Come Jeremy White Allen è diventato Bruce Springsteen con l’aiuto del Boss

Nel presentare Springsteen: Liberami dal Nulla a Roma, Jeremy White Allen ha spiegato di aver accettato il ruolo del Boss su precisa richiesta di Springsteen

Come Jeremy White Allen e diventato Bruce Springsteen con l'aiuto del Boss

“Quando ho incontrato Bruce, ha incarnato perfettamente l'idea che avevo di lui. Vederlo nel suo elemento, pronto a esibirsi per tre ore e mezza davanti a novantamila persone a Wembley, è stato un dono, ma anche intimidatorio, sapendo che avrei dovuto catturarne l'essenza.” Così Jeremy White Allen racconta quel concerto galeotto del Boss in cui ha considerato per la prima volta di prendere sul serio l’offerta di Scott Cooper e diventare Bruce Springsteen nel suo film dedicato alla tormentata scrittura dell’album Nebraska, di cui potete leggere qui la nostra recensione. Ora che la critica ha dimostrato di apprezzare il suo lavoro, in attesa di conoscere il responso del pubblico e di cominciare una lunga campagna di rincorsa a una nomination all’Oscar per l’interpretazione del boss nel biopic a lui dedicato, White Allen non ha problemi nell’ammettere di essere stato intimorito dalla sfida d’incarnare una delle rockstar più amate d’America, specie sul fronte musicale.

A rassicurarlo è stato lo stesso Bruce, che voleva il protagonista di The Bear a rappresentarlo su schermo e ha fatto di tutto per metterlo a suo agio: “Le sue performance sul palco sono così fisiche, quasi violente nella loro passione. Ma parlando con lui, scopri una gentilezza e una presenza incredibili. Quello che ho ammirato di più, però, è stata la sua immensa fiducia. La fiducia nelle persone a lui vicine, come Jon Landau all'epoca del film, e di nuovo la fiducia in noi, nel permetterci di raccontare la sua storia e di "prendere il volante" per un momento. Questa sua grande generosità è ciò che ho trovato più ammirevole.

Come Jeremy White Allen è diventato Bruce Springsteen con l’aiuto del Boss

Non è semplice vedersi rappresentati in un film biografico, specie nelle proprie debolezze. Secondo te cosa ha spinto Bruce a dire subito sì a Springsteen: Liberami dal Nulla quando glielo hai proposto?

Scott Cooper – Il film che Bruce non avrebbe mai accettato di fare è uno su Born in the U.S.A. o Born to Run. Lui stesso ha dichiarato pubblicamente che Nebraska è il suo lavoro più personale, duraturo e, a suo parere, il migliore. E io sono d'accordo. Credo che abbia accettato perché si trattava di un periodo molto specifico e ristretto della sua vita, il capitolo più doloroso. Ha pensato che se il pubblico avesse capito il Bruce del 1982, lo avrebbe capito in un senso molto più ampio. Per questo ha detto subito di sì.

Il film è ambientato in un momento preciso. All'inizio, Hungry Heart passa alla radio e Bruce spegne la musica. Nebraska è un album nato per caso. Possiamo dire che le cose migliori nascono senza pianificazione?

Scott Cooper - A volte, come regista, sono i progetti a scegliere te, perché senti un bisogno impellente di realizzarli. Nebraska è stato così per Bruce. Non pensava nemmeno di stare facendo un disco, ma viveva una vita di così quieta disperazione che doveva farlo. Io, d'altra parte, ho scelto disperatamente di fare questo film. Ma molte scene mi vengono in sogno, che ci crediate o no, quindi non si può mai prevedere tutto.

Jeremy Allen White - Credo che gran parte di questo film riguardi l'onestà e la sensazione di essere un impostore. In quel momento del film, Bruce sta tornando a casa in New Jersey e non riconosce più il posto da cui proviene, né riconosce se stesso. Quella musica non gli suona più onesta. Spegnere la radio è un gesto che nasce da quella sensazione di frode, di non riconoscere l'uomo che ha inciso quel disco. La creazione di Nebraska è stata così istintiva. Come ha detto Scott, Bruce non sapeva cosa stesse facendo, né se sarebbe diventato qualcosa. E q

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uando lavori partendo da quel presupposto, non puoi fare a meno di essere onesto, perché non stai pensando al risultato finale.

Scott accennava al fatto che il periodo raccontato nel film rappresenta un momento cruciale della vita di Bruce. Un periodo personale e molto difficile. Come ti sei sentito quando ti hanno chiesto di interpretare proprio quel lato del Boss?

