Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, la recensione!
Arriva lo spin-off piratesco nel mondo di Like a Dragon, con lo yakuza più folle di tutti!

Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, che trama ci aspetta?
Dopo tanti anni passati a essere considerato un brand di nicchia, quantomeno in occidente, Like a Dragon (ma io preferirò sempre chiamarlo Yakuza) si sta togliendo svariate soddisfazioni grazie al lavoro del team Ryu Ga Gotoku. Dopo l’ottimo Like a Dragon Infinite Wealth, la saga rimane ancorata alla ambientazione delle Hawaii con uno spin off dove il protagonista è Goro Majima, questa volta impegnato nel ruolo di… pirata! Ecco quindi la recensione di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii! Like a dragon, negli anni, ci ha abituati praticamente a tutto. A margine degli episodi principali abbiamo visto titoli di ogni tipo: a volte siamo andati nel passato a impersonare un samurai, altre ancora ci siamo messi nei panni di un avvocato o magari a combattere una apocalisse zombie. Questa volta la trama ci mette nei panni di Goro Majima, il “cane pazzo di Shimano”, uno dei personaggi più amati della serie da sempre caratterizzato da un carattere quantomeno imprevedibile, estremamente incline a eccessi d’ira, violenza ai limiti della follia, ma anche con un proprio codice d’onore che riesce ad emergere nei momenti più drammatici in cui viene chiamato in causa. La trama di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii inizia con Goro alla deriva dopo un naufragio. Oltre ad aver perso tutti i suoi averi tranne i pantaloni, Goro ha perso anche la memoria, non riuscendo a ricordare né il suo nome, né i motivi per cui si ritrova in mare nei pressi delle Hawaii.
Come nel precedente episodio il buon Kasuga Ichiban si era ritrovato naufrago sulla spiaggia di Honolulu, Goro finisce su Rich Island e a trovarlo è Noah, un ragazzino malaticcio che abita sull’isola con il padre Jason e la sorella Moana, La famiglia di Noah gestisce senza troppa fortuna un piccolo bar, dove i pochi clienti sono quasi tutti dei pirati poco raccomandabili che vagano per le isole della zona alla ricerca di qualche tesoro o di qualche altra imbarcazione da depredare. I destini di Goro e Noah si incrociano: il primo non ricorda nemmeno il proprio nome, ma ha un inequivocabile tatuaggio che lo accomuna agli yakuza giapponesi che da qualche tempo si sono sistemati sulla vicina Nele Island, il secondo, nonostante i problemi di salute, desidera ardentemente scoprire il resto del mondo. Pare chiaro come entrambi debbano fare squadra e prendere il mare e l’occasione arriva quando una ciurma di pirati attacca briga con Goro e la famiglia di Noah, occasione perfetta per sconfiggerli tutti e diventare nuovo capitano della loro nave, arruolando Masaru, il loro cuoco e Jason, il padre di Noah che nonostante un'iniziale ritrosia, decide di tornare al timone, visto che in passato si era distinto come cercatore di tesori proprio in coppia con Masaru.
Goro Majima, lo yakuza vestito da pirata
Inizia qui l’avventura di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii e ci porterà a scoprire cosa è successo a Goro e a sfidare i più pericolosi pirati della zona, con tanto di trama che si posiziona chiaramente alla fine di Infinite Wealth. Ma non è solo questo elemento a richiamare l’ultimo episodio della saga principale, perché questo spin off vede muoverci, appunto in diverse situazioni che possiamo suddividere in due macro categorie: per terra e per mare. Da un lato viaggeremo sulla nostra nave, dall’altro attraccheremo sulla terra ferma, tornando alla tanto amata Honolulu, completamente visitabile esattamente come in Infinite Wealth, ma non mancheranno anche diverse isole, compresa Madlantis, una versione piratesca del “purgatorio” dei vecchi Yakuza, dove dedicarsi a svariate attività come il centro di battute (evolutosi con barili esplosivi e palle di cannone) e l’immancabile gioco d’azzardo. Ma facciamo un passo indietro e partiamo dalle basi: che gameplay offre Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii? Se gli episodi principali si sono ancorati su un ottimo sistema JRPG, questo capitolo torna all’action con combattimenti in tempo reale, marchio di fabbrica storico della saga. Goro ha a sua disposizione due stili di combattimento, Mad Dog e Sea Dog.
