F1 mette in piedi un grande spettacolo, preferendo i fuochi d’artificio al realismo: la recensione del film sportivo con Brad Pitt

Tra rombi di motori, fuochi d’artificio e retorica, F1 mantiene la promessa di un grande spettacolo sportivo e cinematografico, grazie al dream team che lo ha messo in piedi.

Per chi voleva il rombo dei motori, testosteorici duelli tra monoposto tra palme al tramonto, colpi di scena all’ultimo giro e un Brad Pitt che non ne vuole sapere di cedere il passo a interpreti più giovani, F1 sarà davvero un'uscita entusiasmante. Per chi invece cerca un buon film d'azione di sostanza ed è interessato il giusto alle questioni sportive e automobilistiche, un po' meno. In attesa di vedere come andrà al botteghino, non è un risultato così scontato. Anzi, considerando poi quanto sia un’operazione pensata a tavolino e con intenti che riguardano quasi esclusivamente l’ambito extra cinematografico, è perfino ammirevole come dei grandi vecchi del cinema (o per meglio dire delle vecchi volpi) come il leggendario produttore Jerry Bruckheimer, la star Brad Pitt e professionisti davvero capaci come il regista Joseph Kosinski riescano a mettere un po’ di cuore e anima nell’operazione.

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Con una doverosa contestualizzazione: è davvero impossibile non pensare a Top Gun: Maverick scoprendo le premesse narrative del film e accostandole a quelle produttive, senza dimenticare che la squadra dietro e davanti la macchina da presa è praticamente la stessa, sostituendo Cruise con Pitt. Una delle pochissime ultime grandi star di Hollywood, accomunato dal collega dalla testardaggine con cui s’infila in ruoli da trentenne al picco della forma tentando di farla franca con il suo smagliante sorriso da sessantunenne.

F1 vuole costruire una mitologia cinematografica dello sport che racconta

L’idea di base dietro questo kolossal sportivo è semplice: a Apple serve un grande successo cinematografico dopo tanti flop in sala, una sorta di corrispettivo a Ted Lasso. Cito non a caso due titoli sportivi pensati per avvicinare il pubblico statunitense a sport molto, molto amati nel resto del mondo la cui popolarità sta crescendo anche gli States. Sport di cui i servizi streaming come quello di Cupertino non fanno più troppo mistero di voler acquisire i diritti, diventando un punto d’approdo anche per le dirette sportive. Perché non usare il soft power di cinema e televisione per velocizzare il processo, dunque? Perché non provare a portare il pubblico sportivo in sala per raccogliere un successo di botteghino?

F1 mette in piedi un grande spettacolo, preferendo i fuochi d’artificio al realismo: la recensione del film sportivo con Brad Pitt

Perché dunque non introdurre il pubblico statunitense alla Formula 1 con un film che finalmente crei una mitologia cinematografica intorno alla disciplina? Nasce così un film trainato da una star riconoscibile da tutte le generazioni, ma a cui è molto legato il pubblico maschile e over 40: Brad Pitt. Uno che, almeno in teoria, la gente la porta ancora in sala con la sola forza della sua presenza.

Qui arriva il primo spinoso problema per chi il film lo deve scrivere, perché Pitt, anche se ha ancora la tartaruga scolpita e l’aspetto piacente, ha il doppio degli anni di un pilota già non più giovanissimo di Formula 1. A questo punto F1 prende la sua prima, importante decisione: la trama è il più consueto degli intrecci sportivi mescolata a quella proiezione mitomane della generazione boomer. Ovvero quella fantasia secondo cui in un momento di difficoltà o di fronte a una missione impossibile (espressione che uso non a caso), al posto che trovare la soluzione tra le risorse disponibili e fresche, si va a scomodare un super uomo, il Cruise o il Pitt della situazione. Così quanto la scuderia dell’ex pilota Ruben Cervantes (Javier Bardem) deve vincere almeno un gran premio entro fine stagione per sopravvivere, lui va a trovare il suo vecchio amico Sonny Hayes (Brad Pitt), che vive in un van e si muove da una competizione motoristica all’altra, come uno spirito libero.

