Anthony Mackie: “Lavorare con Harrison Ford è fantastico, ma ti può anche costare il posto”
Anthony Mackie racconta un’incredibile aneddoto dal set di Brave New World, il nuovo film di Captain America che poggia tutto sulle sue spalle.

Mackie si sforza di salutare e rispondere a tutti gli intervistatori in platea con qualche parola d’italiano. Appena arrivato a rom per presentare mezz'ora di girato del primo film Marvel del 2025 - dopo un periodo senza supereroi Marvel Studios abbastanza prolungato - energico e molto affabile, ma ha degli scatti carismatici non da poco. S'indispettisce un po' quando per esempio arriva via zoom dai colleghi milanesi una domanda complicata per lui che è a Roma per presentare Captain America: Brave New World.
Scherza, risponde divertito, ma non glissa nemmeno sulle domande spinose riguardanti la politica statunitense e la presidenza Trump. D’altronde nel film il suo personaggio, Sam Wilson, il nuovo Captain America, si deve confrontare con un presidente interpretato da Harrison Ford: uno non proprio cristallino, che gli darà filo da torcere ben prima di trasformarsi in Red Hulk.
Anthony Mackie racconta il dietro le quinte di Captain America: Brave New World
Avevamo già visto la promozione di Sam Wilson da Falcon a nuovo Captain America negli ultimi capitoli della scorsa fase Marvel. In Captain America: Brave New World però questa successione entra a pieno regime. Come hai reso effettivo il passaggio dello scudo da Steve Rogers a Sam Wilson?
Anthony Mackie - È l’ultima tappa di un viaggio lunghissimo, cominciato tantissimi anni fa. Il mio primo lavoro su un set risale al 2002, in una piccola produzione: 8 Mile, il film biografico di Eminem. Ero molto orgoglioso, non pensavo sarei mai arrivato a film di questa magnitudo. Poi undici anni fa ho fatto il mio ingresso nel Marvel Cinematic Universe. Era un sogno che si avverava per un ragazzino cresciuto come tanti altri all’ombra di Superman, di Batman…il mio Batman di gioventù fu quello di Michael Keaton.
Essere ora il protagonista di un film di quel tipo per me è un nuovo traguardo, sapere di essere il supereroe a cui guarderanno i ragazzini di oggi è anche una grande responsabilità.
Cosa rappresenta essere il Captain American di questo momento storico per te?
Anthony Mackie - Essere Captain America in questo momento significa molto di più che rappresentare l’America di cui porta il nome. Quello che mi piace, personalmente, è l’emblema di ciò che è questo personaggio. Grazie al comportamento dei primi Cap (Steve e Isaiah), questo supereroe è simbolo d’integrità, di fedeltà a una causa e a dei principi, di moralità.
Inoltre ci restituisce un po’ di positività. Uno dei passaggi più tristi del diventare adulti è perdere la fiducia nel cavaliere che si presenterà in tempo per salvare la principessa dalle fauci del drago. Captain America è quel cavaliere per il pubblico adulto: non importa chi lo incarni. Ti puoi fidare di lui, farà la cosa giusta.
È stato impegnativo prepararsi per il ruolo? Più o meno che per Falcon?
Potrei parlarti di sollevamento pesi, allenamento, ma ti dirò; è stato più impegnativo perché stavolta ho prodotto anche il film, ovviamente insieme ad altri, ma mi ha dato un livello di responsabilità aggiuntiva. Per fortuna alla regia c’era Julius Onah, una persona con cui mi trovo bene e che ha reso questo impegno meno gravoso del previsto.
Lo consideri un rebranding di Captain America, ora che ci sei tu nel ruolo?
No, non direi. Sicuramente è un nuovo inizio, d’altronde il film di cui prosegue la storia s’intitolava Endgame no? Era talmente enorme, talmente finalizzante che…bisognava ripartire da capo. Credo che questo film di Captain America somigli molto al primo film del franchise, Captain America - Il primo Vendicatore. Alla fine è composto dagli stessi mattoncini narrativi, c’è nell’aria un ritorno degli Avengers, per volontà nel nuovo presidente degli Stati Uniti Ross.
Immagino sia una sorta di nex gen, una nuova generazione. Quello che rimane è il tentativo di far identificare il pubblico con il personaggio tanto da tenerlo sull’orlo della poltroncina in sala.
C’è molta attesa per vedere Harrison Ford nei panni di Red Hulk. Com’è lavorare con un interprete così leggendario sul set?
Fantastico! Ovviamente Harrison Ford è una leggenda, quando ci lavori insieme sei sempre un po’ nervoso no? Invece dopo le riprese è un tipo super alla mano…sai che ama molto il cibo italiano? Una volta l’ho invitato a cena fuori e gli ho chiesto cosa volesse mangiare e lui mi ha detto: “Voglio mangiare italiano, sono piatti semplici, genuini.”
