Renfield, recensione: tanto splatter ma poco altro

Vade retro Dracula!

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Il grande successo dell'Universo Marvel nel corso degli ultimi decenni, ha spinto i grandi studios hollywoodiani a dar vita a propri universi alternativi all'insegna del carnet di personaggi che hanno contraddistinto le narrazioni delle più celebri case di produzione cinematografica a stelle e strisce.

In questo senso la Warner Bros attraverso il suo Dc Cinematic Universe, risulta essere l'esempio più concreto sia nel tentativo di dar vita ad una grande narrazione superoistica e di impronta cinematografica, sia nell'inserire nelle proprie storie tutti i personaggi che hanno contraddistinto i vari film degli ultimi anni su Superman, Batman, Wonder Woman e via dicendo (ed a breve sarà il turno di The Flash).

Un tentativo analogo è stato portato avanti anche dalla Universal, attraverso l'elaborazione di un proprio Dark Universe caratterizzato da tutti i personaggi che sin dagli anni '30 avevano contrassegnato la storia della casa di produzione di Burbank (Dracula, Frankenstein, la Mummia, l'Uomo Invisibile, Dottor Jekyll).

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Il progetto però si è bruscamente arenato dopo i flop cinematografici di Dracula Untold del 2014 e de La Mummia (che tuttora risulta essere uno dei pochi insuccessi commerciale avente come protagonista Tom Cruise), cosa che ha portato la Universal ha ripensare radicalmente i suoi piani.

In questa ottica nasce un film come Renfield di Chris McKay, che non sembra porsi tanto il tema del successo in sala o agli occhi della critica, ma di diventare col passare degli anni un fenomeno di culto.

Sulla falsariga di quei film (allora considerati "minori") coi vari Karloff e Lugosi.

La trama di Renfield

Ci troviamo a New Orleans, in Louisiana: la città del Carnevale. Ma anche dalla forte presenza criminale ed in cui le forze dell'ordine si trovano a combattere contro i traffici della potente (e kitsch) famiglia dei Lobo.

In questa storia di criminalità, si inserisce un aspetto atemporale: quello dell'ex agente immobiliare Renfield che (un secolo prima) era giunto fino in Transilvania per cercare di vendere una celebre magione al Conte Dracula. Ormai Renfield è un immortale, è stato morso da Dracula ed è il suo sottoposto, e ha portato il suo capo negli Stati Uniti.

Procura al Conte il cibo necessario (possibilmente sangue fresco) mentre il terribile vampiro si trova isolato all'interno di un ex ospedale psichiatrico ormai in disuso. Col tempo Renfield però inquadra maggiormente il suo rapporto col conte: lo vede eccessivamente narcisista (ma giusto un po'), aspira a nuove e rinnovate velleità autonomistiche e frequenta corsi di gruppo serali di autoconvincimento per cercare di costruirsi una nuova vita.

Renfield, recensione: tanto splatter ma poco altro

Ovviamente la vicenda si complica perché Renfield si interseziona con quella della famiglia dei Lobo, e sembra nascere un amore tra l'ex agente immobiliare ed un tenace rappresentante della polizia cittadina. Il film aspira al culto, appunto. In primis per la presenza di un attore "controverso" nei panni di Dracula.

Nicolas Cage gioca col suo personaggio del vampiro, fa le facce, le smorfie, quasi rassegnato nell'accettarsi come un attore non all'altezza per la gran parte del pubblico mondiale. Ed è proprio per questo, che punta tutto sulla simpatia.

Se infatti di per sè il personaggio di Dracula come modello letterario si presta ad una molteplicità di letture (da quella di carattere sessuale a quella di natura sociale, in cui il vampiro in realtà rappresenterebbe l'emarginato vittima di una società superficiale e relativista) in questo caso non ci sono letture narrative di comodo: per quanto Cage faccia ridere, per quanto scherzi su se stesso ed il suo trucco è evidentemente dalla parte del torto.

E rimanda (sin dalle prime scene di flashback in cui si vede il suo castello rumeno) proprio all'insegnamento del Bela Lugosi degli anni '30, morto in povertà ma tuttora attore rivalutato da gran parte della critica. In questo senso possiamo dire che Renfield rappresenta per certi versi un'occasione mancata: perché quando si ha a che fare con una materia letteraria ricca e stimolante come quella ideata da Bram Stoker alla fine del XIX° secolo, non c'è bisogno di inventare nessun universo. Bastano i suoi fantastici personaggi.

Renfield, recensione: tanto splatter ma poco altro

E Renfield (che nel film è interpretato da Nicholas Hoult) poteva rappresentare un differente punto di vista su una delle storie di orrore più celebri di sempre.

Ma è come se la Universal (anche a seguito del fallimento del Dark Universe) abbia volutamente volato basso, quasi rassegnandossi ad una minorità strutturale che ha contrassegnato la vicenda dello studio sin dagli anni '30 nei confronti dei veri e proprio colossi dell'intrattenimento cinematografico Usa (Mg, Warner, Paramount e via dicendo).

Renfield è un prodotto piccolo, lavora sulle piccole smorfie, sullo splatter voluto, sulla strizzatina d'occhio orrorifica e sul tentativo di rivalutazione del nuovo Cage/Lugosi.

Ma nulla più.

Renfield

Nazione: USA

5

Voto

Redazione

Il protagonista di Renfield Crediti Universal PicturesSkybound Entertainment

Renfield

Renfield è un piccolo prodotto pulp che più che al successo di pubblico e critica sembra mirare ad un obiettivo definito: diventare una pellicola di culto.