Black Bag è un gran film di spionaggio e amore tra gli squali Fassbender e Blanchett
Soderbergh azzecca uno dei film meglio scritti visti finora nel 2025: un grande film di spionaggio che riesce a essere cinico e sorprendente tenero.

Che gran film ha tirato fuori Steven Soderbergh dal cappello, pardon, dalla borsa nera. Una pellicola che, elencando cosa non è, tira fuori un’impressionante lista di caratteristiche elogiative per chi l’ha diretta, montata e fotografata. Che per uno come Soderbergh, prolifico in senso assoluto (dieci film girati negli ultimi otto anni) e singolare (capace di coprire un’infinità di professionalità in prima persona, portando avanti la post produzione in contemporanea con le riprese sul set) è praticamente il minimo sindacale.
Black Bag non è un film che uno direbbe nato da un rodato duo statunitense. A sceneggiare il film è infatti David Koepp, che negli ultimi decenni ha scritto molti dei film diretti da Soderbergh. Uno capace di altissimi (gli Spider Man di Sam Raimi, Mission:Impossible, La morte ti fa bella), bassissimi (gli adattamenti di Dan Brown) e di tutto quello che c’è in mezzo, specialmente nel genere action thriller, specialmente negli anni ‘90. Negli ultimi anni con Soderbergh si è spinto in altri generi, spesso affrontati da angolazioni non propriamente canoniche.
Lo stesso si può dire di Black Bag, che non sembra scritto da qualcuno che sia alla sua sostanziale prima prova con un film di spionaggio alla Le Carré. Per anni Koepp ha sceneggiato film che sono l’esatto contrario di quel tipo di spionaggio riflessivo, parlato, statico del grande scrittore britannico. I suoi sono stati americanissimi eroi del fare, in perenne movimento, che attivamente salvano il mondo con una frustra o con una maschera di gomma e sanno sempre distinguere tra bene e male, giusto e sbagliato.
La Carré nell’era della fedeltà all’azienda
Black Bag invece è così immerso in un mondo moralmente grigio che l’unica certezza che abbiamo è che i suoi protagonisti non siano propriamente dei buoni. Sono, chi più chi meno, degli alti funzionali dell’Intelligence inglese che affrontano il più classico dei nemici del genere: “c’è uno straniero in casa”, ovvero c’è una talpa, come sempre accade, dentro l’MI6. Incaricato di scovarla è un personaggio di che si chiama George, come lo Smiley di Le Carré, con cui condivide occhiali dalla montatura spessa e un amore così sconfinato, così devastante e così represso entro manifestazioni emozionali e cinetiche minime che sembra quasi vederlo tracimare fuori gli occhi di ghiaccio dell’interprete Michael Fassbender.
Ci sono cinque sospettati radunati attorno a un tavolo con lui, come nei romanzi di Agatha Christie, come all’inizio di La Talpa. Uno di questi è Katherine, la di lui amatissima moglie e collega di Intelligence, interpretata da Cate Blanchett.George è dunque chiamato a capire chi stia cercando di far uscire dai perimetri dell’Intelligence un pericoloso software che prende il nome da un imperatore romano e soprattutto a decidere a chi essere leale se - come sembra, la moglie è implicata nell’illecito.
L’intreccio di Black Bag è complesso, stratificato, ma soprattutto dialogato con scambi dal linguaggio così teso nei suoi tecnicismi, nella sua arguzia, nella sua brutalità che si finisce per seguirlo con gli occhi socchiusi dalla concentrazione, tentando di non perdersi nessuna sottigliezza delle stoccate che i cinque personaggi e George si scambiano.
I tasselli di cui il film è composto sono tutti puro Le Carré, trasposto in un presente in cui la lealtà alla patria diventa una rigida aderenza a politiche governative che sanno spaventosamente di logiche aziendali. Tutti i protagonisti sono bellissimi, splendidamente vestiti e languidamente repressi, le emozioni imbottigliate così a fondo, così trattenute che l’unica, gelida battuta che il film si concede è quella relativa alla capacità di un’agente di ingannare il poligrafo serrando i muscoli del proprio ano.
