Inganno: recensione della miniserie Netflix con Giacomo Gianniotti e Monica Guerritore

La sfida di Netflix: una miniserie pensata per il pubblico della TV generalista

Inganno recensione della miniserie Netflix con Giacomo Gianniotti e Monica Guerritore

Si parla molto, sui siti e sulle riviste italiane, di Inganno. La miniserie di Netflix con Monica Guerritore disponibile dal 9 ottobre tratta la relazione sentimentale fra una donna over 60 e un uomo molto più giovane. Il tema è quello del pregiudizio amoroso, naturalmente. Si pensa che una donna che frequenta un uomo giovane sia priva di lucidità, soprattutto se abbiente. Nell’era delle cosiddette “truffe amorose”, l’argomento poteva essere interessante. Anche rispetto ai molti casi di cronaca che ne fanno parlare. Peccato che sia più una soap, che una miniserie. E che sia cheap dal punto di vista contenutistico: scritta male, recitata peggio.

La trama di Inganno

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Gabriella (Monica Guerritore, Girasoli) ha tre figli: Nico (Francesco Del Gaudio, La sposa), il più giovane, vive con lei e si dà perlopiù alla vita notturna. Giulia (Dharma Mangia Woods, Natale a tutti i costi) lavora in un ambiente in cui l’aspetto è tutto e nonostante la giovane età continua a sottoporsi a interventi estetici non necessari e Stefano (Emanuel Caserio, Il paradiso delle signore), avvocato, si occupa dell’azienda di famiglia. Gabriella gestisce uno splendido albergo sulla costiera amalfitana, attualmente chiuso perché in fase di ristrutturazione. Quando incontra un uomo molto più giovane di lei, Elia (Giacomo Gianniotti, Grey’s Anatomy) che la seduce e la convince addirittura a sposarlo, i suoi figli mettono in dubbio le intenzioni dell’uomo e credono che la madre si sia fatta circuire.

Quando la qualità dell'immagine e il contenuto fanno a pugni

Inganno: recensione della miniserie Netflix con Giacomo Gianniotti e Monica Guerritore

Qui, da prendere sul serio, ci sono solo i meravigliosi paesaggi, con le riprese aeree che ci mostrano un panorama davvero mozzafiato. Anche gli appartamenti e i costumi sono curati, ma tutto il resto è carente. Si vede la cura produttiva di Netflix, anche per la qualità delle riprese, ma naturalmente scrittura e recitazione sono quel che sono.

La recitazione è quella tipica delle fiction italiane imbrigliate da dialoghi di bassa lega. Tanto che, qui, è impossibile non sentire nella propria mente le note della sigla di Boris (“Gli occhi del cuore, gli occhi del cuore…”).

Non è solo tutto finto, forzato, affettato. La scrittura lascia poco spazio alla naturalezza che si richiederebbe ai dialoghi, ma contiene addirittura errori (“Gli serve”, dice il padre parlando della figlia, anziché “le serve”, e svariate altre cose di questo genere). Inclusi i dialoghi didascalici, quelli che alla prima lezione di Sceneggiatura ti insegnano a evitare ("Se avessimo avuto un altro tipo di rapporto mi avresti parlato di questa situazione").

La colonna sonora che per tutto il tempo accompagna le fasi precedenti allo scoppio della passione sembra quella di un mystery drama. In effetti Inganno viene definito un “thriller sentimentale”. Ma poi si passa alla colonna sonora che prende il sopravvento nelle scene di passione - non mancano le scene di nudo, tanto per non smentire cosa conta davvero nella sceneggiatura - principalmente con canzoni francesi, come se fossero il simbolo stesso della sensualità.

I personaggi: approfondimento psicologico, questo sconosciuto

Inganno: recensione della miniserie Netflix con Giacomo Gianniotti e Monica Guerritore

Di solito i segreti o le vite parallele dei personaggi, in una produzione TV, aiutano a caratterizzarli. In Inganno, invece, resta tutto in superficie. Suona tutto talmente falso da sfiorare il ridicolo. Non scendo in dettagli, perché già so che il target della serie, che coincide con il pubblico della TV generalista: le signore che ammireranno Gianniotti (non a caso a scrivere la serie sono quattro donne) non vorrebbe anticipazioni, ma mettiamola così; il “segreto” di Stefano e di quel passato dei primi anni ’80 che riemerge già a partire dal secondo episodio non sono né scabrosi né intriganti quanto vorrebbero le autrici.

