Jurassic World - La rinascita: recensione di un film discontinuo

Potenziale registico sprecato, ruoli poco convincenti e uno script che non sa osare

Jurassic World - La rinascita: recensione di un film discontinuo

Nel 1993 Steven Spielberg rivoluzionò il cinema d’intrattenimento con Jurassic Park, strepitosa avventura  non solo in termini di CGI ma di equilibrio tra meraviglia narrativa, tensione e paura. Film che sapeva stupire, commuovere e terrorizzare, sostenuto da una sceneggiatura semplice ma efficace e da un cast memorabile. Da quel punto in avanti il franchise ha vissuto una lunga e altalenante esistenza: un sequel ambizioso ma divisivo, un terzo capitolo dimenticabile e la trilogia di Jurassic World che tentava con poco successo di riportare i dinosauri al centro dell’immaginario.

Dopo il pasticciato e sovraccarico Dominion (2022), sembrava che la saga avesse esaurito le migliori idee, ma cocciutamente si è preferito investire nuovamente gli ultimi rimasugli di energia creativa tentando il rilancio con Jurassic World: La Rinascita, firmato Gareth Edwards. Regista di notevole caratura, ha diretto lui Godzilla (2014) e Rogue One: A Star Wars Story (2016), lasciando ben sperare. Autore noto per la capacità di inserire elementi spettacolari in contesti cupi e realistici, mantenendo un certo rigore visivo anche quando la narrazione si fa più convenzionale. La Rinascita è purtroppo un’occasione sprecata, intrappolata in una sceneggiatura goffa, personaggi poco ispirati e un senso generale di déjà vu.

Un mondo che si spegne in Jurassic World - La rinascita

A differenza di quanto ci si potesse aspettare dopo Dominion, che immaginava un pianeta dominato dai dinosauri in coesistenza (o conflitto) con l’umanità, La Rinascita decide di fare tabula rasa. Il mondo è cambiato: i dinosauri stanno morendo, confinati nelle poche zone tropicali della Terra dove il clima ne consente la sopravvivenza. L'interesse dell’opinione pubblica nei loro confronti si è affievolito, i parchi a tema nelle metropoli chiudono per mancanza di visitatori. In questa realtà disillusa si muove Martin (Rupert Friend), impiegato della ParkerGenix, colosso farmaceutico deciso a prelevare sangue da pericolosissimi esemplari di dinosauri per sviluppare un medicinale miracoloso.

Il cuore del film è la missione sull’Ile Saint-Hubert, isola ormai abbandonata dall'uomo ma popolata anche da creature modificate geneticamente ai tempi della InGen. Martin assolda l'ex soldatessa statunitense Zora (Scarlett Johansson), il paleontologo Dr. Henry (Jonathan Bailey) e Duncan (Mahershala Ali), proprietario del mezzo che li conduca verso quella landa off-limits. A incrociare il cammino del team la famiglia di Reuben, padre single con due figlie e l'amichetto fumato della maggiore, in vacanza su una barca a vela. Insieme affronteranno ore da incubo per cielo, terra e mare cercando di sopravvivere al mortale habitat e trovare una via di fuga.

Jurassic World - La rinascita: recensione di un film discontinuo

Troppe parole, poca tensione

Il principale problema del film è la scrittura. David Koepp, che aveva contribuito allo script del film originale, qui completamente privo dell’energia e della sintesi narrativa che avevano caratterizzato la collaborazione con Spielberg. C'è poco di fresco all'interno di un contesto narrativo con echi di cinema del passato, dal prologo dove l'incarto di una merendina mette in crisi la tecnologia in misura non dissimile da quanto accade in Andromeda Strain (1971) di Robert Wise, l'idea del medicinale miracoloso da ricavare all'interno del contesto ostile di una giungla come quello in Mato Grosso – Medicine Man di John McTiernan (1992).

La stessa isola richiama quella di Skull Island del nuovo King Kong, ma con un'atmosfera tutto sommato più da parco divertimenti, stemperata da pochi momenti decisamente efficaci e capaci di far sobbalzare sulla poltrona. Come la tragica fine di un componente del team, aggredito sulla battigia da un mostro anfibio. Scordatevi il T-Rex di Spielberg, che incuteva terrore con la sola eco del suo pesante incidere sul terreno.

