Fatherhood – Provata la Demo: Un Abbraccio tra Stealth e Dolore

Guidare una figlia cieca in un mondo in guerra: ecco perché la demo di Fatherhood merita attenzione.

Fatherhood  Provata la Demo Un Abbraccio tra Stealth e Dolore

In un panorama videoludico che ha già raccontato la guerra dal basso con titoli come Valiant Hearts e This War of Mine, Fatherhood sceglie di spostare l’attenzione su un padre qualunque – Basir – e sulla sua figlia cieca, Asma, trascinando il giocatore in una fuga breve ma potentissima.

La demo pubblicata su Steam (e legata alla campagna Kickstarter) dura meno di mezz’ora, ma basta a far intuire la sua impronta: niente eroi armati fino ai denti, bensì stealth “di sopravvivenza”, un abbraccio che diventa meccanica di gioco e un’angoscia costante che trapela da una direzione artistica low-poly essenziale. Qui analizzeremo insieme la premessa narrativa, le meccaniche emotive e di furtività e, infine, le impressioni tecniche emerse dalla prova su PC: tre filoni intrecciati da un’unica domanda: quanto sei disposto a sacrificare per chi ami quando la guerra bussa alla porta di casa?

Fatherhood – Provata la Demo: Un Abbraccio tra Stealth e Dolore

Narrativa E Setting – Sopravvivere Senza Perdere L'Umanità

La demo si apre con Basir in un salotto spoglio: sul televisore passa un bollettino d’emergenza che invita la popolazione a restare in casa perché tutte le strade sono bloccate. Le finestre tremano a ogni eco di colpi di mortaio; fuori, la città – un agglomerato desertico di chiara impronta mediorientale – sta cedendo sotto un assedio di cui non conosciamo né fazioni né motivazioni.

Dopo appena sei minuti di gioco, la devastazione lascia il posto a una scena ancora più straziante: Asma, sola tra macerie e auto in fiamme, tende le braccia verso il vuoto in cerca di un abbraccio che plachi la sua ansia. È il primo contatto tattile – più potente di qualsiasi dialogo – che sancisce l’asse emotivo su cui ruoterà l’intera esperienza.

I vicoli che Basir percorre mostrano cadaveri abbandonati, saracinesche divelte, fumo che graffia il cielo. Sparse tra gli interni, lettere e appunti (una è datata “Agosto 2013”) raccontano di villaggi isolati, scorte agli sgoccioli e speranze riposte in elicotteri mai arrivati. Frammenti che tratteggiano un conflitto esteso ma indistinto, forse Afghanistan, forse altrove.

Tutto suggerisce che la storia completa verterà sulla fuga di padre e figlia verso un luogo sicuro, con la possibilità – almeno accennata nella demo – di aiutare o ignorare altri sopravvissuti incontrati lungo il cammino. La scelta di tendere la mano o tirare dritto diventerà probabilmente un barometro di umanità in un mondo che spinge verso l’egoismo puro.

La grafica low-poly semplifica le forme ma amplifica i silenzi: le sagome dei protagonisti emergono come ombre luminose in un ambiente che si sgretola. Sirene, passi di soldati fuori campo e il respiro affannoso di Asma sostituiscono qualsiasi colonna sonora trionfale: Fatherhood non celebra l’eroismo militare, ma la tenacia di chi, privo di armi, attraversa le crepe della guerra per un gesto elementare – proteggere chi ama – domandandosi fino a che punto la violenza altrui possa costringerci a rinunciare alla nostra parte migliore.

Meccaniche Emotive E Stealth – Sopravvivere Senza Armi

Tutto in Fatherhood ruota attorno al contatto fisico fra Basir e sua figlia. Tenere la mano di Asma non è un semplice comando contestuale: è la condizione stessa della sopravvivenza. Appena la distanza fra i due si allunga, la tensione emotiva invade lo schermo: i colori si scolorano, il bordino dell’inquadratura vibra, l’immagine vira verso un bianco-e-nero graffiato che rende impossibile ignorare il panico della bambina. Per placarlo serve un gesto altrettanto fisico: l’abbraccio. Bastano pochi secondi stretti l’uno all’altra perché la saturazione torni a riempire le texture low-poly e il respiro di Asma si faccia di nuovo regolare nelle cuffie.

