A Different Man, recensione: la doppia faccia di una commedia davvero riuscita

Nonostante i tanti precedenti scomodi, A Different Man trova la sua voce e realizza un grande film su cosa ci sia, davvero dietro una faccia impossibile da ignorare. La recensione.

A Different Man recensione la doppia faccia di una commedia davvero riuscita

A Different Man viene presentato a Berlino, a inizio 2024, da A24. Si tratta di un titolo riuscitissimo e avvincente che, complice la nazionalità statunitense che gli garantirà ampia diffusione e popolarità presso critica e pubblico. Potenzialmente potrà andare molto lontano. Fino agli Oscar? È presto per dirlo, ma la qualità c’è e la capacità di stupire e divertire anche, misurandosi con alcuni grandi nomi di cinema e letteratura.

Al suo terzo film e alla prima vera occasione di farsi notare, lo sceneggiatore e regista Aaron Schimberg si cimenta con la storia di un aspirante attore dal volto deforme per una malattia congenita, che conduce una vita solitaria e inconsequenziale a New York. Non si può che pensare, sin dalle premesse a The Elephant Man di David Lynch. A Different Man prende questo tema lynchano (la deformità facciale di un uomo che si riflette sulla sua interiorità) e poi aggiunge un po’ di kafka e un po’ di nevrosi comica newyorkese.

Il risultato è declinato in chiave contemporanea ma, nonostante i tanti rimandi e riferimenti, il film dimostra da subito una forte personalità. A Different Man ha un carattere distintivo, nonostante scelta alcuni topoi molto esplorati in passato al cinema e con scomodissimi precedenti. Si cimenta con il tema del doppio, riflette sulla relazione tra deformità interiore ed esteriore, con frequenti incursioni visive nell’assurdo che un po’ strizzano l’occhio ad Ari Aster, regista che esercita sempre più influenza nel panorama statunitense contemporaneo.

A Different Man, recensione: la doppia faccia di una commedia davvero riuscita

Sebastian Stan interpreta un ruolo all’altezza del suo potenziale

L’attore della Marvel Sebastian Stan ci ha visto lungo decidendo di produrre un film che, come protagonista, gli dà quella parte che gli mancava per farsi prendere sul serio. Con una certa generosità, finisce per fare da spalla ai colleghi Renate Reinsve e Adam Pearson, alle prese con due ruoli infinitamente sfuggenti e affascinanti.

Stan è Edward, un uomo impacciato e bloccato nella sua vita dal suo aspetto distintivo, che cerca di non subire troppo le ripercussioni della grave deformità facciale che lo affligge. Quando incontra Ingrid (Renate Reinsve), l’affascinante vicina di pianerottolo in un condominio fatiscente di Manhattan, tutto cambia. Lei lo tratta con grande confidenza e affabilità, senza mai pietismo o ribrezzo. Nel mentre Edward s’imbatte in una cura sperimentale che, letteralmente, scioglie via la sua vecchia faccia, da cui emerge il volto affascinante e attraente di Sebastian Stan. Un cambiamento radicale, repentino. Edward diventa il fu Edward, direbbe Calvino.

A Different Man però è interessato a mostrare come l’aspetto non ordinario di Edward non fosse il punto del suo essere inconcludente nella vita. Irriconoscibile, Edward si rifà una vita con una nuova identità e nome. Il suo nuova aspetto però fa emergere un diverso tipo di sgradevolezza e banalità umana prima bloccata dal suo (autoinflitto?) isolamento sociale. L’attrazione per Ingrid corona in una relazione dai risvolti amarissimi. Lei ha scritto uno spettacolo teatrale sul suo sé precedente e Edward realizza piano piano quanta incomprensione e feticismo ci fosse alla base del loro rapporto. Disperato, la convince a fargli interpretare il sé stesso dello spettacolo, che però non è (più) lui, anzi: è una pantomima grottesca e vittimista dell’uomo che era stato.

L’incontro/scontro con un “un uomo differente”, Oswald (Pearson), affetto dalla stessa deformità facciale del suo passato, trasforma A Different Man in una sinistra commedia. Di successo, infallibile e insopportabilmente amichevole e comprensivo, A Differente Man introduce con Oswald un riuscitissimo doppelgänger del protagonista, che gli dimostra impietosamente di avere tutte le qualità che lui non ha mai posseduto, neppure ora che la sua deformità è scomparsa.

A Different Man s’interroga anche sulla sensibilità cinematografica contemporanea

Basterebbe la sua scrittura brillante e lo sviluppo a orologeria dei suoi tempi per rendere A Different Man un grande film. Per giunta si rivela anche essere una meta-riflessione molto ficcante dell’eterno dilemma dell’arte attoriale: per interpretare un personaggio con una specificità fisica o caratteriale così distinta, è giusto ricorrere a maschere e trucco? Oppure al contrario l’approccio che vuole sempre l’interprete perfettamente sovrapponibile al personaggio per vissuto e qualità tarpa le ali alle possibilità interpretative? Avendo due interpreti distinti e molto differenti a interpretare due personaggi con deformità facciali - uno con maschere e trucco, l’altro con il proprio volto - A Different Man sonda questo quesito a fondo, come in pochi hanno fatto prima, cavandone fuori un duo che funziona davvero alla grande.

Merita una menzione Stan, che “subisce” il film come personaggio e interprete, ma in realtà fa un grande lavoro interpretativo, messo un po’ in ombra dall’irresistibile ambiguità degli altri due comprimari, anch’essi fenomenali. Ha rimostrato di meritare che si punti su di lui con ruoli di spessore e, come spesso accade, ha dovuto prodursi un film per farlo.

A Different Man

Rating: Tutti

Durata: 112'

Nazione: Stati Uniti

8.5

Voto

Redazione

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A Different Man

Acuto, brillante e molto scorretto, A Different Man non mette mai il piede in fallo, nemmeno quando indulge in qualche visione kafkiana (i strani pezzi di carne che cominciano a colare dal soffitto dell’appartamento di Edward) per illustrare il punto del suo racconto. Divertente, dissacrante, e condotto da un trio d'attori che fanno giustizia a tre personaggi memorabili, è un incubo lynchiano elettrizzante da vivere al cinema.