The Bridge Curse 2: The Extrication, recensione di un horror tra spiriti e folclore

Benvenuti all'università Wen Hua e ricordate: non trattenetevi oltre la mezzanotte

The Bridge Curse 2 The Extrication recensione di un horror tra spiriti e folclore

Sempre alla ricerca di horror (videogiochi e film / serie TV) che possano risultarmi soddisfacenti, sono infine capitata su The Bridge Curse 2: The Extrication. Conosco il precedente capitolo, senza però aver avuto ancora modo di provarlo, e dopo un'occhiata al trailer ho deciso di correre il rischio. Non sembrava diverso dai molti horror in prima persona che mi sono capitati e non hanno lasciato alcun segno, e in una certa misura è vero. L'impostazione di fondo e alcune dinamiche di gameplay sono le stesse ma questa volta mi sono trovata davanti a un gioco complessivamente soddisfacente.

È stato sviluppato basandosi sul film The Bridge Curse 2: Ritual, dal quale però ha deviato in modo sensibile come spiegherò in un paragrafo dedicato. Nei panni di quattro personaggi diversi, ci dovremo muovere lungo i bui e infestati corridoi dell'università Wen Hua per svelarne il mistero e salvare le nostre vite. Giocando con calma ed esplorando pressoché dappertutto, ho impiegato circa sette ore per concludere il tutto ottenendo quello che penso sia il finale comune. Ce n'è un secondo ma, pur avendo un'idea sul probabile come, non sono riuscita ancora a sbloccare. Al di là di questo, vediamo cosa mette sul piatto The Bridge Curse 2: The Extrication e perché vale la pena provarlo.

Tra fantasmi e folklore

Come accennato, The Bridge Curse 2: The Extrication ci mette nei panni di quattro personaggi giocabili: la giornalista Sue Lian, grazie alla quale veniamo introdotti alla maggior parte delle meccaniche di gioco, e i tre membri del club del cinema, Richie Chen, A-Hai e Wi Zi-nan detto anche Doc. Tutto inizia con la volontà, da parte dei tre ragazzi, di produrre un film amatoriale sui tragici fatti occorsi negli anni '60 proprio nell'università e dove hanno trovato la morte due persone: in particolare, ci si focalizza sull'omicidio della figlia del direttore dell'università, uccisa dal suo allora promesso sposo. Le circostanze attorno a questi fatti sono tutt'ora avvolte dal mistero, come misteriosa è la mano spettrale che appare in un frame del trailer presentato dal club del cinema per promuovere il proprio film. Online scoppia la discussione sul fatto che possa essere una trovata commerciale ma il fatto che l'università sia circondata da leggende inquietanti lascia il dubbio che possa invece essere vero.

The Bridge Curse 2: The Extrication, recensione di un horror tra spiriti e folclore

Qui entra in scena Sue Lian, che investiga sugli eventi degli anni '60 e ha anche ottenuto un'intervista con i tre ragazzi. Con il supporto del bizzarro ma non per questo meno misterioso Sergente Huang, guardiano notturno dell'università, inizieremo a fare le prime, disturbanti scoperte e proprio in quel momento comincerà anche l'incubo apparentemente senza fine che coinvolge tutti e quattro i protagonisti. Ciascuno di loro ha il proprio scenario, sebbene i luoghi si sovrappongano in alcuni casi, e il proprio spettro con cui avere a che fare. Queste entità hanno diverse soluzioni di gameplay per essere eluse, o semplicemente per sopravvivere loro, ma senza dubbio la più potente è un antico manufatto nella forma di una lampada a olio: in termini di gameplay permette di sfuggire all'attacco mortale di uno spirito (ne basta uno per essere uccisi) e ha un tempo di ricarica che va piuttosto a nostro favore purché ci sia modo di nascondersi o prendere tempo per far sì che accada.

Ho giocato disattivando qualsiasi interfaccia a supporto, dunque senza indicatori della visuale dei nemici e di ricarica della lampada, e in questo modo l'esperienza risulta sicuramente più immersiva senza per questo complicarsi. L'audio binaurale svolge un ruolo fondamentale per capire dove sono, sebbene a volte la musica si imponga un po' troppo sulla scena e potrebbe essere meglio abbassarla per avere una maggiore chiarezza sulla posizione degli spettri. Questo vale in realtà per uno nello specifico, con il quale ci sono sempre situazioni da nascondino, e anche per uno specifico momento verso la fine del gioco. Negli altri casi, The Bridge Curse 2: The Extrication si affida a fughe spericolate spesso condite da trial and error, alle quali a volte si mescolano altre meccaniche di gioco come l'uso della lampada per aprirsi una strada, o di talismani per bloccare temporaneamente l'avanzata di chi ci sta inseguendo; è un po' un peccato che ricada in queste soluzioni ma va anche detto che, data l'ambientazione unica (sebbene a tratti alterata dalle forze sovrannaturali che la abitano), non c'è poi molto su cui fare leva. Personalmente, il mio scenario preferito è il secondo, in cui viene coinvolta la cosiddetta “Mad Ballerina”, tanto per ragioni di trama quanto di messa in scena e gameplay.