Le discussioni famigliari sono banali e scontate. Non importa se i protagonisti cerchino un cane perso di vista o scelgano un abito da sposa: è tutto costantemente forzato. Enrico Giannotti fa ampio sfoggio dei muscoli, la Guerritore ha ancora una buona dose di fascino, e non a caso è lei la protagonista, ma come coppia sono credibili quanto Stanlio e Olio aspiranti campioni di Triathlon.

La trama è un tantino povera. Non perché non manchino le sottotrame, anzi. È più per la loro banalità. Lei, benestante, sedotta a sessant’anni da un aitante trentacinquenne a caccia di dote, viene considerata incapace dai figli. Mentre sequenze di un misterioso, si fa per dire, passato si mescolano agli incontri amorosi fra Gabriella ed Elia, che coinvolgono poi altri personaggi.

Nico è l’unico della famiglia con l’accento napoletano, e già questo è abbastanza assurdo, ma il vero punto di forza sono le “discussioni” fra i due amanti, finte quasi quanto la loro improbabile storia d’amore. E con alcune fra le scenate di gelosia più patetiche mai viste in TV.

Netflix punta al pubblico della TV generalista

Inganno: recensione della miniserie Netflix con Giacomo Gianniotti e Monica Guerritore

Una storia che ci viene raccontata in sei episodi, tutti infarciti di quelle ingenuità di sceneggiatura tipiche delle produzioni italiane un po’ improvvisate. Dal punto di vista della qualità di scrittura, intendo. Una frase buttata là per farci sapere che Mario, l’ex marito di Gabriella, l’ha tradita con la sua migliore amica. Un’altra per raccontarci che la figlia di Gabriella, Giulia, è un’aspirante influencer. Tanto per dare un tocco di attualità. E un bacio col figlio di Gabriella giusto per complicare un po’ la situazione. Per renderla più ambigua, un po’ come tutto il resto. “Ambiguità” sembra essere, a parere delle autrici, la parola d’ordine per intrigare il pubblico. Spoiler: non funziona, per chi non fa parte del target di riferimento.

Evidentemente, per Netflix è arrivato il momento di provare a conquistare nuovi abbonati, nello specifico il pubblico della TV generalista che ancora non ha fatto "il salto" verso la piattaforma streaming più popolare.

Le scenate, il modo di far sì che Gianniotti sia costantemente a torso nudo (chi ha visto Notte folle a Manhattan sorriderà ripensando a personaggio di Mark Whalberg), i rimpianti di Gabriella mescolati ai fermo immagine dei ricordi… Tutto contribuisce a evidenziare come Inganno sia una produzione rivolta a una specifica fascia di pubblico, che annoierà chiunque non ne faccia parte.

Inganno

Rating: TBA

Nazione: Italia

4

Voto

Redazione

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Inganno

Inganno è la nuova miniserie italiana di Netflix con Monica Guerritore e Giacomo Gianniotti nei panni di un’improbabile coppia separata da 30 anni di differenza d’età e soprattutto dai dubbi dei figli di lei, che considerano la madre vittima della classica truffa amorosa ai danni di una signora benestante. Le ingenuità nella scrittura, la recitazione forzata, l’abbondanza di scene di nudo e la regia convenzionalmente televisiva di Pappi Coriscato per dare l’impressione di provocare continuamente, scambiando l’intrigo con l’ambiguità, fanno di Inganno un prodotto che si rivolge a un target molto specifico: quello della TV generalista. Le signore che ammireranno Gianniotti - costantemente a torso nudo - sono quelle che di solito seguono le fiction sui canali della TV generalista. Resta da vedere se seguiranno anche su Netflix uno dei prodotti pensati appositamente per loro.