Scissione torna dopo 3 anni d’attesa ed è ancora eccezionale: la recensione
L’attesa di 3 anni e il budget produttivo da milioni di dollari hanno alzato la posta in gioco ma Scissione si conferma una serie capace di gestire con grande intelligenza e gusto la sua complessità crescente.

I ritorni televisivi e i secondi capitoli non sono mai facili, soprattutto quando schiacciati dal peso di aspettative crescenti. Il successo apre possibilità nuove, ma carica di aspettative storie nate lontane dall’attenzione del pubblico, della critica, della stampa. Per fare un esempio recentissimo nel tempo, Squid Game è solo l’ultima vittima della pressione generata da questo sistema, incapace di domare attese ingigantite, di ripetersi e migliorare.
Il regista Ben Stiller e lo showrunner Dan Erickson invece si sono presi 3 anni di tempo e un budget che si mormora abbia pochi precedenti, ma hanno messo sul piatto di Apple TV+ un secondo miracolo: un capitolo due di una serie partita con una stagione stellare all’altezza del suo precedessore. La seconda stagione di Scissione riesce a rilanciare le ambizioni, raddoppiare la posta in gioco e persino, a tratti, a fare ancor meglio in termini di complessità ed emozioni. Un miracolo di cui la piattaforma streaming, ricchissima di serie di grande qualità ma incapace di farle sfondare a livello planetario, aveva disperatamente bisogno.
Il ritorno di Scissione si muove ai livelli della prima stagione
La seconda stagione di Scissione è fenomenale, tanto quanto al prima. Nei suoi primi sei episodi (alla stampa non sono state fornite le quattro puntate finali) compensa ogni sbavatura o piccola impasse con altrettanti momenti in cui, forte di quanto fatto nella prima stagione, scava ancora più a fondo, si libra ancora più in alto. Talvolta si riesce ad anticipare alcuni colpi di scena, ma questo rende la visione ancora più tesa, in un universo narrativo che è uno spettro di consapevolezza tra i vari attori sul campo, dove non sono solo gli scissi ad avere una visione parziale, a venire manipolati.
Come da richiesta dell’emittente, comprensibilmente preoccupata che quanti hanno visto gli episodi in anteprima possano svelare troppo anzitempo, mi asterrò da qualsivoglia specifica sulla trama, per cui così come gli innie della Lumon vi toccherà prendere per vero ciò che vi verrà rivelato. Ovvero che Scissione riesce a tenere insieme l’avanzamento della trama e dell’esplorazione dei sotterranei della Lumon con il mantenimento della complessità che da sempre caratterizza questo titolo fanscientifico.
Arrivano le risposte - in quantità - ma ogni rivelazione è venata dei colori del dubbio. Scissione ampia i suoi orizzonti sia nel piano degli impiegati scissi sia nelle vite dei loro outie, esplorando con attenzione le ricadute del OTD, il protocollo attraverso cui nel finale della scorsa stagione gli innie sono riusciti per la prima volta a dare uno sguardo alla vita delle versioni di sé che vivono fuori dalla Lumon. Come nelle storie davvero ben orchestrate (e come nella realtà degli Stati Uniti e del mondo dominato dalle logiche ultrecapitalistiche delle corporazioni sovranazionali), la verità racconta una realtà così complessa che risulta difficile non finire preda della paranoia. Ancora una volta ci sono passaggi sulla gestione del personale della Lumon di un brutale che ci si chiede con stupore come possano venire da una delle grandi sorelle Big Tech che la Lumon richiama così da vicino.
La breve gita nel mondo “fuori” ha dato agli innie Mark, Helly, Irving e Dylan brandelli di verità che di preciso hanno solo la crescente consapevolezza della loro impotenza rispetto alla loro azienda. Da spettatori abbiamo una visione d’insieme che ci permette di cogliere più di loro la profondità delle macchinazioni e manipolazioni con cui la Lumon gestisce questa crisi d’immagine e di fiducia dei suoi impiegati scissi. Eppure al contempo Scissione ci mostra quanto anche gli outie siano manipolati, sorvegliati, mossi come pedine di una partita che si fa sempre più avvincente, più complessa. Quanto persino noi, che seguiamo la storia da entrambi i lati della barricata, veniamo colti alla sprovvista dalla pervasività di una visione aziendale che da totalizzante diviene quasi totalitaria.
Alternando il punto di vista di chi è fuori e di chi è dentro la Lumon, degli innie, degli outie e di tutte le persone che interagiscono con loro, Scissione fornisce un commentario brutale sulla pervasività che la sfera lavorativa finisce per avere sulla vita delle persone, anche su quelle che fanno parte della dirigenza. Tra i meriti di questa seconda stagione c’è quello di scavare nelle logiche di chi sorveglia gli innie, di chi li considera pedine nel proprio gioco, astenendosi da facili giudizi morali ma sottolineando come, forse, non puoi vendere una bugia così bene senza autoingannarti in prima persona.
