Videogiocare é diventato un mestiere riservato ai più resistenti. Madidi di sudore a causa dell'ultima adrenalinica sparatoria FPS, i nervi a pezzi per lo stress di gestire intere armate in RTS, i calli alle mani per lo sforzo di tener dritto il volante del nostro bolide virtuale super pompato e un principio di schizofrenia, a forza di saltare da un calciatore o da un cestista all'altro nel tentativo di strappare lo scudetto al dream team avversario, abbiamo quasi dimenticato la possibilità di giocare con calma, soppesando ogni scelta e ogni decisione, sforzando le meningi più che i riflessi o i muscoli delle mani per portare a casa un risultato soddisfacente.
La cartina sul sedile, pronta a guidarvi verso... l'unica locazione disponibile!
Altro che cicche di sigarette! Ho visto favelas più ordinate e pulite...
La nostra Nicole frequenta davvero posti poco raccomandabili
Un tempo, a soddisfare le esigenze degli utenti più cerebrali pensavano le avventure grafiche (indimenticabile The Hobbit per il glorioso ZX Spectrum), poi riconvertite con l'avvento del mouse in “punta e clicca”. Ricordo tra le altre una spettacolare riduzione videoludica di Blade Runner che mi tenne incollato al monitor per decine di ore negli anni Novanta. Ora, invece, pare che siano rimasti solo i puzzle game e i titoli dedicati all'allenamento cerebrale a tenere banco sulle scrivanie dei videogiocatori da pipa e bicchiere di porto, quelli che amano giocare in vestaglia e pantofole, senza patemi d'animo, considerando il confronto con la macchina un utile esercizio per la mente, più che un programma calistenico estenuante per falangi e riflessi neuromotori.
Per fortuna, di tanto in tanto qualche coraggioso sviluppatore ci riprova, presentando sul mercato un buon vecchio giallo vecchia maniera che ci permetta di rispolverare uno schema di gameplay poco frequentato ma mai dimenticato dagli appassionati.
Art of Murder, piccola perla sfornata dalla prolifica casa polacca City Interactive, mostra come anche i produttori minori dell'Est stiano facendo passi da gigante per raggiungere gli standard cari ai più esigenti giocatori occidentali e americani. Il gioco, infatti, non ha nulla da invidiare a titoli del passato fregiati da marchi autorevolissimi, e l'unico dettaglio che rischia di tradire la provenienza slava sono certi maccheronismi nella trasposizione in inglese.
Il personaggio, di contro, l'Agente Speciale Nicole Bonnet dell'FBI, ovviamente algida e bellissima nel suo tailleur giacca pantalone di DKNY da duemila dollari (ma quanto guadagnano ‘sti poliziotti americani; prendi quelli di CSI: Miami, ad esempio, sempre griffatissimi anche quando repertano un cadavere saponificato...), alter ego virtuale sospeso tra Lara Croft e il suo doppio reale Angelina Jolie, é anglosassone fino al midollo. Così come lo é una New York sporca e cattiva che assomiglia all'originale, pur senza mostrare praticamente nemmeno una locazione reale.
La storia, nemmeno a dirlo, c'impone di confrontarci con una inquietante serie di delitti che ci obbligherà a spostarci perfino in Sud America, alla ricerca di una pista che mischia sangue fresco e antichità precolombiane, rubacchiando qualche idea anche al Lucas di Indiana Jones. Poco possiamo dire della trama, che é abbastanza profonda e credibile da non meritare i nostri spoiler, se non che, durante l'intero gioco, non avremo mai la gioia d'incontrare il nostro partner nelle indagini, tale Nick, che si mostrerà più evanescente del Charlie datore di lavoro degli Angeli della serie omonima.
La mazza da baseball sul divano é un tocco di rara finezza...
Dalla Grande Mela alla giungla del Mato Grosso.
Il tailleur di Nicole ricorda quelli di Scully, tranne che per la taglia!
Meglio passare direttamente ad analizzare il gameplay che, servendosi di un paio di centinaia di scene prerenderizzate sparse per una quindicina di locazioni, permette al nostro personaggio, rappresentato in 3D, di spostarsi alla ricerca degli indizi necessari alla soluzione del caso. La pecca più rilevante che possiamo riscontrare é che di fatto, la trama si snoda lungo un percorso rigoroso e inderogabile, obbligandoci a spostarci sempre verso un'unica locazione successiva e basta, e non prima di aver risolto tutti gli enigmi già accessibili nella precedente.
