Anteprima Sekiro: Shadows Die Twice

Una panoramica sulla nuova IP di From Software a poco meno di un mese dal lancio.

Anteprima Sekiro Shadows Die Twice
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Chi non muore (due volte) si rivede

Manca ormai meno di un mese al lancio del nuovo prodotto di From Software. Scetticismo e interesse si sono alternati fin dal misterioso reveal trailer, in occasione dei Game Awards 2017, e ancor di più quando, durante la conferenza stampa di Microsoft all'E3 2018, l’enigmatico “Shadows Die Twice” ha mostrato la sua natura effettiva: Sekiro, un’IP completamente nuova.

Scetticismo perché i tanti fan di Miyazaki e FS inizialmente fantasticavano (e continuano a farlo) su un possibile Bloodborne 2; curiosità perché in Sekiro si è rivista l’essenza di un franchise dall’alto valore nostalgico con cui, a più riprese, il team con sede a Tokyo ha avuto a che fare, Tenchu. Fantasie alimentate dal connubio tra Activision e From Software (già “assieme” in passato proprio per la serie che narra le vicende di Rikimaru, Ayame & Co.).


E nei piani iniziali Sekiro, stando a quanto rivelato dal Community Manager Yasuhiro Kitao, sarebbe effettivamente dovuto essere un nuovo Tenchu:

"Quando abbiamo deciso di creare qualcosa di diverso rispetto a Dark Souls e ai nostri precedenti titoli, pensavamo sarebbe stato interessante realizzare un gioco ambientato in Giappone. Stabilita l'ambientazione, è stato naturale muoversi nella direzione degli shinobi e dei ninja; naturalmente Tenchu era una proprietà intellettuale con quel tipo di storia. Il progetto è dunque partito in quella maniera. Procedendo con lo sviluppo, parlandone con Activision, plasmando insieme questa esperienza, il gioco ha però assunto una propria personalità, prendendo le distanze da Tenchu. Si è evoluto in qualcosa di nuovo e di peculiare."

Possiamo ritenere Sekiro l’Erede Spirituale di Tenchu? Sì… ma più che di un nostalgico ritorno al passato, si tratta di un’evoluzione naturale del genere souls-like che già con Bloodborne aveva posto le basi per un sistema dinamico, più action ma capace di mantenere un livello di sfida sopra la norma.

A essere onesti, è qualcosa che abbiamo già visto nel NiOh di Team Ninja e Koei Tecmo. Non ce ne vogliano le due aziende ma con From Software le aspettative, in termini di qualità complessiva, sono maggiori di quelle che abbiamo avuto per le pur ostiche, divertenti e riuscite avventure di William.


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Un Protagonista ben definito

La collocazione temporale dell’avventura è l’affascinante Epoca Sengoku, setting a più riprese utilizzato nei media d’intrattenimento, che si tratti di pellicole cinematografiche o di videogame. Il carisma del Giappone Feudale del XVI secolo tra Ninja, Samurai, Daimyō e Mitologia Nipponica è estremamente funzionale e l’abbiamo appurato (con qualità altalenante) anche nel recente periodo, attraverso l’intramontabile serie Dynasty Warriors giunta al (deludente) nono episodio, con Warriors Orochi 4, il suddetto NiOh e la Remastered di Onimusha: Warlords.

From Software, per raccontare la storia di Sekiro, ha scelto così di abbandonare il fantasy medioevale dei Souls e di non proseguire con il gotico/vittoriano condito da elementi steampunk di Bloodborne.

Questo è il primo punto di vero distacco dai canoni di un souls-like: nessun alter-ego da plasmare nè editor del personaggio. Sekiro è uno shinobi che, nel tentativo di proteggere il proprio giovane signore da un attacco del Clan Ashina, viene sconfitto; tramortito e privato del suo braccio sinistro dal guerriero avversario, è salvato da un saggio, Busshi del Tempio Desolato, colui che gli attribuisce il nome Sekiro, composto da “seki” e “ro” traducibile come “Lupo senza Braccio”.  Ed è proprio l’enigmatico “Scultore” a impiantargli il Ningishu (Braccio Ninja Artificiale) la protesi vista nei trailer che, come vi spiegheremo in seguito, sarà uno degli elementi cardine del gameplay.

L’intreccio di Shadows Die Twice appare, quindi, meno criptico di quanto visto nei precedenti racconti di From Software: una storia di vendetta e onore, un giovane Daimyō, rapito da un clan nemico, da salvare.

È doveroso, però, tenere in considerazione che si parla sempre e comunque di un “copione” partorito dalla mente di Hidetaka Miyazaki: come confermato a più riprese dal team di sviluppo, non mancheranno tanti elementi di lore che affiancheranno la componente narrativa più lineare, arricchendola e spingendo, come da prassi, il giocatore a voler scoprire sempre maggiori dettagli su un mondo di gioco che non lesina su atmosfere inquietanti e sanguinolente.


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Non risparmiare le energie, ATTACCA

In merito al gameplay, un ulteriore “omaggio” a Tenchu è rappresentato dalle meccaniche stealth. La possibilità di mimetizzarsi nella vegetazione, di appiattirsi contro un muro, di avvicinarsi silenziosamente alle spalle di un avversario o di lanciarsi da un tetto di un edificio infierendo un colpo mortale al malcapitato, sono tutte meccaniche presenti nel nuovo prodotto di From Software. Allo stesso tempo non si può fare esclusivamente affidamento sull’approccio furtivo: pur presente, lo stealth, sembra essere inteso come elemento di “supporto”, come dinamica utile a sfoltire il più possibile le schiere nemiche in vista delle vere e proprie sezioni di combattimento, nelle quali si concentra l’essenza ludica di Sekiro.

