Highest 2 Lowest, recensione: Spike Lee rifà Kurosawa a New York e si diverte da matti
Spike Lee ha una gran voglia di divertire, tanto da trasformare il remake di uno dei più tragici film diretti da Akira Kurosawa in un thriller brillante e cinico, divertentissimo da vedere.

Per capire il titolo di Highest 2 Lowest bisogna guardare a quello con cui venne distribuito negli Stati Uniti uno dei capolavori di Kurosawa. Conosciuto in Italia come Anatomia di un rapimento (1963), uno dei film più tragici del maestro del cinema giapponese è noto negli States come High to Low. Spike Lee nel suo titolo (che con quel 2 suona tanto come un sequel) rilancia: da picchi ancora più alti a baratri ancora più profondi. Stavolta il rapitore non guarda al castello del ricco protagonista, ma al suo attico in un grattacielo newyorkese.
David King (Denzel Washington) infatti è un re sin nel nome, anche se ci sono molte crepe nella sua leadership. Fattosi strada dal Bronx all’Olimpo con un’etichetta musicale di successo che ha coltivato e lanciato moltissimi artisti afroamericani nel mondo della musica, ha il migliore orecchio del mestiere. Eppure si è fatto sfuggire l’artista del momento e la sua etichetta è assediata dai grandi gruppi che vorrebbero acquisirne nome, prestigio e catalogo, sfruttando gli artisti fino all’osso e diluendone la ricca storia musicale nera.
Spike Lee rifà Akira Kurosawa, senza subire il confronto con il maestro giapponese
Proprio mentre si prepara a riacquisire la maggioranza della società per preservarne l’avvenire, qualcuno rapisce il figlio e chiede un riscatto di oltre 17 milioni di dollari.Disposto a tutto per salvarlo, King dovrà poi scontrarsi con la sua stessa ipocrisia quando si scoprirà che per errore è stato rapito il figlio del suo amico fidato e braccio destro (un ruolo ingrato da cui Jeffrey Wright tira fuori meraviglie).
Deciso a dimostrarsi all’altezza della fedeltà dimostratagli in decenni di collaborazione dall’amico, King si decide a pagare il riscatto. Ne segue una lunga sequenza fantastica, che è al contempo la risoluzione della prima parte del rapimento, un West Side Story in salsa cubana e un ritratto unificante di una New York che prende la metropolitana a va a a vedere gli Yankees, ballando e festeggiando per le strade. Se tutta la maestria dimostrata in questo passaggio Lee la utilizzasse per il resto della pellicola, probabilmente Highest 2 Lowest starebbe in concorso. Invece il regista punta più che altro a divertire, lasciando che la parte poliziesca della storia sia così abbozzata e buttata lì da non funzionare nemmeno in chiave satirica.
Quello che invece colpisce e affonda la lama è il ritratto molto puntuale dello stato dell’industria musicale e in generale dell’arte assediata da un parte dall’intelligenza artificiale, dall’altra da una mercificazione dettata dai media, dai social, da una metrica fatta di follower e visibilità. Highest 2 Lowest è il racconto di un patrono e padrino che ha perso sé stesso nel mondo del music business, concentrandosi sulla seconda parte di questa definizione, sui soldi e e sulla finanza, scordando il suo talento di scopritore di voci, che guarda caso sarà cruciale per scoprire chi ha tentato di rapire il figlio.
Lee racconta il cinismo dell'industria musicale contemporanea
Lee è un po’ il King della situazione, facendo da patrono a due artisti musicali a caccia di fortuna nel mondo del cinema: quello di Ice Spice è poco più di un cameo, mentre A$AP Rocky sembra avere davvero qualità da interprete. L’avevamo già visto in Berlinale con un ruolo molto toccante in If I Had Legs I'd Kick You, doveva aveva impressionato in positivo. Qui è più nel suo, ma tiene testa a un Denzel Washington che come Spike Lee - perdonerete il termine poco formale, ma non c’è né uno migliore per descrivere l’atmosfera di questo film - ha una gran voglia di cazzeggiare un po’ divertendosi nel mentre.
C’è un ultimo nome da tenere d’occhio in questo film: quello dello sceneggiatore William Alan Fox, al suo primo script. Seppur con qualche passaggio facilone, dà a Spike Lee un remake che funziona anche e soprattutto nei passaggi del tutto originali rispetto all’opera di Kurosawa, tenendo insieme quella durissima riflessione sulla stortura che il divario economico crea in tutte le relazioni umane. Highest 2 Lowest è un remake solido e credibile perché avendo toni ed esiti molto diversi dal film giapponese, ne condivide lo stesso sguardo cinico, duro, disilluso, sul potere del denaro nelle relazioni umane, la sua capacità di distorcere sogni, speranze e ambizioni.
King è certo l’eroe della storia: un uomo che ha lanciato innumerevoli artisti, che ha restituito molto alla sua comunità e che per giunta non abbandona l’amico nel momento del bisogno, pur avendo un momento di tentennamento. Tuttavia è anche un afroamericano che gira in Rolls Royce e non ha più contatti con il vecchio quartiere, dove invece vive il rapitore. Rinchiuso nel suo appartamento circondato dai suoi Basquiat e dai suoi arredi lussuosi, ha perso contatto con la sua comunità ed è forse per questo che non ha più il polso degli artisti da lanciare.
Lee e Fox guardano con grande acume anche alla fama che l’eroico gesto di King dà al protagonista. Celebrato come un eroe sui social e sui giornali per aver messo la vita del rapito al primo posto, King viene messo alle strette dai suoi soci in affari che lo accusano proprio di aver messo al primo posto i propri valori rispetto agli affari. Pur in tutto la sua rettitudine, pur nel finale positivo e speranzoso, c’è una ripresa, un fugace passaggio rivelatore di quanto il mondo della musica sia schiavo di certe logiche, come tutti noi abitanti di un mondo governato tirannicamente dai social e dalla necessità di apparire. Quando Ice Spice canta accompagnata al pianoforte e King capisce che il figlio l’ha ben consigliato e ha scovato una futura stella. Alza lo smartphone, e lo schermo del cellulare copre l’artista, mostrando invece il suo profilo social, il numero di follower (quello che molte star lamentano essere diventato il discrimine per ottenere ruoli e possibilità), poi abbassa l’apparecchio e guarda la ragazza che canta. Sotto la sua scorza divertita, Highest 2 Lowest è capace di momenti durissimi come questo, per chi sa osservare.
Nazione: Stati Uniti
Voto
Redazione

Highest 2 Lowest
Peccato davvero che Spike Lee sia disposto a impegnarsi il giusto per fare un buon film - finalmente un’aggiunta di pregio per il catalogo filmico di Apple TV+ - ma non abbastanza disciplinato e ambizioso per trasformare Highest 2 Lowest in un film memorabile. Si tratta comunque di un titolo che riesce a tenere insieme una notevole dose di divertimento col il suo humour nero (sia nel senso di cinico, sia in quello di afroamericano e newyorkese doc) a un’analisi molto puntuale e abbastanza pessimista del futuro dell’industria musicale.