Nvidia GeForce Now: ovvero la sottile arte dell’infilare a calci cose in spazi in cui non ci stanno.

di Davide Ambrosiani

Avanzo lentamente lungo il corridoio. La realtà ha i confini del cono di luce proiettato dalla mia torcia, oltre quelli c’è oscurità, vuoto, nulla. La fragilità della mia vita è descritta dallo scricchiolare del parquet e dalle statiche di un walkie talkie che non comunica più con nessuno. All’improvviso nuvole di fiato congelato salgono davanti agli occhi. Sono mie quelle nuvole. Malgrado tutta l’attenzione non ce l’ho fatta. Lo spettro mi ha trovato. Sono sue quelle mani.

Come sono finito in questa situazione? Com’è che in una serata di gennaio sto mettendo alla prova la mia capacità di gestire l’adrenalina e la pazienza di chi è già andato a dormire giocando a Phasmophobia? Non è una domanda astratta, di quelle che danno inizio a lunghi racconti sulla catena di cause e conseguenze che muovono il nostro cosmo personale. Cioè, sì: è una domanda che dà inizio a un racconto, ma non è astratta e la catena causale è molto breve. Il resto è una ricerca del modo per superare i blocchi che mi impediscono la conseguenza. Quindi, ripeto: come sono finito a giocare ad un gioco per PC nonostante il mio portatile a malapena sopporta Peggle?

GeForce NOW: Il nesso causale al netto dell’offerta colossale

Anni fa avevo un PC fisso da gioco. Tanti anni fa, quando ancora le schede video non erano usate come unità di misura del debito sovrano (l’Italia ha un debito di cinque GeForce 4090). Poi, siccome viviamo nello spazio-tempo, anche se il mio PC stava fermo nello spazio, il tempo passava e questo divenne palese in tutta la sua gravità quando le specifiche di Steam iniziarono ad essere inaccessibili.

Ora, il fatto che la mobilità di oggi ci chiede di avere una macchina, non significa che siamo tutti appassionati di macchine. Allo stesso modo, il fatto che avessi un PC da gioco non faceva di me un appassionato di schede video, processori, alimentatori… e tutte quelle menate a metà strada fra i LEGO e l’ingegneria. Quindi, colsi la palla al balzo per prendere un pacchetto fatto e finito: un bel portatile. Tanto i momenti ludici della mia vita già da diverso tempo si erano spostati sul divano. Ho sempre preferito le console ai PC per l’immediatezza, la comodità della posizione (anche se questa dipende molto da come ognuno di noi costruisce soggiorno e scrivania) e perché quando passano gli anni basta prendere quella nuova senza doversi rompere la testa su componenti diverse.

Per diversi anni è andato tutto alla grande: non mi pesava il fatto di aver progressivamente abbassato le capacità dei portatili che prendevo, visto che ormai li usavo quasi esclusivamente per scrivere. Le console soddisfacevano la mia brama di gioco e l’arrivo di servizi come il GamePass hanno ancor di più allontanato i confini delle serate vuote. Tutto bene quindi?

Dicono che l’appetito vien mangiando, è vero. Non dicono che per quanto appetito ti fai venire, all’ennesima volta che ti propinano lo stesso piatto, nascosto sotto qualche spezia blandamente diversa, è la noia che inizia a mordere. E dov’è che il panorama è più incline alla sperimentazione? Su PC ovviamente. Capite dove sto andando a parare? All’ennesimo gioco tripla A, di fronte al centesimo indie uscito da uno Starbucks, o il classico, tedioso, metroidvania a scorrimento con grafica “come fossero i mitici ‘90”, ho sentito il bisogno di cambiare aria (e lo scrive uno che ha quasi 2000 ore su Destiny).

Problema: il mio PC suda con gli Excel oltre le 550 celle. Mi viene in mente subito la soluzione: Stadia! Google però suda con i progetti oltre i 550 giorni. Il cloud gaming di Microsoft è ancora acerbo, checché se ne dica. Non mi rimane che il servizio di Nvidia: GeForce Now. Lo conoscevo di fama, sapevo che era descritto come solido anche se di nicchia e, soprattutto, economicamente non accattivante. Decido di provare e nel mentre mi si forma un contorto piano nel cervello.

 

Vi ricordate quando ho scritto che mi ero un po’ stancato del mercato mainstream e della sua offerta? Era vero, in parte. Siccome siamo tutti funzionalmente schizofrenici, quello che crediamo è spesso capace di mutare velocemente e le nostre decisioni raramente sono capaci di abbracciare l’intero spettro della nostra coscienza. Per questo, è vero che il ventiduesimo Assassin’s Creed, Call of Duty, Forza Motorsport, non mi dice più molto, ma è anche vero che dal suo lancio ad oggi non sono ancora riuscito a mettere le mani su un PlayStation 5 – anche se ci ho provato molto molto blandamente, a dire il vero. Quindi, il pensiero era: se Sony sta facendo uscire molti dei suoi giochi su PC e io riesco a virtualizzare un buon PC… posso anche ridisegnare il soggiorno in modo da virtualizzare una divanata con PlayStation. No?