In fiamme: trama, recensione e differenze con la storia vera di Rosa Peral nella serie di Netflix
Rosa Peral, soprannominata la Vedova Nera, è stata condannata per omicidio in Spagna. Ma cos’è successo davvero al suo compagno Pedro Rodriguez? Ecco In fiamme, la serie sul suo caso, e il documentario di Netflix con la storia vera

In fiamme è uno dei titoli più visti su Netflix Italia. Il nostro Paese ha subìto il fascino della storia di Rosa Peral, soprannominata dalla stampa “La vedova nera”, protagonista di un caso di omicidio a Barcellona nel 2017. Rosa è interpretata da Úrsula Corberó, l’amatissima ex Tokyo de La casa di carta.
La vittima era Pedro Rodriguez, compagno e convivente di Rosa. I due erano entrambi sposati, separati dai precedenti coniugi, ed avevano entrambi dei figli. Ma andiamo con ordine.
- La trama di In fiamme
- In fiamme: la recensione della serie di Netflix
- Il documentario: Il caso Rosa Peral. La storia vera e le differenze con la serie In fiamme di Netflix
La trama di In fiamme
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A colpire davvero nel documentario non è neanche la risonanza mediatica, presente anche nella serie, quanto la sua lucidità e l’impassibilità con cui racconta la propria storia. Ben diversa dagli eccessi recitativi della serie.
Tutto ciò che la serie racconta viene ricostruito nel documentario, incentrato sulle immagini reali del processo in Spagna e sulle testimonianze di vari giornalisti, del procuratore, di avvocati ed esperti che hanno seguito il processo.
Si parla anche del caso di revenge porn che aveva coinvolto Rosa e il suo amante nel 2008, mentre lei stava già con il futuro marito e padre delle figlie di Rosa (Ruben nella realtà, Javi nella serie). In quello, era abbastanza evidente - benché non provato e quindi senza condanne - che Rosa fosse una vittima. Questo naturalmente non cancella in alcun modo ciò che avrebbe fatto in seguito né tutte le bugie che ha raccontato. Incluse quelle che hanno coinvolto la sua famiglia quando aveva una relazione con tre diversi uomini nello stesso momento. Cosa che non è un crimine, ma che ha inevitabilmente spostato l’ago dell’opinione pubblica. Con tanto di schiera di amanti di Rosa - alcuni confermati, altri probabilmente solo in cerca d’attenzione - arrivati a deporre. Ma tutto questo non aveva alcuna rilevanza con il processo. Come spesso accade con le imputate femminili, Rosa fu messa di fatto sul banco degli imputati prima per il suo stile di vita, e solo poi per l’omicidio di Pedro.
Il procuratore in aula ripeteva che le relazioni di Rosa non li riguardavano, ma che potevano servire per comprendere la psicologia di Rosa, il suo modo di vivere e di comportarsi, le ragioni che la spingevano ad agire.
Una tesi discutibile. Anche per questo il caso di Rosa Peral ha avuto un’enorme risonanza mediatica in Spagna. L’omicidio di Pedro Rodriguez a Barcellona non era il caso di due uomini che si disputavano una donna, finendo con la morte di uno dei due pretendenti: era il caso di una donna manipolatrice, incapace di restare fedele (tanto da essere definita “affetta da una patologia”), piena di amanti, inspiegabilmente decisa a uccidere il suo compagno per liberarsene anziché, semplicemente, lasciarlo.
Ma il punto non era nemmeno questo. Il punto era la premeditazione che, come tutti sanno, in legislatura fa una grande differenza in caso di condanna.

A colpire nella storia di Rosa, per quanto mi riguarda, è infatti il movente. A tutt’oggi ancora piuttosto oscuro. E probabilmente motivo per cui una parte dei giornalisti intervistati nel documentario sono dalla parte di Rosa, e una parte la considerano colpevole.
Lei racconta di aver semplicemente subìto il delitto, perpetrato per gelosia da parte di Alber, che poi la spaventava impedendole di rivolgersi alla polizia.
Nella serie non si parla delle numerosissime e-mail inviate da Rosa ad Alber e viceversa, che invece sono centrali nel processo: la situazione sentimentale di Rosa era infatti diversa da come appare negli episodi di In fiamme.
Sembrava che Alber non fosse mai il compagno ufficiale di Rosa, ma sempre e solo la sua relazione clandestina: l’altro uomo, insomma. In realtà, se è vero che in commissariato tutti sapevano che stavano insieme, è anche vero che quando Rosa ha iniziato a frequentare Pedro, Alber parlava di tradimento e la insultava, minacciandola. Salvo poi ripensarci e cercare di riallacciare i rapporti con messaggi tutt’altro che minacciosi e rabbiosi.
Si parla nel documentario anche della scena ricostruita nella serie: la consegna di un anello di fidanzamento da Alber a Rosa, davanti alle sue amiche. Al processo, lui racconta che l’anello serviva per chiederle di tornare a lavorare insieme a lui, lei che non avevano alcuna relazione personale. Entrambi, quindi, hanno spudoratamente mentito mentre si trovavano sotto giuramento.
E questa è l’unica certezza granitica che abbiamo, in un caso in cui alcuni punti risultano ancora oscuri, sebbene le prove - soprattutto messaggi vocali e testuali - dicano che il delitto è stato commesso da Rosa e Alber come complici.

























