterani François Civil e Adèle Exarchopoulos, il cui trasporto passionale è davvero credibile. L’interprete di Vita di Adele ancora una volta incarna quella “classe di mezzo” che si sente a disagio sia tra i più abbienti ma comunque è pesce fuor d’acqua nel mondo del protagonista Clotaire, dove le difficoltà economiche e le connessioni con la criminalità locale dono quotidiane. Nel cast di supporto poi appaiono star come Raphaël Quenard, Vincent Lacoste e Alain Chabat in ruoli secondari che però danno spessore alla trama tutta gangster e vendette tra bande del film, rendendo solida e appassionante la componente “Gomorra in salsa francese”.

Certo il film è davvero lungo. Sicuramente poteva essere asciugato un po’, ma è condotto con un tale entusiasmo ed è così innamorato dei protagonisti tamarri e delinquenti che racconta con un ritmo incalzante, senza mai prendere fiato, frullando insieme suggestioni da una miriade di film e cinematografie differenti che è davvero impossibile resistergli. Conquista: per passione o per sfinimento. 

L'amore che non muore

Durata: 161'

Nazione: Francia

7.5

Voto

Redazione

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L'amore che non muore

L’amore che non muore rischia di passare inosservato a causa della sua uscita d’inizio estate: invece meriterebbe d’essere visto per come mescola con enorme entusiasmo ed energia elementi dei gangster movie e delle lotte giovanili tra bande di quartiere con la commedia romantica e il musical, citando e ricalcando una miriade di film differenti in un mix dal ritmo forsennato. Condotto da Lellouche con un’amore sfrenato per il cinema. guidato dalla convinzione che amor vincit omnia, anche nella periferia industriale e tamarra di Lille, è difficile resistere al suo fascino. La compagine d’interpreti poi è notevole, capitanata da un quartetto che è in grado d’incarnare in maniera credibile la chimica tra due amanti travolti dalla passione l’uno per l’altra.

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