Tutto è anal retentive, come direbbero i britannici, in Black Bag, ovvero sempre in controllo, studiato, calcolato. Una settimana, due sessioni di analisi, una cena memorabile, una sera al cinema e una pistola di Checkov. A un certo punto qualcuno usa un coltello per ferire un’altra persona, ma le sfilettate più crudeli sono quelle che ci si scambia a parole.
Black Bag esplora un matrimonio tra squali
E di cosa parla Black Bag nei suoi dialoghi tanto suadenti e forbiti nella loro brutalità? Di qualcosa d’incredibilmente tradizionale: il legame matrimoniale. C’è una talpa sì, ma il punto vero del film è l’indagine di un matrimonio monogamo tra due persone che hanno punti ciechi rilevanti, costrette alla fiducia reciproca ma che, per lavoro, sono addestrate a non fidarsi di nessuno, a mettere sotto scrutinio tutto. Black Bag è un film su tutto ciò che finisce appunto “nella borsa nera” del non detto per tenere insieme una relazione, perché anche quando si è in due rimangono zone d’ombra in cui si vuole rimanere da soli. È l’eterna frizione del rispettare gli spazi dell’altro e poi spiarci dentro, al fine di proteggerlo e guardargli le spalle, talvolta da sé stesso.
Illuminato da Sodebergh da luci posizionate sempre in angolazioni che rendono il fotogramma luminoso eppure sfocato, di difficile lettura, Black Bag è una gelida fotografia su rituali amorosi tra squali dalle fattezze umane, che spingono sempre più dentro di sé i loro sentimenti costringendo gli altri a dilaniarli per tirarli fuori, probabilmente poi per usarli contro di loro, senza mai perdere il proprio aplomb, dato che siamo pur sempre a Londra.
È un film su come la fede - in più di un senso - possa sopravvivere in chiave molto tradizionale e persino moralista in un mondo come quello dell’Intelligence, il cui fondamento sta proprio nel cortocircuito momentaneo con cui si fa qualcosa da scollegati dai canali ufficiali (unlogged), decidendo in pochi secondi dove rivolgere la propria lealtà: chi e cosa valgono un alto tradimento?
La risposta di Black Bag sono: le persone e i sentimenti che proviamo per loro, ma in modi non scontati, non rassicuranti. Di rassicurante c’è solo questo strano matrimonio in cui George è controllato ai limiti del masochismo,capace di frasi di devastante tenerezza pronunciate nel più distaccato dei toni e Katherine una figura ambigua, allusiva, mai rassicurante. I personaggi sono tutti accoppiati, in quella che di fondo è una diesamina della monogamia in cui i momenti di tradimento più crudeli - letterale o ancora una volta morale - rivelano anche quali relazioni possono superare la prova del tempo, dello squilibrio di potere interno per età o posizione professionale, per come i legami lavorativi si rivelano vischiosi quando sovrapposti a quelli intimi.
È quindi un film su un amore che fiorisce laddove dove le due reciproche personalità burocratiche e spianti non si guardano, lasciando all’altro lo spazio necessario per amare e - in potenza - tradire? Certo, come tutti i film di spionaggio Black Bag è un film sulla fedeltà e su come sembri terribilmente tradizionalista e datata in un mondo in cui la morale è morta e la fede (a Dio, alla patria) è sostituita da un mandato governativo o aziendale.
Rating: Tutti
Nazione: Stati Uniti
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Redazione

Black Bag - Doppio gioco
Soderbergh e Koepp tirano fuori uno dei film meglio scritti e più riusciti visti finora in questo 2025: Black Bag è un gioiello di spionaggio che non ha paura di affrontare e raccontare il presente, in un momento in cui il cinema fatica a farlo, con una storia originale che rilegge gli stilemi del genere in chiave ancor più cinema, trovando nelle sue svolte più gelide e letali un’inaspettata tenerezza tra squali travestiti da umani.