Fatherhood – Provata la Demo: Un Abbraccio tra Stealth e Dolore

Questa fragilità impone uno stealth “da civile”. I soldati pattugliano con un cono visivo ben marcato, ma Basir non ha armi né gadget: deve leggere il ritmo dei passi nemici, sfruttare muri crollati e carcasse d’auto, depositare se necessario la figlia in un angolo ombroso, attirare l’attenzione altrove e recuperarla prima che la grafica si deformi del tutto. Ogni incursione è una breve corsa contro il tempo, ed è in questo caso che si percepisce il peso di ogni scelta, perchè muoversi senza senso finisce quasi sempre per far finire i due tragicamente uccisi.

Fin dalle prime battute la demo introduce due decisioni morali che lasciano intravedere un sistema di conseguenze: soccorrere un soldato ferito permette di rincontrarlo più avanti, in un campo minato; ricambiato il favore, l’uomo disinnesca gli ordigni e apre un passaggio altrimenti mortale. Poco dopo, fra le macerie di un palazzo, un padre disperato chiede aiuto per ritrovare il figlio: assisterlo rallenta l’uscita dalla zona rossa e, per ora, non sappiamo se quell’atto tornerà a nostro vantaggio. Le scelte non sono numerate né pesate da indicatori di karma: il gioco si limita a farci convivere con le conseguenze, positive o meno.

La demo termina in un lampo se si punta dritti all’uscita, una quindicina di minuti scarsi, ma se si esplora ogni vicolo o si rigioca per testare alternative, il tempo si dilata fino a mezz’ora. In entrambi i casi emergono con chiarezza le intenzioni del team: trasformare gesti quotidiani, prendere una mano, stringersi in un abbraccio, nell’unica arma davvero efficace contro un mondo che sembra aver perso ogni traccia di colore per via della guerra.

Direzione Artistica E Colonna Sonora – L’Essenza Nelle Crepe

Il colpo d’occhio parla chiaro: Fatherhood è ancora un work-in-progress. Il suo low-poly essenziale funziona già da dichiarazione d’intenti, ma rivela pure bordi grezzi, animazioni che talvolta scattano e superfici ancora da rifinire. Proprio questa ruvidità, però, regala al contesto di guerra una crudezza quasi documentaristica, come se ogni frattura nel modello fosse una crepa reale nel cemento.

La palette sceglie toni spenti fin dall’inizio e li prosciuga del tutto quando Basir si allontana da Asma: l’immagine vira in un bianco-e-nero disturbato che sostituisce le classiche barre di stamina o ansia. È il mondo stesso a gridare il bisogno di un abbraccio, e il ritorno del colore diventa il premio visivo per chi protegge il legame padre-figlia.

Fatherhood – Provata la Demo: Un Abbraccio tra Stealth e Dolore

Sul fronte sonoro, la musica resta trattenuta, quasi timida, lasciando che a guidare la tensione siano rumori diegetici come un vetro che scricchiola, un colpo di tosse, il respiro accelerato della bambina. Nell’abbraccio tutto si ovatta, emergono i battiti di Asma e una nota calda di archi che dura il tempo di un sospiro, poi svanisce di nuovo dietro ai singhiozzi della città.

A ricordarci lo stadio embrionale del progetto resta l’interfaccia basilare: poche icone statiche d’inventario, testi provvisori, nessuna sovrapposizione che guidi la mira dei comandi. È un minimalismo che, per ora, denuncia più la mancanza di polish che una scelta stilistica definitiva, ma basta a far intuire quanto lavoro ci sia ancora da fare prima che le crepe smettano di sembrare difetti e diventino parte organica del racconto.

 

Fatherhood

Versione Testata: PC

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Fatherhood

Breve, ruvida, ancora acerba, la demo di Fatherhood mostra già un cuore enorme. La fuga di Basir e Asma colpisce più di mille esplosioni: basta un abbraccio per far tremare lo schermo. Mancano finiture, l’interfaccia è scheletrica, ma l’anima c’è. Se cercate un war-game che parli di vite, non di vittorie, tenetelo d’occhio e, magari, dategli fiducia.

 

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