Trattenuta da un guinzaglio invisibile ma robusto per tutta la durata dell'avventura, Nicole appare dunque più adatta come alter ego a giocatori principianti od occasionali, risultando a lungo andare frustrante in senso inverso per chi ama godere di piena libertà nel gioco, a costo di perdersi e di faticare sette camicie per riprendere la retta via delle indagini. Altrettanto invasivo risulta il sistema di aiuti, attivabile attraverso la lente d'ingrandimento dell'interfaccia, che ci aiuterà a mani basse tutte le volte che lo attiveremo, magari alle prese con un enigma che ci appare insuperabile.
Considerato che per chi proprio non resiste alla tentazione di barare o di farsi aiutare un po', esistono i walkthrough in rete, una forma d'aiuto tanto a portata di dito potrebbe francamente sembrare un invito eccessivo a ricorrervi ogni volta che le cose minacciano anche soltanto di farsi più dure. Privandoci a lungo andare del gusto di avercela fatta con le nostre forze, però.
Il comparto tecnico, invece, si difende grazie ad una grafica dei fondali davvero ben fatta, anche se a volte l'eccesso di dettaglio rischia di nascondere oltre il dovuto qualche indizio. Appena meno belle le componenti 3D mobili rappresentate dai personaggi (a proposito: cosa rara in un'avventura punta e clicca, la nostra Nicole correrà il rischio, in un paio d'occasioni, di tirare le cuoia prematuramente e costringervi a ricaricare). Il doppiaggio e la colonna sonora fanno dignitosamente la loro parte, anche se la nostra amica protagonista, dopo un po', potrebbe finire per annoiarvi con la sua abitudine petulante di reagire a pappagallo sempre con la stessa frase di congratulazioni, o di rimprovero, ad ogni vostro ordine.
In assenza, visto il genere di gioco, di un comparto multiplayer, la nostra disamina non può che concludersi con il consueto giudizio finale che non può che essere positivo. Art of Murder é davvero un buon gioco, appassionante e divertente, che risulterà gradito anche, e in particolar modo, a chi finora si era tenuto ben lontano da questo genere di titoli, atterrito forse dall'idea di dover dare corrente ad un numero simultaneo eccessivo di cellule neuronali.
Il sistema d'aiuti e la linearità della trama, infatti, se potrebbero renderlo indigesto alle vecchie volpi delle indagini virtuali, abituate a ben altri bocconi, permettono di contro al neofita di togliersi qualche soddisfazione investigativa senza fondere troppa materia grigia nello sforzo. I requisiti hardware per nulla esigenti, inoltre, rendono il titolo City Interactive un software alla portata di tutte le macchine, dando all'utente la possibilità di farlo girare un po' dappertutto, macchine da ufficio e laptop compresi. Niente male per un gioco venduto ad un prezzo decisamente abbordabile, non vi pare?
Chissà se capirà il mio ispanico-portoricano da Yankee della Costa Est
Da queste parti non sembrano avere problemi di sovrappopolazione...
Ah, le avventure punta e clicca. Quante ore passate a spazzolare con il cursore il monitor alla ricerca di un indizio nascosto in una manciata di pixel mimetizzata tra milioni di altri all'apparenza tutti uguali. Quanta caffeina e zabaioni investiti nella soluzione dell'ennesimo astruso enigma, vincendo la tentazione di cliccare sul comando Uninstall e farla finita, una vola per tutte! Art of Murder ci riporta a quei tempi gloriosi, non più tanto in auge a giudicare dai cataloghi delle software house più blasonate, che invece traboccano di FPS, RTS e MMORPG. E, bisogna dirlo, lo fa con una grazia ed un'attenzione all'utente tutte polacche, sfornando un prodotto gradevole nell'aspetto, avvincente ma non impervio anche per l'utente alle prime armi e alla portata di tutti i PC, incluso quello dell'ufficio che quel tirchio del nostro capo si rifiuta di aggiornare.
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