Il primo si rifà al classico modo di lottare di Goro, tra pugni, calci e l’uso di un pugnale, più una “super mossa” utilizzando la barra ricaricabile “Madness Gauge” dove richiamerà in battaglia i suoi doppi che attaccherano a testa bassa il malcapitato nemico. La seconda ci vede impugnare due sciabole da pirata, più l’uso di una pistola che acquisiremo dopo una data missione e con il già citato Madness gauge potremo sfruttare mosse estremamente spettacolari legate a evocazioni che scopriremo andando avanti con la storia. Il campionario di azioni e movimenti è molto simile a quello già visto in altri episodi “action”, con l’aggiunta del salto che va a rendere maggiori le variabili con cui attaccare e compiere combo. Nonostante qualche piccola imprecisione, il combat system di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii risulta estremamente raffinato e fa tesoro di quanto già visto nella serie, compreso il precedente spin off Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name. La fluidità dei movimenti di Goro è ottima e dopo aver preso un po’ di confidenza con la sua velocità, decisamente maggiore rispetto a quella a cui ci ha abituato Kazuma, ci si diverte a inanellare colpi su colpi contro i malcapitati avversari. Di avversari, appunto, ne troveremo moltissimi, visto che sia Honolulu che le varie isole pullulano di malintenzionati che vorrebbero farci la pelle.
Naturalmente non mancano i vari alberi delle abilità da sviluppare (anche con l’esborso di denaro) e potremo rendere Goro sempre più forte, con nuove mosse e capacità varie, senza contare la possibilità di equipaggiarlo a dovere, compreso un set di anelli di tradizione piratesca. Come avrete già capito, però, la grande novità di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è legata alla gestione della nave, con relativa ciurma e navigazione. Il sistema prende chiaramente spunto dal gameplay visto in titoli come Assassin’s Creed IV: Black Flag e ne ricalca le meccaniche basiche, mantenendo una certa semplicità e immediatezza. Si naviga per mare cercando di raccogliere i materiali che galleggiano, magari sfruttando le correnti per poi gettarsi in battaglia contro gli altri pirati. Cannoni laterali (con mira assistita), speronamenti e mitragliatore, queste sono gli strumenti a nostra disposizione, più gli abbordaggi che, però, si attiveranno solo contro i capitani più temibili. Naturalmente arrivati ad un certo punto della storia potremo migliorare sia la nostra nave che la nostra ciurma e proprio questa inserirà interessanti variabili, visto che ogni personaggio arruolabile ha delle caratteristiche specifiche e, in base al ruolo che gli assegneremo sulla nave, potrà attivare svariati bonus. Inoltre, parlando con i nostri compagni e facendogli dei regali miglioreremo l’affinità con loro, con relativi benefici.
Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, quali sono i pregi e i difetti?