Jeremy White Allen – Sì, questo periodo delicato dal punto di vista personale, quello della composizione di Nebraska, è al centro del film. enso che sia stato un vero e proprio crocevia nella sua vita. Le scelte che ha fatto nel periodo raccontato dal film gli hanno permesso di vivere la vita che ha avuto negli ultimi 40 anni. Sentirmi voluto da lui e da Scott [Cooper] per questo ruolo mi ha fatto sentire molto fortunato. Mi sono preso un po' di tempo per riflettere, a causa della pressione enorme legata a una figura così iconica. Inizialmente non volevo rischiare di interferire con la relazione che i suoi fan hanno con lui. Poi Scott mi ha detto: "Bruce vuole davvero che lo faccia tu". Ho risposto: “Perché non me l’hai detto prima? Non mi opporrò.” Così ho accettato. Devo dire che Bruce è stato fantastico per tutto il processo di realizzazione del film, mi è stato molto di supporto, anche dopo l’uscita della pellicola.

Per Bruce il successo rappresentava una zona di disagio. Per te, cosa rappresenta?

Jeremy Allen White - Non saprei. Penso che quel periodo, per lui, sia stato un momento di svolta, di onestà. Il successo di critica che ha avuto con quel disco è stato tutto suo. Ha debuttato al numero tre in classifica, ma la sua influenza è durata nel tempo proprio grazie a quell'onestà. È un disco crudo, onesto, e credo sia per questo che è così amato.

Bruce ha lavorato in completa solitudine su Nebraska, sfidando le regole musicali del tempo. Oggi sarebbe possibile realizzare un album simile?

Scott Cooper – È interessante, perché quando Bruce ha fatto Nebraska, il processo standard per quasi tutti i musicisti era andare in uno studio per scrivere e registrare. Quello che ha fatto Bruce, registrando nella sua camera da letto, era completamente non ortodosso. Oggi, molti album vengono registrati a casa. I musicisti hanno la tecnologia per perfezionare la loro voce con l'Auto-Tune. Bruce, invece, inseguiva l'imperfezione. Voleva ricreare il suono che aveva ottenuto nella sua camera. Quando è andato in uno dei migliori studi di registrazione del mondo, i musicisti e i tecnici rendevano il suono "migliore", ma lui era ossessionato dal ritrovare esattamente quel suono grezzo, passato attraverso un registratore a quattro tracce, un Echoplex per un'eco breve simile a quella dei dischi di Elvis che amava, e mixato attraverso un boombox. Tutta questa imperfezione ha dato vita a uno dei migliori album degli ultimi cinquanta anni. Oggi, credo, si possa ottenere un risultato simile premendo un pulsante. Non è triste?

Jeremy Allen White - Sì, penso che Scott abbia detto tutto. All'epoca era un gesto radicale, e per questo il suono del disco è così intimo. Ti senti vicino a Bruce, come se fossi nella stanza con lui, ma allo stesso tempo c'è una distanza inquietante. Oggi che registrare a casa è diventato comune e la tecnologia è così avanzata, non so quale potrebbe essere un modo altrettanto radicale per fare un disco del genere. "Nebraska" è il disco più punk che Bruce abbia mai fatto, non nel suono, ma nello spirito. È questo che lo separa da tutto il suo lavoro.

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Come hai lavorato con il compositore, partendo da un vecchio pianoforte di legno?

Scott Cooper – Il compositore, Jeremiah Fraites dei Lumineers, è un grande fan di Springsteen. Scrivendo la sceneggiatura, ho pensato che la colonna sonora dovesse nascere da "a rabbia giovane di Terrence Malick. Ho chiesto a Jeremiah un suono imperfetto, minimalista, crudo, proprio come Bruce aveva fatto il disco e io stavo facendo il film. Il pianoforte che abbiamo usato era così imperfetto che l'accordatore lo definì "legna da ardere". Ma quel suono era perfetto per musicare lo squilibrio di Bruce, la sua incapacità di creare un rapporto stabile.

Il rapporto con il padre è l’ombra che si staglia su Nebraska e sul tuo film. Quanto l’influenza dei tuoi genitori ha inciso sulla scrittura di questo film?

Scott Cooper – Mio padre mi ha introdotto a tutti i miei gusti musicali: opera, classica, jazz, country, e infine a Bruce Springsteen con Nebraska. Lo ascoltai a diciotto anni, in un momento di grande incertezza. Quando ho letto il libro di Warren Zanes dedicato alla sua realizzazione, mi ha parlato profondamente: l'onestà emotiva, l'incertezza di Bruce, il suo squilibrio, mi sembravano molto simili a come mi sentivo io. E poi il giorno prima di iniziare le riprese, mio padre è morto. Il suo spirito mi ha accompagnato durante tutta la lavorazione. Ho dedicato il film a lui, e penso che gli sarebbe piaciuto molto.

Come stai vivendo le voci su una possibile candidatura all'Oscar?

Jeremy Allen White - È tutto molto bello. Ma, come Bruce quando ha fatto il suo disco, non credo ci si possa concentrare sul risultato finale mentre lavori a qualcosa di così personale. Se saremo abbastanza fortunati da attirare quel tipo di attenzione, sarà bello perché più persone vedranno il film. Ma non voglio concentrarmi su questo. Sono già felicissimo di aver fatto questo viaggio con Scott e Bruce.

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