Jurassic World - La rinascita: recensione di un film discontinuo

Non aiutano i personaggi, introdotti in misura verbosa: narrazione affidata al dialogo e all'artificiosità delle parole, sterilizzando ogni possibilità di empatia all'interno di un'opera che chiede ma non ottiene 134' minuti di attenzione. Il cast è di livello ma sprecato, attori capaci di portare profondità e sfumature ai propri ruoli ma non qui, dove trasmettono più spaesamento. Delude soprattutto la Johansson, così poco credibile nei panni dell'ex militare di lungo corso, apparentemente senza morale.

I dinosauri che non sapevano stupire in Jurassic World - La rinascita

Al centro di tutto i dinosauri, ibridi mutageni mai visti prima che però non brillano più di tanto. Tre creature da avvicinare dalle quali estrarre il sangue per lo sviluppo del business farmaceutico: un abitante del mare simile a un Mosasauro, un rettile volante con "apertura alare di un F-16" simile a uno Pterodattilo e una sorta di T-Rex potenziato con la testa che richiama quella del dinosauro "ariete" Pachicefalosauro. Ci sarebbe anche stato del potenziale, ma purtroppo Koepp insiste su uno schema visivo fino allo sfinimento: soggetto umano in primo piano e alle sue spalle la minaccia che muove silenziosamente, abuso narrativo che rischia di scivolare nella comicità involontaria.

Jurassic World - La rinascita: recensione di un film discontinuo

Jurassic World - La rinascita: regia e tecnica tra luci e ombre 

Edwards è sicuramente più a suo agio nelle sequenze d’azione o nei momenti di tensione ambientale, quando è impegnato a costruire atmosfere visive imponenti, ricordando la magia del notevole Monsters del 2010. Ci sono momenti interessanti dentro e fuori l’isola, specie nella seconda metà, quando la narrazione si concentra maggiormente sulla sopravvivenza. Potenziale spesso frustrato da un montaggio approssimativo e da una computer grafica dal retrogusto stranamente meno realistico. Nota a dir poco negativa considerando i limiti del CGI classe 1993 e quella mostruosamente più avanzata 32 anni dopo.

Un film prolisso senza una vera anima

Giunti sull'isola la narrazione percorre una doppia linea narrativa: da una parte la missione di Zora e il team scientifico; dall’altra la storia familiare di Reuben. Koepp tenta di farle convergere in una riflessione sul senso di protezione, sulla paura e l’eredità da lasciare ai propri figli. Elementi che finiscono per sovrapporsi senza mai integrarsi davvero, appesantendo e diluendo l’effetto drammatico. Nemmeno gli spunti narrativi più elevati — come le implicazioni etiche della ricerca farmaceutica o il concetto di “rinascita” del titolo — vengono sviluppati a fondo. Rimangono accennati, lasciando il film in un limbo: troppo serio per essere un puro blockbuster, troppo superficiale per essere una riflessione intelligente sul rapporto tra uomo, scienza e natura.

Jurassic World - La rinascita: recensione di un film discontinuo

Jurassic World: La Rinascita doveva rappresentare un nuovo inizio per la saga, volto a restituire ai dinosauri la dignità narrativa perduta. Ne è scaturita una prolissa opera che non innesca entusiasmo, priva di autentico senso del meraviglioso, mal scritta e povera di vera tensione. Il talento registico di Gareth Edwards è visibile a tratti, soffocato da una sceneggiatura macchinosa e personaggi vuoti.

Jurassic World Rebirth

Rating: TBA

Nazione: Stati Uniti

5.5

Voto

Redazione

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Jurassic World Rebirth

Jurassic World - La rinascita è un film con idee potenzialmente interessanti che affoga in un mare di cliché e spiegoni che sfiniscono e una messa in scena discontinua. La Rinascita si limita a ricalcare il passato senza realmente innovare, quando avrebbe dovuto osare.

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