Masters of the Universe: Forgiare il Destino – Il prequel di He-Man tra guerra, segreti e nuove origini

In un panorama dove i franchise del passato vengono spesso riesumati in cerca di nuova gloria, Masters of the Universe: Forgiare il Destino sceglie una strada sorprendentemente rispettosa. Non quella del reboot sfrontato o della nostalgia a buon mercato, ma un prequel narrativo che punta a ricucire il mito di He-Man con la sua versione moderna, quella lanciata da Netflix con Revelation. Pubblicato da Dark Horse e portato in Italia da Panini Comics, questo arco narrativo in quattro numeri si presenta come la tessera mancante tra il mondo colorato degli anni ’80 e la rilettura più matura e drammatica del nuovo canone. Non cerca di sovrascrivere il passato: piuttosto, lo ascolta. Ne riconosce l’ingenuità, l’iconografia kitsch, il potere archetipico. E lo trasforma in racconto coerente, stratificato, ma ancora intriso di quel fascino semplice da sabato mattina con i cereali in mano e la sigla in sottofondo. Forgiare il Destino è questo: un ponte generazionale tra chi ricorda e chi scopre, tra chi giocava con i Masters e chi li guarda oggi su uno schermo 4K. E funziona, proprio perché prende sul serio tanto la leggerezza quanto la mitologia.
He-Man e Adam: due facce della stessa medaglia
La narrazione di Forgiare il Destino si inserisce con naturalezza in quell’ampio mosaico fantasy-fantascientifico che è l’universo di Masters of the Universe, un mondo sospeso tra magia e tecnologia, dominato da castelli viventi, creature mutanti e reliquie cosmiche. La miniserie sceglie di ambientarsi in un periodo ancora acerbo, agli albori di quello che conosciamo essere il destino del Principe Adam, giovane erede al trono del regno di Eternos e custode di un segreto che lo sovrasta: quando impugna la Spada del Potere e invoca Grayskull, Adam si trasforma nel possente He-Man, il guerriero più forte dell’universo. Nessuno, tranne pochi fidati, conosce questa doppia identità.
Ma il prezzo del potere è alto, e Adam si ritrova stretto in una rete di bugie necessarie. In particolare con Teela, la sua migliore amica e capitano delle guardie reali, da sempre protettiva nei suoi confronti ma inconsapevole del peso che Adam porta sulle spalle. Accanto a loro si muovono figure altrettanto iconiche: Man-At-Arms, padre adottivo di Teela e geniale inventore; Orko, piccolo mago proveniente da un’altra dimensione, fonte inesauribile di disastri comici; Re Randor, sovrano benevolo ma rigido, che guarda al figlio con aspettative sempre più pressanti. E, nell’ombra, Skeletor, il celebre antagonista dal volto scheletrico e dalle ambizioni totalitarie, che non perde occasione per destabilizzare l’ordine di Eternia.
La minaccia stavolta arriva da Anwat Gar, una nazione avanzatissima e chiusa in sé, che custodisce misteri tecnologici e spirituali. È qui che affiorano nuove tensioni geopolitiche, antichi rancori, e soprattutto la figura di Dash-Shel, un giovane combattente destinato a diventare Sy-Klone, il guerriero del vento. L’intera trama si muove tra equilibrio e caos, costruendo un ponte con le serie Netflix contemporanee, senza mai perdere di vista la dimensione più personale del racconto. Quella fatta di identità divise, amicizie che vacillano, e un’eterna domanda: quanto possiamo davvero essere noi stessi, quando il destino ci chiede di essere qualcos’altro?
Un'evoluzione di stile necessaria, più vicina alle nuove generazioni
Dal punto di vista visivo e strutturale, Masters of the Universe: Forgiare il Destino riesce in un’impresa rara: attingere a piene mani dal passato senza esserne prigioniero, ricostruendo Eternia con occhi nuovi ma senza tradirne l’anima. L’artista Eddie Nunez disegna un mondo dove ogni linea è scolpita per evocare potenza e dinamismo. Il suo tratto, fluido e muscolare, si distacca nettamente da quello della storica serie animata Filmation degli anni ’80, dove i personaggi erano rigidi, riciclati a livello di animazione, eppure iconici nella loro semplicità. Qui, al contrario, ogni vignetta pulsa di movimento, di dettagli che restituiscono l’epicità del contesto e l’energia dell’azione.
