God of War: Ragnarok. Chiedere di più è impossibile.

Azione, muscoli

Se God of War rispondeva alla domanda su cosa può fare un padre per proteggere il proprio figlio, con Ragnarok Santa Monica ribalta la questione. Perché qui è Atreus (o Loki, fate voi), a proteggere Kratos da quello che sembra il suo inevitabile destino. E prima di parlare del sistema di gioco e di tutta la parte tecnica, prendiamoci un attimo (o anche più di uno), per mirare all’essenza di questo lungo (lunghissimo) capitolo di God of War, che è riuscito ora più che mai ad arrivare ad una maturità artistica e narrativa di altissimo valore.

Può sembrare un ossimoro, parlando tutto sommato di un action game dove squartare in due gli avversari è praticamente il pane quotidiano ma mai come questa volta le gesta di Kratos e compagnia, riescono davvero a lasciarti qualcosa anche dopo aver spento console e schermo.

God of War: Ragnarok. Chiedere di più è impossibile.

Perché messo da parte il divertimento, il ritmo incalzate, la recitazione e la narrazione perfetta, questa avventura di Kratos parla di genitorialità, di amicizia e di condivisione. Parla di sacrificio e ribellione ma anche, e soprattutto, di perdono e di assoluzione. Temi universali che non è semplice inserire all’interno di un contesto a tratti anche prosaico, ed è proprio per questo che questo monumentale lavoro riesce ad acquisire maggiore valore e diventare un vero punto di riferimento per i giochi a venire.

Ovviamente Ragnarok gioca tutto sulla sponda del primo capitolo targato 2018 e riprende storia e personaggi laddove il viaggio formativo di Kratos e Atreus si era interrotto. Il soldoni, se avete già portato a termine il precedente capitolo vi sentirete come a casa. Personaggi, situazioni, mitologia è tutto là dove l’avete lasciato quattro anni fa. Idem dicasi per il sistema di combattimento che è stato sicuramente raffinato in qualche aspetto secondario, ma che certamente non è stato stravolto nelle sue meccaniche di base.

Non cambia, ovviamente, nemmeno l’inquadratura alle spalle del protagonista, vero punto di svolta di questa rinascita del franchise e che tanto ha portato in nuove dinamiche di gioco, ma che in particolar modo ha dato possibilità al team di sviluppo di costruire attorno a Kratos rinnovate modalità di racconto di una trama che ora non è più un “raccordo” tra una scena d’azione e l’altra, ma che al contrario vi seguirà lungo tutto il vostro percorso prendendosi i giusti spazi per mettervi al corrente di quello che vi sta accadendo attorno e aggiornarvi sugli sviluppi dell’intreccio che, ma come questa volta, è particolarmente pregno di personaggi, situazioni molto lontani dal centro dell’azione.

Un’azione che, per esempio, concederà molto più “minutaggio” al giovane Atreus, che in cerca di risposte sulla propria natura “divina” e per scongiurare l’atroce destino del padre, si staccherà per lunghi tratti dalla direttrice principale per vivere avventure tutte sue, sfoggiando anch’esso un combat system funzionale, capace di vivere di vita propria e non solo come supporto alle azioni di Kratos. Questo, a sua volta, potrà ovviamente fare affidamento al suo classico armamentario, a cui si aggiungeranno piacevoli novità capaci di dare un restart laddove si era quasi arrivati alla convinzione che il gioco avesse detto tutto.

Ed è sempre questo senso di sorpresa, di colpi di scena, di sequenze video perfette e doppiate in modo sublime che vi accompagneranno per tutte le oltre 20 ore di gioco che vi separano dal finale. Ad affiancare il percorso principale ci saranno anche tante sub quest che porteranno Kratos ad affrontare decine di avventure parallele che gli assicureranno preziosi punti esperienza da utilizzare per affinare abilità dirette e potenziare non solo le armi in suo possesso, ma anche quelle del partner che lo accompagna in quella specifica porzione dell’avventura. Come sempre il pannello da cui potremo controllare tutte queste funzionalità è molto ben rifinito, anche se non rappresenta il massimo della linearità, per cui vi occorrerà un minimo di praticantato per accedere in maniera rapida a statistiche e potenziamenti che ricordano molto le interfacce utente di stampo ruolistico.

God of War: Ragnarok. Chiedere di più è impossibile.

Come anticipato anche nella nostra anteprima, anche se tecnicamente sontuoso, resta un po’ il dubbio che l’edizione PS5 con cui abbiamo avuto modo di giocare risenta ancora un po’ delle scorie di una produzione old gen, impedendo a Ragnarok di splendere come dovrebbe. Restano comunque impressionanti alcuni passaggi di ampio respiro (pur rimanendo comunque un gioco dove i corridoi sono piuttosto evidenti), e le fonti di luce capaci di regalare quel tocco di realismo che in più di un’occasione ci hanno portato a mettere il gioco in pausa per ammirare meglio la scena davanti ai nostri occhi.

Imponente anche la mole poligonale di ambienti e personaggi che, letteralmente, prendono vita sotto ai nostri occhi, anche grazie ad un motion capture praticamente perfetto e in grado di trasmettere alla perfezione la drammaticità e soprattutto l’epicità di contrasti, combattimenti e scambi tra tutti i personaggi che troveremo in scena e che qui più che mai troveranno un vero e proprio “posto a tavolo” senza fungere solo da semplici comprimari.

God of War: Ragnarok. Chiedere di più è impossibile.

God Of War: Ragnarok

Versione Testata: PS5

10

Voto

Redazione

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God Of War: Ragnarok

Ragnarok rappresenta la perfetta prosecuzione e conclusione della rinascita di Kratos. Un episodio praticamente perfetto sotto tutti i punti di vista, che non solo riesce ad ampliare e amplificare l’impatto del reboot del 2018, ma introduce nuove e piacevoli dinamiche che lo rendono unico anche per i temi che emergono da una storia frenetica e coinvolgente, ma con una morale di fondo solida quanto il suo protagonista. Arrivati a questo punto, chiedere di più è francamente impossibile.