The Bridge Curse 2: The Extrication, recensione di un horror tra spiriti e folclore

Un altro punto a favore del gioco sono i suoi enigmi. A volte aiutati dalla lampada, nella ricerca di indizi, altre affidandoci al nostro colpo d'occhio, dovremo affrontare diverse situazioni per andare a fondo nella nostra ricerca della verità in un horror che nemmeno troppo lentamente, e pur senza perdere il suo smalto in tal senso, scivola verso un thriller di cui si vuole conoscere ogni dettaglio. In questo bisogna riconoscere l'ottimo lavoro svolto dagli sviluppatori, che attorno a situazioni bene o male già viste nel panorama degli horror videoludici costruiscono una trama in grado di invogliare a proseguire, senza abbandonare le situazioni a loro stesse.

Di fatto, in termini di personaggi e scrittura The Bridge Curse 2: The Extrication è valido. Tutto fila molto bene nella quasi totalità del gioco, salvo un paio di informazioni mancanti alle quali si arriva per deduzione, e i personaggi hanno ognuno la loro personalità nonché generale utilità nel contesto. Ho apprezzato l'interazione che hanno nei confronti di informazioni ottenute o fatti che accadono, accentuando l'immersività dell'esperienza sebbene non lo facciano in tutte le occasioni, e tutti i nodi narrativi vengono infine al pettine tracciando la triste storia che da decenni avvolge l'università e chi al suo interno è rimasto intrappolato. Il folklore si presta sempre bene a questo tipo di esperienze, permettendo di arricchirle con personaggi, fatti ed eventi che esulano un po' da quelle cui potremmo essere abituati. Non è innovativo, questo no perché non è certo l'unico gioco a farne uso, ma fresco a modo suo per il modo in cui riesce a declinare leggende e credenze spirituali in un gioco che non ha enormi pretese eppure funziona in quelli che sono i suoi intenti.

The Bridge Curse 2: The Extrication, recensione di un horror tra spiriti e folclore

Lo stesso uso di jump scare, un mezzo che critico spesso data la semplicità con cui ci sia appoggia per creare paura, è dosato e se a volte può essere anticipato soprattutto da chi mastica horror non manca di cogliere alla sprovvista in alcuni casi. Il grosso del lavoro lo fa comunque la tensione che viene costruita e l'incertezza su quando qualcosa potrebbe iniziare a inseguirci, supportate da un ottimo audio e dalla prospettiva in prima persona – che sebbene permetta di realizzare i giochi più facilmente, dall'altro lato tende a svalutare l'esperienza rendendola fin troppo simile a tante altre. In questo caso, invece, si sposa bene con il resto dando a The Bridge Curse 2: The Extrication quel che serve per differenziarsi il giusto.

Gli spettri inseriti sono pochi, e questo potrebbe essere un peccato, ma attorno a loro viene costruita una narrazione efficace, triste nella sua evoluzione e proprio per questo coinvolgente. Se non nego che mi sarebbe piaciuto vederne altri anche solo per l'originalità che li ha distinti, preferisco in ogni caso averne meno ma ben curati come questi che una varietà di nemici senza tuttavia alcun guizzo.

Differenze con il film

Sapendo che si ispira a un film quasi omonimo, ho voluto prendermi del tempo per vederlo e comprendere le eventuali differenze. La prima è che laddove i due videogiochi non sono pressoché legati l'uno all'altro, i film sì: è necessario vedere il primo per capire un personaggio fondamentale del secondo, per quanto la storia non ruoti attorno a lui. La seconda è che il gioco non è un tie-in del film, che anzi risulta piuttosto blando e delle inquietanti leggende fa solo un accenno, bensì un prodotto realizzato sulla base di alcuni aspetti del film: questi sono stati presi, espansi e inseriti in un contesto più ampio, persino molto più interessanti di quelli trattati nel film. Entrambi partono dalla base dell'università infestata e dell'omicidio avvenuto negli anni '60, ma come poi da qui si dipanino i fatti è estremamente diverso.

The Bridge Curse 2: The Extrication, recensione di un horror tra spiriti e folclore

Se il film mi ha abbastanza deluso, vedere cosa gli sviluppatori ne hanno tratto in termini videoludici me l'ha fatto apprezzare ancora di più. Certo, si potrebbe contestare che The Bridge Curse 2: The Extrication non è poi così diverso da, per esempio, a White Day: A Labyrinth Named School; pur condividendo entrambi l'ambientazione scolastica e folklore di sorta, tuttavia, il primo riesce a creare una storia più coesa con personaggi interessanti e un orrore che non è fine a se stesso ma molto ben integrato nel contesto. Non mi resta che capire se anche il gioco originale è così e, soprattutto, quanto si distanzia dal relativo film.

Versione Testata: PC

8

Voto

Redazione

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The Bridge Curse 2: The Extrication, recensione di un horror tra spiriti e folclore

The Bridge Curse 2: The Extrication è un valido horror, che scivola senza troppa fretta in un thriller di cui si vogliono scoprire i segreti senza per questo dimenticare la sua vena orrorifica. Il fatto che i personaggi abbiano, in un modo o nell'altro, possibilità di difendersi rende l'esperienza più gradevole senza limitarla a un continuo gioco di nascondini o fughe - sebbene il gioco ne faccia uso. La narrazione costruita attorno prende, espande e migliora quella del film al quale si ispira, risultando in una storia coesa, dove tutti i nodi vengono al pettine e alla quale si perdona la poca varietà di spettri proprio per la cura riposta in ciascuno di loro.