Headhunter

Ogni missione di Headhunter rappresenta un piccolo gioco a sé che richiede un diverso approccio e una uguale flessibilità da parte del giocatore nel gestire le caratteristiche del personaggio principale. Capiterà di scervellarsi su un enigma di memorizzazione davvero ostico (nessun altro particolare per non rovinarvi la sorpresa), di correre a perdifiato per le strade di LA per arrivare in tempo a un appuntamento, oppure di maledire quel boss di fine livello apparentemente insuperabile
La varietà non fa certo difetto al gioco Amuze e dalla grandissima cura riposta nel game design si inizia a comprendere il motivo di uno sviluppo così lungo ed estenuante (circa tre anni andando per stime non strettamente ufficiali). A rovinare in parte una formula altrimenti perfetta concorrono due grossi difetti di natura strettamente tecnica: la gestione delle telecamere e l'invadenza dei caricamenti. Nel primo caso, non si può fare a meno di sottolineare come le inquadrature completamente libere risultino inadatte in un gioco di questo genere, che basa quasi tutto sulla pianificazione dei movimenti. Capita spesso di trovarsi di fronte a un nemico senza averne la più pallida idea, per colpa di un cambio di telecamera che ha deciso per un bel primo piano del nostro Jack in un momento in cui sarebbe stato utile un campo lungo sullo scenario
Utilizzando la modalità Gun si riesce a superare in parte questo ostacolo, ma in certi casi e soprattutto nelle locazioni più anguste l'unica soluzione é quella di affidarsi al radar in alto a destra muovendo il personaggio come all'interno di un labirinto. Sul fronte dei caricamenti, é evidente che in casa Amuze si debba lavorare un po' di più nel settore "ottimizzazioni" visto che Headhunter é frammentato in decine di sezioni, anche all'interno di uno stesso livello, che la console deve caricare singolarmente con pause di ben dieci secondi (cronometrati) l'una
Queste attese, giustificabili in parte dal carico di lavoro affidato al motore, frammentano purtroppo l'azione di gioco, rendendo talvolta noiosa l'esplorazione ripetuta dei livelli

Headhunter
Alessandro Martini
SECONDO COMMENTO
Il timore era che Headhunter si rivelasse un mero clone del noto Metal Gear Solid. Così non è stato: pur presentando un'azione spesso sfacciatamente analoga a quella del gioco di Hideo Kojima, Head Hunter comprende anche un'ottima dose di caratteristiche peculiari che lo rendono un videogame di alta qualità, capace di brillare di luce propria sebbene offuscato da qualche difetto che si poteva evitare. Impegnativo, ben realizzato, mediamente longevo: un gioco che i possessori di Dreamcast non dovrebbero lasciarsi sfuggire.
Stefano Castelli


