Acque profonde, la recensione: il grande ritorno di Adrian Lyne naufraga nonostante Ana De Armas e Ben Affleck

Il grande ritorno del regista Adrian Lyne al thriller erotico manca completamente il bersaglio: Acque profonde non riesce a essere né sensuale né fonte di tensione, qua e là scivolando nel ridicolo. La recensione.

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Il ritorno di Adrian Lyne sulla scena dopo anni di silenzio con un film del suo genere d’elezione - il thriller erotico - avrebbe potuto essere un titolo chiave per rivitalizzare un genere popolarissimo negli anni ‘80 e ‘90. Invece Acque Profonde rischia di essere l’ennesimo chiodo nella bara di un cinema statunitense molto in difficoltà nel raccontare la sessualità senza imbattersi in stereotipi o problematici.

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Il ritorno di Adrian Lyne al thriller erotico

Lui, lei e l’ombra del sospetto criminale: Lyne ha conquistato in passato la propria popolarità grazie a pellicole “calde” ma anche di grande tensione come Attrazione fatale e Proposta indecente. Ha inoltre firmato un cult della cultura popolare anni ‘80 come Flashdance, che ritrae sì il mondo della danza, ma ancora una volta con il corpo al centro, senza negare la sensualità del ballo. Pellicola cult degli anni ‘80, Flashdance puntava sul dinamismo e sull’energia della danza in una memorabile scena in cui la protagonista Jennifer Beals danza scatenata di fronte a una commissione di esimi professori sulle nome di What a feeling?

La prima cosa che viene da chiedersi vedendo Acque profonde è dove sia finito quel dinamismo, quella capacità di intrappolare energia cinetica in potenziale cinefilo. La pellicola si apre con il protagonista Ben Affleck che si allena con la sua bici per la città, rientra a casa, si confronta con la moglie interpretata da Ana De Armas. Il tutto è lento, piatto, fotografato e montato senza un chiaro crescendo, con un palette di toni neutri e anonimi.

La presenza di Ben Affleck e la trama tratta da un romanzo di Patricia Highsmith (rifinito e adattato dal Sam Levinson di Euphoria e Malcom&Marie) rivela ben presto quale sia il riferimento a cui il film guarda o forse è costretto a guardare: L’amore bugiardo di David Fincher. Dal suo arrivo in sala nel 2014, il thriller tratto dal romanzo best seller di Gillian Flynn e diretto dal regista di Fight Club e The Social Network è diventato un punto di riferimento ineludibile nel genere, specie quando a essere adattati sono romanzi nati sulla falsariga del successo di Gone Girl di Flynn. La donna alla finestra, La ragazza del treno e tanti altri: nel genere thriller in tanti hanno provato a rimettere al centro una donna dai tratti ambigui quando non apertamente sgradevoli, ma nessuno è mai andato davvero vicino alla bellezza formale e all’impatto culturale del duo Flynn&Fincher, veri maestri contemporanei del genere nei rispettivi media.

Acque profonde, la recensione: il grande ritorno di Adrian Lyne naufraga nonostante Ana De Armas e Ben Affleck

La trama di Acque profonde

Vic e Melinda sembrano una coppia perfetta e senza problemi: lui si è arricchito vendendo chip per droni militari all’esercito, lei è la sua bellissima ed esuberante compagna che gli ha dato un’adorabile bambina. Anima delle feste e incline a ubriacarsi, Melinda è al centro del gossip tra gli amici della coppia per come, ostentatamente e pubblicamente, flirti con altri uomini, proprio di fronte al marito Vic, che sembra impassibile.

La realtà della coppia è ben diversa e costruita su un pericoloso gioco di potere. Vic è pazzo di Melinda, lei misura le sue provocazioni nei suoi confronti, lasciandolo costantemente nel dubbio se lo stia davvero tradendo e se si prepari a lascarlo per un altro uomo. Quando la gelosia divampa in lei, Melinda concede a Vic fugaci momenti di grande passione, ma solitamente lo stuzzica e poi si nega.

