Una pallottola spuntata è una commedia demenziale dannatamente intelligente: la recensione del sequel con Liam Neeson e Pamela Anderson

Una pallottola spuntata è una commedia demenziale dannatamente intelligente: la recensione del sequel con Liam Neeson e Pamela Anderson.

Una pallottola spuntata e una commedia demenziale dannatamente intelligente: la recensione del sequel con Liam Neeson e Pamela Anderson

Il sequel di Una pallottola spuntata è un’operazione di rara intelligenza nel mettere in scena una commedia demenziale davvero riuscita. Fa impressione innanzitutto parlare di sequel e non di remake a quasi quarant’anni dal primo film di con Leslie Nielsen: correva l’anno 1988 quando Una pallottola spuntata otteneva un vasto successo e due sequel, in un panorama cinematografico in cui la commedia parodica e demenziale era tutt’altro che una rarità.

Una pallottola spuntata è una commedia demenziale dannatamente intelligente: la recensione del sequel con Liam Neeson e Pamela Anderson

Akiva Schaffer è il vero segreto del nuovo Una pallottola spuntata

Oggi invece di commedie con passaporto statunitense se ne vedono molte meno, riciclare vecchi formati e saghe è una necessità rispetto a un pubblico allergico alle novità davvero originali e di parodie o film di taglio demenziale se ne vedono così pochi che li si credeva quasi estinti. Tra i pochissimi a praticare il genere c’è però da tempo un regista poco lodato, ma molto talentuoso: Akiva Schaffer, non a caso dietro la cinepresa di questo ritorno demenziale. Fattosi le ossa con i The Lonely Island (cioè con gli ultimi, geniali eredi del genere negli Stati Uniti), Schaffer si è sempre mosso in territorio commerciale con responsi critici abbastanza positivi. Da Cip e Ciop: Agenti Speciali a Vite da Popstar, alla regia negli anni ha dimostrato di poter allineare la sua conduzione a specifici registri ed esigenze tecniche (l’animazione per i più piccoli, la parodia di un genere pensato per un pubblico molto specifico), senza contare la sua vasta esperienza come sceneggiatore e produttore.

È lui probabilmente l’uomo di Hollywood - onesto mestierante con solide basi e un buon intuito commerciale - da ringraziare per un film che prende le decisioni giuste, anche quando richiedono un modicum di coraggio. La prima, per esempio, è quella di evitare a tutti i costi una strada molto battuta in operazioni di questo tipo: quella di tentare di essere il più trasversali possibile, inseguendo tutti gli spettatori, tentando di non scontentare nessuno nonostante le sensibilità molto differenti.

Una pallottola spuntata ha come priorità quella di far felici i fan della trilogia originale

La priorità del nuovo Una pallottola spuntata invece è fare felici gli estimatori della trilogia originale, rispettandone i dettami Siamo di fronte a tutti gli effetti a una commedia demenziale e parodica del genere poliziesco. Attenzione però a che cosa fa il verso: non al poliziesco di oggi, se non in rarissimi casi, ma a quello che sbeffeggiava l’originale di Liam Neeson. Prendiamo l’ossessiva gag del caffè nel bicchiere usa e getta che i protagonisti si vedono continuamente offerto in un crescendo surreale: è uno stereotipo che appartiene più alla TV di ieri che di oggi. C’è inoltre il rifacimento della lunga sequenza in cui l’auto del protagonista assopito invade marciapiedi prima e negozi poi, intelligentemente declinata sulla novità della guida autonoma.

Una pallottola spuntata infatti si rivolge per la maggior parte a un pubblico che ha come punto di riferimento il poliziesco di un tempo, anche se ogni tanto guarda fino ai millennial: c’è per esempio una lunghissima battuta che strizza l'occhio solo ai più puntuali spettatori affezionati alla serie Buffy, che invece passerà sopra le teste al resto della sala. Attenzione: parliamo dei millennial più stagionati, che ormai vanno per i quarant’anni d’età. Il film non cerca di tirar dentro adolescenti e più piccoli e, così facendo, può permettersi di giocare con la linea di ciò che è politicamente scorretto, spingendosi un po' oltre ciò che è considerato accettabile. Da tempo non si vedeva dell’ironia ai danni di bambini con un sottofondo violento, una scarsa affinità con gli animali, un’insistenza reiterata sullo stato di perenne arrapamento del protagonista e del suo partner lavorativo, una completa mancanza di riferimenti al mondo mondo queer e via dicendo.

Una pallottola spuntata è una commedia demenziale dannatamente intelligente: la recensione del sequel con Liam Neeson e Pamela Anderson

L'intelligenza di Una pallottola spuntata si misura nel ruolo che offre a Pamela Anderson

Una pallottola spuntata insomma è quella commedia demenziale di stampo commerciale - quindi visivamente non particolarmente rifinita, anche se fa il suo - che la critica statunitense sta già elogiando per il suo ritmo laugh-a-minute, una risata al minuto, per la pioggia incessante di battute che il film insegue con insistenza. Quel che però la rende fresca e più sottile del previsto è che, con grande malizia e arguzia, in realtà opera un bel aggiornamento di quel modello.

L’esempio più evidente è la scelta di una Pamela Anderson che si conferma in gran forma dopo il rilancio di The Last Showgirl come femme fatale del film. Dopo la vita tumultuosa vissuta negli anni ‘90 e le angherie subite dal mondo dello spettacolo, l’attrice è più che accorta nello scegliere i ruoli. Quello che il film le regala al fianco di un Liam Neeson impegnato al suo meglio come non lo ricordavamo da tempo è un'ottima controparte femminile. Non è la bellona impossibilmente giovane piazzata nel film per essere sexy e fingere di essere scema. Pur avendo comunque quindici anni in meno di Neeson, riesce difficile ricordare l’ultima bomba sexy quasi sessantenne piazzata in un ruolo simile, a cui per giunta viene dato anche spazio comico con le sue gag e le sue battute da far funzionare. È invece ottimo come sempre, anche se molto sottoutilizzato, Paul Walter Hauser nei panni del poliziotto partner del protagonista Frank Drebin Jr, figlio del protagonista della prima trilogia di cui ha ereditato anche il lavoro.

Nella sua essenza, Una pallottola spuntata è un film che parla soprattutto a quella generazione che oggi identifichiamo con l’etichetta di boomer. Non è il primo a farlo, ma è quello che lo fa con più intelligenza ed efficacia, comprendendone paure e risentimenti (la tecnologia, i giovani, il politicamente corretto e via dicendo) ma fornendo una visione non troppo indulgente, più proattiva e sotto sotto al passo con i tempi. Se poi aggiungiamo un minutaggio modesto (appena 85 minuti) e l’impegno profuso per rendere il film più ricco possibile di gag ma qua e là anche tenero, romantico e mai passatista, non c’è davvero di che lamentarsi.

Una pallottola spuntata

Durata: 85'

Nazione: Stati Uniti

7

Voto

Redazione

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Una pallottola spuntata

Una pallotta spuntata è un tipo di operazione che meriteremmo di vedere almeno una volta al mese in sala: un film commerciale dalle ambizioni e dai limiti chiarissimi, che sa individuare con precisione il suo pubblico, coccolandolo senza però indugiare in un vuoto passatismo. Scritto e diretto da professionisti dal lungo curriculum e dal genuino entusiasmo, il sequel dello storico film del 1988 trova in Liam Neeson una scelta di casting inaspettatamente convincente, ma a brillare è anche una Pamela Anderson che si prende il suo, anche in campo comico. Demenziale quando serve, ma sempre intelligente.

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