La trama prinicipale di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii viaggia su classici binari, ma non regala particolarti sussulti. A dire la verità, è proprio la storia ad essere il punto debole del titolo, a causa di una narrazione molto al di sotto della media a cui la saga ci ha abituato. Il dramma e i momenti epici sono quasi del tutto assenti e anche quando dovremmo essere davanti a un momento memorabile, questo si rivela poco più che un espediente per mandare avanti la sceneggiatura. Insomma, se siete alla ricerca della classica epicità dei Like a Dragon /Yakuza, resterete delusi. A trainare il tutto è la folle personalità di Goro, personaggio fan favorite e sempre più folle e scatenato, perfettamente a suo agio nei panni del pirata e capace di reggere la scena anche in un contesto narrativo non certo brillante. L’altro “protagonista” è rappresentato dalla solita, enorme, mole di contenuti secondari presenti nel gioco, per quanto molti già visti e riutilizzati. Se, potenzialmente, potreste arrivare ai titoli di coda in venti ore abbondanti, la quantità di missioni secondarie e minigame è ancora una volta in grado di impegnarvi per altre decine di ore. Potrete nuovamente visitare tutta Honolulu con rispettive sale giochi, attività e via dicendo, dove troverete anche una sezione dedicata Masaru e la sua ricerca di un appuntamento romantico, con scene che definire “surreali” è quasi un complimento.
Se, bene o male, conosciamo già quello che ci possiamo aspettare da un Like a Dragon sulla terra ferma, adesso c’è l’aggiunta della sezione navale, grazie alla quale potremo scovare isole del tesoro da depredare e persino scatenarci in una arena di combattimenti navali per diventare i più forti e temuti pirati. Facile capire come la carne al fuoco sia moltissima e che potenzialmente ogni attività secondaria potrebbe impegnarvi per un sacco di tempo. Tecnicamente parlando, anche se il motore grafico proprietario inzia a sentire il peso degli anni, la resa generale è più che buona e a dimostrarlo sono gli elementi già visti in Infinite Wealth che ora godono di maggiore qualità, a partire dall’acqua. Il gioco è fluido e solo raramente si concede qualche singhiozzo. La colonna sonora è ottima, con brani che calzano a pennello con le tematiche e la personalità di Goro.
Ancora una volta ci si gode la buona traduzione italiana dei testi e il doppiaggio magistrale in giapponese, per una immedesimazione completa. Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è un buon titolo e fa egregiamente il proprio dovere intrattenendo per tante ore, ma è uno spin off e tale deve rimanere. Speriamo che il Ryu Ga Gotoku Studio sia sia “sfogato” il più possibile con questo episodio riguardo alle situazioni folli e assurde che da sempre hanno accompagnato la saga ma che, questa volta, non sono state adeguatamente equilibrate da una trama principale capace di essere all’altezza dei temi profondi a cui Ichiban e Kazuma ci hanno abituato. Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è un titolo in cui, tolta questa mancanza, tutto funziona, rendendolo un titolo che consigliamo a tutti i fan della saga che vogliono prendersi una vacanza dal filone principale e hanno sempre sognato di passare qualche folle momento in compagnia di Goro Majima!
Versione Testata: PS5
Voto
Redazione

Like A Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii
Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è uno spin off estremamente divertente, ripieno di contenuti e minigiochi, che va a recuperare molti elementi già visti in passato nella saga di Yakuza e cerca di variarli, oltre ad aggiungere le meccaniche legate alle attività piratesche. Difficile parlare di novità, ma resta il fatto che tutto funziona alla perfezione, a parte qualche difetto di telecamera nelle situazioni più affollate. A deludere è la trama, per quanto sin da subito fosse chiara la vena “caciarona” del progetto. Like A Dragon ci ha sempre abituato a mescolare serio e faceto, ma questa volta la componente drammatica è talmente poco abbozzata da renderla quasi trascurabile. Dal punto di vista tecnico il Ryu Ga Gotoku team ha lavorato egregiamente, spremendo per bene il suo motore grafico e mettendo nuovamente sul piatto una ottima colonna sonora, ma rimane il fatto che la strada intrapresa in questo episodio debba obbligatoriamente rimanere un unicum che non vada a intaccare le tematiche dei capitoli principali. Era lecito attendersi maggiore equilibrio tra le due linee narrative, ma resta il fatto che, per quanto derivativo, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii è uno spin off che funziona e intrattiene per tante ore, soprattutto se ci si lascia trascinare dalle tante attività secondarie. Indossate un buffo cappello e arruolatevi nella ciurma di capitan Goro Majima!