Xerxes, il mito e la gloria secondo Frank Miller
Dalla battaglia di Maratona ad Alessandro Magno

Un nuovo fumetto di Frank Miller è sempre una grande notizia, a prescindere da come la si pensi circa la sua carriera (e le sue posizioni espresse attraverso i fumetti) nell’ultimo paio di decenni. Tutto ciò che viene prima dei 2000 è francamente indiscutibile è quella linea di separazione è curiosamente tracciata da 300, un’opera che pareva introdurre una nuova fase della carriera di Miller, dopo i successi in Marvel & DC e l’enorme popolarità raccolta dalla sua Sin City, anche al cinema, anche sul grande schermo. 300 è rimasta per lungo tempo un’anticipazione di un Frank Miller che poi non c’è stato, un timeline troncata sul nascere dagli attentati del 11 settembre e dalla piega molto più politica e cinematografica presa in seguito dal fumettista statunitense. Xerxes - La caduta della casa di Dario e l’ascesa di Alessandro, è uno squarcio su quel futuro ipotetico.
Xerxes - La caduta della casa di Dario e l’ascesa di Alessandro
Pubblicata nel 2018 tra aprile e agosto (e riportata da Star Comics in Italia in questi giorni con una bella edizione cartonata in orizzontale, stesso formato con cui l’editore perugino ha già pubblicato 300), Xerxes è una miniserie in cinque parti concepita per essere il seguito (erede spirituale forse sarebbe più corretto) di 300. Come lascia intendere il lungo sottotitolo, l’intenzione di Miller è quella di continuare la Storia, dopo la battaglia delle Termopili raccontata in precedenza, fino allo sconfinato impero di Alessandro Magno. E come spesso accade però nelle produzioni più recenti di Miller, a Miller non pare interessare tanto il cosa, quanto il come.

Miller ricuce i fili con l’universo narrativo di 300 riavvolgendo la clessidra a 19 anni prima delle Termopili: un paio di pagine per introdurre il fugace casus belli e portare il lettore a Maratona, luogo dell’omonima battaglia tra Ateniesi e Persiani che occupa l’intero primo capitolo. Lo stile di Miller ha già in nuce quella sintesi estrema sfoggiata nelle sue opere più recenti (per lo più cover), ma trova qui maggiore compiutezza nel contesto più generale dell’opera e di ciò che intende raccontare.
Il racconto storico, inteso come susseguirsi di eventi, cause ed effetti che conducono a punti di svolta, interessa poco e lo si intuisce subito. La scansione temporale delle diverse vicende trattate avviene per salti, non sempre scanditi da una data, quanto piuttosto da una campo largo, da sequenze di splash page mute che segnano il cambio di scena. Da Dario ad Alessandro è la traiettoria imposta dal sottotitolo, ma ci si arriva a valanga, come una crepa che spinge una manciata di sassi a rotolare prima lentamente, poi a un rito sempre più travolgente, inghiottendo luoghi e nomi, dinastie che scorrono in una manciata di pagine verso un finale da tragedia greca.

Eppure il primo capitolo racchiude un racconto denso, in cui la battaglia di Maratona serve a Miller per introdurre un manipolo di personaggi, anch’essi sottoposti a un processo di stilizzazione in cui Storia e mito si fondono. La trovata più eccentrica è la raffigurazione di Eschilo, tragediografo greco che ha raccontato nelle sue opere le guerre tra Greci e Persiani dopo averle combattute in prima persona: nelle mani di Miller diventa un assassino letale, dall’ingegno elastico e capace di maneggiare dalla armi provenienza esotica, da ogni lato del globo, come dei rudimentali nunchaku. Milziade, il generale ateniese a cui si deve l’idea di abbandonare la falange per incanalare i Persiani tra due ali di combattenti greci, è bollato alla sua prima apparizione come un damerino: per Miller è il primo manifestarsi in occidente di mollezza persiana di cui nei capitoli successivi tratteggerà ascesa e caduta.
Ad apostrofare il proprio generale con un termine probabilmente ignoto ai greci del tempo è Temistocle, il condottiero acclamato a furor di popolo che sconfiggerà i persiani con l'inganno dieci anni dopo, dissuadendoli dall'assedio di Atene dopo la sconfitta contro gli Spartani alle Termopili: l’unico ornamento che Miller gli concede è un elmo da battaglia, che per altro tende a non portare, perché infastidito. Il fugace tratteggio di questa mancata di personaggi sfuma già a metà del secondo capitolo, quando il focus si sposta verso la dinastia persiana, ancora una volta per celebrarne la sconfitta ottenuta con l’inganno: Atene è quasi priva di guerrieri, ma porta l’intera popolazione sulle rive, addobbata a guerra, per sembrare una moltitudine.
Due decadi in due capitoli e un oltre un secondo condensato nei tre successivi: il ritmo di Miller accelera, la scansione temporale sfuma e la narrazione scivola dagli eventi alle suggestioni. Figure gigantesche nella storia dell'umanità, a capo di imperi sconfinati, sorgono e si sbriciolano nel giro di qualche pagina, un caleidoscopio di trionfi e sconfitte, odio, amore e sofferenze tutto intriso di sangue, con la parte finale della graphic novel che forse è un anticipo di dove sarebbe andata la produzione a fumetti di Miller se altre muse non l’avessero richiamato altrove.

Mentre trama e Storia sfilacciano i loro legami, l’impeto e l’arguzia bellica sono sostituiti dal bruciare dell’emozione, un’eterna fame di vendetta alimentata da un’ambizione di grandezza irraggiungibile. La prosa arcaicheggiante di Miller si dilata e lascia spazio allora al segno grafico in cui a una semplificazione delle figure si oppone la densità dei dettagli come gli ori di cui è rivestito Dario (III, anche Miller si perde per strada le successioni al trono). Ma la ricorsività delle forme è il segno caratterizzante: attraversate da suggestioni che vanno dal più elegante fumetto europeo ai motivi decorativi delle ceramiche del V secolo a.C., matite e chine di Miller paiono voler applicare al fumetto il modus operandi della tradizione orale dell’epoca, dove l’utilizzo di epiteti e altre tecniche di ripetizione consentivano di tenere a mente lunghe epopee.
A supportare Miller sulla tavola ci sono i colori di Alex Sinclair, le cui scelte cromatiche riprendono quelle tracciate da Lynn Varley (ex moglie di Miller) su 300, non riuscendo però sempre ad afferrarne l’efficacia. Quello di Sinclair è un lavoro più tecnico (laddove quello di Varley era più artistico), ma in alcune sequenze l’eccessiva aderenza ai canoni fumettistici non si sposa appieno con la ferocia da pittura rupestre del tratto di Miller.
Provando a tirare le somme, Xerxes - La caduta della casa di Dario e l’ascesa di Alessandro è un’opera difficile da inquadrare, che di capitolo in capitolo prende sempre più le distanze dalla narrazione sequenziale, in favore di una narrazione “espressionista”, fatta di sprazzi e suggestioni, con le idee molto meno chiare su dove andare a parare rispetto ad altri fumetti recenti di Miller. Eppure proprio questa sua indeterminatezza è estremamente affascinante, un’opera di transizione, in cui ispirazioni e direzioni di Miller convivono e si scontrano, proprio come le due figure del titolo, condotte in una lunghissima scia di guerra da recriminazioni dimenticate fino a riconoscersi, in letto di morte, come due facce di una medesima moneta.