Certo, può capitare che costi il posto di lavoro.
In che senso?
Durante la lavorazione di questo film è stata licenziata una comparsa perché non ha saputo gestire l’emozione di stare con lui sul set. Lui fa questo effetto alle persone. Allora, immagina la scena, che vedrai nel film: Harrison entra in una stanza, chiede una cosa a un militare che sta al computer. La comparsa è sulla cinquantina e deve dare un breve feedback a Harrison, una frase.
Ciak, giriamo. Harrison entra nella stanza, dice la battuta e quello rimane muto e lo fissa. Ci sta, si è emozionato, no? Palesemente stava avendo un momento da adolescente che incontra il suo eroe no? Allora si ricomincia. Di nuovo la stessa storia. Al terzo ciak è scoppiato a piangere e Harrison l’ha consolato, gli ha detto: “Sei stato grande non ti preoccupare”.
Abbiamo fatto una pausa e la quarto ciak, rientrando nella stampa, c’era una comparsa diversa. Non l’abbiamo più rivisto, nel film vedrete la seconda comparsa.
Raccontaci un po’ del rapporto tra Sam e il suo presidente Thaddeus Ross. Sam si fida, ma c’è molto scetticismo tra i suoi collaboratori. Riflette un po’ la situazione attuale in cui le persone hanno perso la fiducia nelle istituzioni?
Hanno un rapporto molto complicato da ben prima che si trasformi in Red Hulk. Ross e Sam hanno interagito molte volte nell’universo MCU e non è sempre andata bene. Nel film si parla del ruolo di Ross sin dagli accordi di Sokovia e all'epoca non ha certo aiutato il team di cui Sam fa parte. Ora non c’è più Rogers a fare da paciere, Sam ha la responsabilità. Tuttavia Ross e lui si capiscono perché hanno un background militare simile, sanno essere pragmatici. Poi non significa che debbano sempre andare d’accordo, anche Steve Rogers e Tony Stark litigavano no?
A proposito di leadership…è difficile non pensare a Donald Trump, vedendo questo film in cui Captain America si confronta con un presidente con molte asperità carattieriali. Tu in qualità di nuovo Captain America che consiglio gli daresti?
Gli direi di essere comprensivo e avere compassione per tutti. Secondo me i veri leader più che dire alle persone cosa fare, imparano presto ad ascoltare. Ascoltando le persone per davvero emerge sempre la direzione da seguire.
Mi viene da chiedertelo anche perché in questo film vediamo un attentato. Ci sono così tante connessioni con questa presidenza.
Io credo dipenda più che altro dal fatto che la politica ad alti livelli, lo spionaggio e gli infiltrati sono sempre stati parte del gusto specifico del franchise di Captain America. Pensa a Winter Soldier o a Civil War…sono film d’intrattenimento concentrati sul lato politico dell’essere supereroe, spesso con il complotto tra le alte sfere come forma d’intrattenimento.
Sai, io amo molto Civil War come film proprio per questo. Bucky torna e agli occhi di tutti è un mostro, Steve si deve confrontare con questo e deve interrogarsi rispetto alla sua lealtà al suo paese e quella all’amico a cui è successo qualcosa di orribile.
Giancarlo Esposito è quasi un attore italiano adottivo. Raccontaci come è stato lavorare con lui, che interpreta uno dei villain della pellicola. All’inizio del film lo vediamo mentre cerca di rubare un cilindro che gli Stati Uniti vogliono recuperare a tutti i costi.
Lo conosco da molti anni, sai? Mi sono trasferito a New York quando avevo 18 anni. Giancarlo all’epoca faceva già l’attore di teatro e lo andavo a vedere spesso, lo ammiravo così tanto per le sue interpretazioni in scena.
Quando abbiamo cominciato a lavorare al film e io sono entrato nel team di produzione, ho chiesto se potessimo proporre anche a lui una parte. Non lo vedevo più dai tempi di Fa la cosa giusta, ma ci conosciamo da tipo…25 anni? Per me è stato un sogno lavorare con lui, che è incredibilmente professionale.
Prima parlavi del fatto che Ross vuole mettere insieme un nuovo team di Avengers. Tu chi sceglieresti nel tuo?
Eroi della Marvel o persone vere? Mhhh, partiamo dalle persone vere. Ci metterei tutti i miei insegnanti di recitazione, che sono la squadra dietro al mio successo. Alcuni quando ero giovane mi terrorizzavano, specie se sapevo di non aver studiato abbastanza le battute o di non essere preparato a sufficienza.
Sicuramente ci vorrei qualche tipo cool tipo Steve McQueen e la squadra dei Ghostbusters originali. E Monica Bellucci, l’ho incontrata una volta ed è così bella…immagina lei che entra all’improvviso nella stanza durante lo scontro col cattivo. Lo distrarrebbe immediatamente.