Scissione s'interroga sui diritti degli innie e degli outie, senza facili risposte
Se alla Lumon la storia del fondatore Kier è una sorta di vangelo fornito ai dipendenti come credo da seguire alla lettera, non poteva mancare la religione vera e propria, che fa la propria comparsa nell’episodio 6, forse il più bello mai realizzato finora dalla serie. I primi 5 capitoli della stagione 2 infatti sono dedicati a esplorare i limiti tra innie e outie ora che le due parti sono costrette a interagire, a fare i conti con l’altra: che diritti hanno gli uni sugli altri? Di chi è il corpo che condividono? È giusto che le responsabilità di uno ricadano sull’altro? Le risposte che imbastisce Scissione in questo senso, donando la stessa attenzione e complessità a entrambi di doppi della serie, rendono difficile aggrapparsi a qualcosa di univoco e definitivo.
Alle volte basta uno sguardo: la stagione 2 è ricchissima di primi piani in cui spesso leggiamo una verità negli occhi di un personaggio. Capita con il ritorno di Helly al piano scisso, capita in una scena in cui un manipolatore come Milchick si guarda allo specchio e dentro i suoi occhi leggiamo quello che la serie non ci ha ancora raccontato su di lui, ma che diviene improvvisamente chiaro.
Miss Huang è la rivelazione di Scissione 2
Con intelligenza e abilità, vengono introdotti nuovi personaggi che entrano da subito nel tessuto connettivo della stagione, ponendo nuove domande e rendendo il tutto ancor più complesso. Il monologo migliore è riservato a un personaggio che appare solo negli stadi più avanzati della narrazione (ed è un colpo di mano da lasciare a bocca aperta), ma la vera rivelazione della stagione è Miss Huang (Sarah Brook), una ragazzina che accoglie i protagonisti al rientro al piano scisso che fa da braccio destro a Milchick. Gli innie, come gli spettatori, continuano a chiederle attoniti che ci faccia una bambina in ufficio: le risposte sono scarne, ma il personaggio è incredibilmente affascinante nel suo essere spiazzante e disturbante per implicazioni, forte di una performance tutta sguardi straordinaria.
Implicazioni che hanno molto a che fare con i sentimenti e le famiglie, a partire proprio dai Kier, che tra di loro non sembrano meno influenzati dai bizzarri manuali di condotta che hanno creato il culto del fondatore alla Lumon. Dopo il bacio tra Helly e Mark e la separazione tra Irv e Burt, la serie approfondisce ancor di più le complessità di queste relazioni, mettendole a confronto con le controparti outie. La solitudine di alcuni outie si contrappone agli innie che si misurano con le loro decisioni, prendendo le proprie.
A livello tecnico, Scissione rimane ineccepibile e lo fa capire dalla primissima scena. L'apertura del primo episodio riprende l'avvio della serie, trasformandolo in una sorta di falso piano sequenza vertiginoso per lughezza e complessità, con continui cambi di lenti, direzioni, inquadrature, con la cinepresa che insegue Adam Scott e poi l’interprete che a l’opposto entrando e uscendo dal suo campo, come a dire: siamo tornati e pochi possono tenere il nostro ritmo. Preparatevi alla corsa.
Giusto per reiterare il concetto e sfruttare al massimo un budget ancora più ricco, la serie ha un episodio ambientato in esterna dall’ambientazione totalmente inedita,. Un cambio che permette di dare respiro a una serie giocata sulla dualità tra corridoi accecanti nel loro essere bianchi e non descrittivi e case e strade altrettanto impersonali e anonime. Persino la sigla viene rinnovata nelle sue immagini, anticipandoci come la dimensione bizzarra che permea il simbolismo evangelico della Lumon tornerà a regalarci grandi momenti surreali.
Rating: V.M. 14
Nazione: Stati Uniti d'America
Voto
Redazione

Scissione
Con l’importante caveat che a chi scrive non è dato sapere se Scissione riuscirà a mantenere questa impressionante complessità narrativa fino alla conclusione della seconda stagione, quanto visto nei primi sei episodi fa pensare che abbia tutte le carte in regola per chiudere alla grande e confermarsi come una delle migliori serie degli ultimi 10 anni e più. Una delle poche capace di creare una visione totalizzante e di mettere addosso parecchia inquietudine quando, nel mondo reale, un avvenimento o un dettaglio ci ricordano quanto la Lumon sia stata creata a partire da una visione che non è poi così dissimile da quella che ha preso piede nel nostro modo di pensare al lavoro e alle relazioni oggi. In un paio di passaggi la sospensione d’incredulità dello spettatore viene messa un po’ alla prova, ma per il resto Scissione non sbaglia nulla: mai un interprete, una scelta registica, un rilancio. Rimane una serie fantastica, da vedere o recuperare con la massima priorità.