Parlando di combat-system, ciò che ci fa capire subito la distanza dal “classico” souls-like è l’assenza della barra della stamina. Siamo su un piano concettuale molto più improntato sull’azione frenetica, con la possibilità di attaccare senza sosta il nemico al fine di penetrare la sua guardia e di infliggergli, così, l’offensiva mortale. È più semplice? Sembra proprio di no: non parliamo, infatti, di combattimenti “ignoranti” basati sul button-mashing. È fondamentale studiare il pattern dell’avversario e attaccare con tempismo perfetto per riempire il suo indicatore della stabilità fino a causarne lo sbilanciamento: è in quel momento che si infligge il colpo letale (per i nemici più coriacei, che non possono essere eliminati furtuvamente, e ovviamente anche per le boss-fight, questa procedura si articola in più step).

È presente, inoltre, una barra dell’energia ma ridurre questa a zero non comporta l’eliminazione dell’ostile bensì ne abbassa la rigenerazione e i valori del guard-breaker: con la “vita” ridotta al minimo è più semplice sbilanciare il nemico ed eseguire l’offensiva mortale.


Allo stesso tempo, anche il giocatore deve prestare molta attenzione alla fase difensiva: eseguire le parate al momento ideale evita il riempimento del personale indicatore di “postura” e, di conseguenza, riduce il rischio di subire la fase “stordimento” che lo lascerebbe esposto ad un attacco che, nella maggior parte dei casi, sembra essere letale.

Le schivate mantengono comunque una grande importanza: attraverso una funzionalità che ricorda quanto visto su NiOh, scansare determinate mosse avversarie con i tempi corretti attiva la skill chiamata "Mikiri". Come William rigenerava la propria stamina, in Sekiro a beneficiarne è lo status della postura.

Come detto sopra, oltre all’arma bianca, il protagonista può contare sulle abilità del braccio meccanico. Attualmente ne sono state rivelate tre: l’ascia, utile per sferrare colpi più energici e abbassare la guardia nemica, una sorta di lanciafiamme che, oltre a danneggiare i nemici con un range più ampio rende infuocata la katana e gli shuriken, le tipiche armi da lancio degli shinobi, che non infliggono un danno importante ma sembrano essere più decisivi a fini strategici.

Con ogni probabilità, progredendo nell’avventura, sarà possibile fare affidamento sull’estro dello scultore Busshi, così da ottenere abilità aggiuntive e potenziamenti per il Ningishu, la “Zanna Perfetta” del Lupo.

Ulteriori novità sono rappresentate dal comando adibito al salto, utile sia nell’esplorazione sia nelle lotte, e dal Rampino, attraverso cui sfruttare la verticalità delle ambientazioni, con dinamiche di movimento interessanti soprattutto per quanto riguarda il primo approccio stealth.

Infine, non meno importante è la meccanica che dà il nome al gioco: “Shadows Die Twice”, in termini pratici, si incarna nella possibilità di morire due volte. Questa funzionalità, oltre ad offrire il “secondo tentativo” in un combattimento, consente ai giocatori varianti tattiche significative.

In merito alla componente RPG (ancora tutta da scoprire), attraverso l’hub centrale rappresentato dal quartiere di Ashina è possibile far evolvere il protagonista, il suo equipaggiamento e le sue abilità speciali, sfruttando l’interazione con diversi PNG, come nel caso del sopracitato creatore dell’arto magico.

In sostanza, Sekiro: Shadows Die Twice, fatta eccezione per i “santuari con idoli” che fungono da falò/lanterne e per una difficoltà al di sopra della media, ha poco di souls-like o, come detto prima, se proprio vogliamo includerlo in quel “filone”, è un’evoluzione del genere molto più radicale di quanto visto in Bloodborne.


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Estetica e prestazioni negli standard di From Software

In termini artistici e tecnici, Sekiro: Shadows Die Twice non si discosta dagli standard qualitativi a cui ci ha abituati il team di sviluppo con sede a Tokyo. Il setting del Giappone nell’Epoca Sengoku permette di osare maggiormente sulla palette cromatica, più calda rispetto a quanto visto nei Souls e, soprattutto, in Bloodborne. Il colpo d’occhio pare denso di fascino, con scorci evocativi di ambientazioni piuttosto ampie che lasciano presagire un lavoro certosino su un level-design che si estende anche in verticale.

In merito alla mole poligonale, alla qualità delle texture e alla pulizia complessiva dell’immagine non c’è da gridare al fotorealismo ma siamo convinti che, come sempre nelle opere di Miyazaki e compagni, la componente artistica riuscirà a prevalere su qualche maganga grafica/tecnica. Ovviamente, potremmo parlarvi meglio di questi aspetti e delle prestazioni di Sekiro in sede di recensione quando avremo tra le mani la build finale e completa del prodotto.

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Anteprima Sekiro: Shadows Die Twice

Sekiro: Shadows Die Twice sembra avere tutte le carte in regola per essere un ottimo gioco: un’ambientazione evocativa, una trama articolata condita da elementi di lore, un combat-system adrenalinico più improntato sull’azione e un comparto artistico degno di nota. Le aspettative sono alte ma riteniamo sia opportuno specificare che, forse, non si dovrebbe nemmeno parlare di souls-like: nonostante l’elevato livello di sfida e alcuni punti di contatto con le opere storiche, From Software sembra voler voltare pagina con un prodotto che, almeno sulla carta, potrebbe raggiungere un pubblico più eterogeneo. Siamo convinti che possa rappresentare un degno Erede Spirituale di Tenchu nonché una funzionale evoluzione “concettuale” dell’impostazione ludica normalmente proposta da From Software.