Sonny ha ovviamente dei trascorsi con la F1, ma decide di aiutare l’amico e di provare a raffinare il talento del giovane pilota della scuderia: Joshua "Noah" Pearce (Damson Idris), una outsider e giovane promessa dello sport che rischia di perdere tutto ancor prima di raggiungere il successo. Sonny, da vecchio lupo di mare, ricorre a ogni tattica più o meno lecita, mettendo a frutto la sua enorme esperienza per risollevare i destini della scuderia.

F1 mette in piedi un grande spettacolo, preferendo i fuochi d’artificio al realismo: la recensione del film sportivo con Brad Pitt

F1 investe bene i suoi talenti e i suoi soldi, regalando un onesto ma superficiale spettacolo sportivo

La storia è tutta qui e, a conti fatti, basta e avanza, perché è nelle mani di una squadra che sa come farla funzionare. Non è cinema di concetto, ma come già ampiamente provato Joseph Kosinski sa rendere emozionanti le sequenze d’azione dei suoi film. Ai primi piani intensi ci pensa il carisma un po’ ruvido di Brad Pitt, splendidamente bilanciato dalla sorniona naturalezza con cui Javier Bardem gli fa da spalla. Damson Idris è invece del tutto privo di carisma, tanto da far sospettare che sia stato messo in quel ruolo proprio per non rubare la scena a Pitt o ai veri piloti di F1 che compaiono qua e là nel film, tra cui Louis Hamilton, che a questo piano di rendere il suo sport lo sport delle nuove generazioni anche negli Stati Uniti ci crede e molto.

I capitali investiti da Apple sono la salvezza e la condanna del film, che ha una produzione davvero sontuosa. Dove sta l’inghippo dunque? Che essendo costato più di 400 milioni di dollari, F1 non è abbastanza riuscito per essere all’altezza della sfida davanti a cui è posto. Dovrebbe riempire le sale, riguadagnare i capitali investiti, magari anche fondare un franchise. Costasse la metà o anche meno, sarebbe una sfida facilmente affrontabile. Invece rischia di diventare la rappresentazione plastica di un cinema così calcolato nella sua grandiosità per convincere il pubblico che vale la pena vederlo in sala e non più tardi in streaming, così giostrato tra sponsor, generazioni da non indispettire, sensibilità contrastanti da tenere unite, da non riuscire mai a fare la mossa spavalda, quella che ti sorprende e seduce. Tutto è così millimetricamente pensato per fare altro rispetto al vero e puro cinema d'intrattenimento, che nessuno sembra essere su grande schermo per rapire il cuore dello spettatore, per farci tifare per Sonny o per gli altri. F1 è insomma un bello spettacolo che si spegne nella memoria insieme al proiettore in sala, sperando di aver assolto alle sue missioni extracinematografiche.

F1 mette in piedi un grande spettacolo, preferendo i fuochi d’artificio al realismo: la recensione del film sportivo con Brad Pitt

 

F1 (2025)

Rating: Tutti

Nazione: Stati Uniti

7

Voto

Redazione

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F1 (2025)

F1 farà la gioia di chi al cinema ci andrà per vedere lo spettacolo sportivo della Formula 1, appena rallentato dalle necessità cinematografiche, con una storia esilissima, appena sufficiente per dare una scusa a Brad Pitt d’infilarsi nella sua monoposto nero oro. La regia, la fotografia, il montaggio, le musiche: tutto è soddisfacente perché il gruppo di lavoro dietro il progetto è composto dai migliori professionisti disponibili e gestito da persone che sanno quello che fanno. A livello cinematografico però è una storia carente: se si va in cerca di intreccio appassionante e fresco o di personaggi a cui affezionarsi, se ne uscirà un po’ delusi, perché non c’è nulla di davvero graffiante in una pellicola sin troppo calcolata e accorta, pensata soprattutto per vendere lo sport che racconta. Considerando però quanto filano via veloci le sue oltre due ore e mezza di durata, è comunque un discreto successo. Istantaneo, passeggero, ma pur sempre godibile.

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