In questo tortuoso gioco di potere, manipolazione e seduzione, qualcuno comincia a notare che gli uomini che Melinda avvicina e seduce tendono a scomparire nel nulla e comincia a sospettare di Vic. È davvero un pluriassassino a sangue freddo o sono le circostanze a farlo sembrare colpevole?

Acque profonde: una copiatura mal riuscita di Gone Girl

Impossibile non pensare dunque al film di Fincher, dato che anche questa pellicola si gioca sul volto di Ben Affleck impassibile e talvolta sinistro e sull’annosa domanda: è davvero un violento assassino? Sua moglie è in pericolo? L’impressione è che si sia ricorsi a un romanzo allusivo e ricco di ambiguità di una penna collaudata al cinema come Patricia Highsmith (Carol, Il talento di Mr Ripley, I due volti di gennaio), dando poi indicazione al regista di seguire un esempio ancor oggi difficilmente replicabile.

Acque profonde non sembra avere le finanze o i mezzi tecnici per inseguire il perfezionismo stilistico proverbiale di David Fincher, rifugiandosi dunque in una scelta cromatica e compositiva che sembra mimare il presente, ma senza averne davvero il polso. Sarebbe stato meglio lasciare mano libera a Lyne, il cui stile nel frattempo ha assunto i desiderabili contorni del thriller vintage.

Acque profonde, la recensione: il grande ritorno di Adrian Lyne naufraga nonostante Ana De Armas e Ben Affleck

L’errore madornale di questo film, che sbaglia completamente tono e finisce per sembrare spesso ridicolo, è quello di tornare all’approccio tradizionale, quello che mette al centro lo sguardo maschile. La vera “rivoluzione” era stata quella di raccontare donne misteriose e ambigue ribaltando il punto di vista, dando loro le redini del racconto. Melinda invece è l’ennesima donna discinta che risulta insulta e incomprensibile perché né il marito né il film che la racconta sembrano capirne la psiche. Se a metà film il punto di vista fosse cambiato, passando da lui a lei, la pellicola ne avrebbe enormemente giovato, anche perché una volta chiarito il mistero sulla possibile colpevolezza di Vic, il ritmo della pellicola subisce un tonfo e gli ultimi 20 minuti di Acque Profonde sono un vero calvario.

Forse la responsabilità va ricercata nel co-sceneggiatore Sam Livingston, che era incappato in un problema simile in Malcom&Marie. In quel film una coppia di professionisti dello spettacolo rientra da una prima cinematografica e si parla addosso per ore, accusandosi reciprocamente di tutto (vero o immaginario), ma con un approccio che via via diventa manierista e scade nell’involontario imbarazzo.

Ben Affleck si ritrova a interpretare - con tante impasse - la versione peggiore dello strepitoso protagonista di L’amore bugiardo, Ana De Armas ad affrontare scene sensuali senza passione e anche parecchio castigate, che sfruttano la sua bellezza ma chiedono pochissimo al suo talento, che invece abbiamo potuto apprezzare ampiamente in Knives Out e No Time To Die.

Acque profonde, la recensione: il grande ritorno di Adrian Lyne naufraga nonostante Ana De Armas e Ben Affleck
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Redazione

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Acque profonde, la recensione: il grande ritorno di Adrian Lyne naufraga nonostante Ana De Armas e Ben Affleck

Acque profonde è ora tedioso, ora ridicolo. Non ci siamo: Adrian Lyne qui è irriconoscibile, assestando un colpo quasi fatale alle possibilità che qualcuno si metta seriamente a rivitalizzare e rimodernare il filone dei thriller erotici, ormai tenuto in vita solo dalla sfacciata attitudine cinematografica di un gigante come Paul Verhoeven. Il delitto vero è sottoutilizzare così una star di grande potenziale come Ana De Armas.