Rispetto ai vecchi minicomics allegati ai giocattoli Mattel – spesso illustrati con uno stile ruvido, quasi barbarico, e una narrazione più vicina alla sword & sorcery che al cartoon – Forgiare il Destino adotta un approccio più equilibrato e coerente. Non c’è la brutalità estetica dei primi He-Man da edicola né l’effetto fotocopia della serie TV: qui il mondo è vivido, tridimensionale, quasi cinematografico, con inquadrature dinamiche, architetture complesse e un uso del colore – affidato a Brad Simpson – che accende ogni scena come se fosse una splash page continua.
La regia visiva è affiancata da una scrittura che conosce bene le fondamenta del mito, ma le affronta con maturità. Tim Seeley, già noto per la sua capacità di gestire personaggi seriali con una vena personale, qui lavora con rispetto e inventiva. Si percepisce che è cresciuto con questi eroi, ma non si limita a replicare le atmosfere vintage: le rielabora per parlare a un pubblico moderno, mantenendo in equilibrio il tono eroico e quello introspettivo. Prince Adam non è solo il classico “buono” da cartone animato, ma un ragazzo diviso tra il peso del potere e il desiderio di una vita normale. Teela, da semplice comandante delle guardie, diventa coscienza critica del sistema, mentre Skeletor si conferma più manipolatore che ridicolo, lontano dai suoi tic caricaturali dell’epoca Filmation.
E poi c’è Sy-Klone, qui reinventato in modo finalmente coerente, dopo decenni di versioni discordanti tra minicomics, serie 200X e adattamenti UK. La sua evoluzione – dal giovane guerriero al simbolo di un potere antico – viene trattata con un tono quasi solenne, senza rinunciare al gusto visivo che lo ha sempre contraddistinto. Il momento della sua trasformazione è reso come un passaggio di testimone: dal giocattolo al personaggio, dall’accessorio rotante all’icona narrativa.
Nel complesso, Forgiare il Destino non è solo un omaggio nostalgico, ma un esempio riuscito di come un prodotto per appassionati possa avere anche una voce autoriale riconoscibile, moderna e rispettosa. Non stravolge, ma rifonde. E proprio per questo, colpisce nel segno.
Perché Forgiare il Destino merita un posto in libreria
Masters of the Universe: Forgiare il Destino riesce in qualcosa che molti tie-in falliscono nel tentare: dare senso, spessore e dignità narrativa a un prequel. Non è solo un riempitivo tra una serie animata e l’altra, ma un racconto che arricchisce il mondo di Eternia, approfondisce i personaggi e costruisce ponti tra passato e presente. Funziona perché è accessibile anche per chi non conosce ogni sfaccettatura del franchise, ma sa parlare con intelligenza a chi ci è cresciuto, offrendo omaggi, riscritture e dettagli che fanno la differenza.
Convince perché non ha paura di essere semplice, di puntare su una storia lineare ma ben orchestrata, con conflitti chiari e un ritmo che alterna bene dialoghi, azione ed emozione. E convince anche grazie a un comparto artistico sopra la media, dove i disegni di Eddie Nunez e i colori di Brad Simpson riescono a restituire il fascino esplosivo del brand senza mai risultare datati o manieristi.
Certo, i sostenitori più coriacei del vecchio He-Man potrebbero storcere il naso di fronte a una visione più leggera del personaggio. Ma proprio in questo scarto risiede il valore dell’operazione: Forgiare il Destino non cerca di imitare il passato, ma di reinterpretarlo, offrendo un He-Man che non ha paura di crescere, anche a costo di perdere qualche certezza.
Soprattutto, questo albo è consigliato perché rispetta i suoi lettori, vecchi e nuovi, e riesce a fare quello che ogni buona storia dovrebbe fare: farti desiderare che ci sia ancora molto da raccontare.