Horizon Forbidden West, Aloy scocca la freccia decisiva contro il body shaming

Horizon Forbidden West Aloy scocca la freccia decisiva contro il body shaming

Horizon Forbidden West ha conquistato la critica e il pubblico, confermando che il lavoro svolto da Guerilla Games è andato oltre, come ci si aspettava, quanto già realizzato con il primo capitolo, Zero Dawn. Nonostante una trama che sembrava avesse concluso il proprio corso al termine degli eventi del debutto di Aloy, con la distruzione di ADE, dagli studi di sviluppo di Amsterdam le vicende riguardanti la Piaga Rossa sono deflagrate in un’altra grande avventura. Ad accompagnare la guerriera dalla chioma rutilante, però, con degli eventi che hanno iniziato a riempire il buzz dei social media sin da giugno dello scorso anno, ci sono state non poche critiche, sfociate in un dissacrante e quanto mai ingiustificato body shaming nei suoi confronti. Protagonista, di rimando, di alcune attività di comunicazione e marketing da parte di Sony che ne avrebbero dovuto solo che arricchire la forza e l’ergersi a vessillo del movimento femminista, Aloy ha finito per difendersi con la qualità della storia da lei vissuta.

Horizon Forbidden West, Aloy scocca la freccia decisiva contro il body shaming

La sfilata sul red carpet dell’Ovest Proibito

In Horizon Zero Dawn Aloy ci si presentava dapprima come una bambina, nelle prime fasi di gioco, per diventare una donna a tutti gli effetti: in Forbidden West, stando ai primi trailer e non all’avventura definitiva, la ragazza è apparsa leggermente più robusta, nonostante il gap temporale tra i due capitoli sia di appena sei mesi. Non più aggraziata come nel primo capitolo, Aloy è stata così subito vittima di diversi meme che ironizzavano sulla sua condizione fisica. In alcuni casi addirittura gonfiata in volto per farla sembrare obesa, la ragazza ha vissuto quel bullismo da scuola superiore che mai ci saremmo aspettati di vedere nei confronti di un’eroina che si è erta, come già detto, a simbolo del femminismo, recuperando il testimone dalle mani di Lara Croft.

Aloy vive in un ambiente ostile, un ecosistema che l’ha messa a dura prova, costringendola a combattere contro mastodontiche macchine con a disposizione solo un arco o qualche arma costruita ad hoc per permetterle di sfruttare il potere del ghiaccio, del fulmine e del fuoco, ma restando pur sempre una combattente che sfrutta la forza fisica per farsi largo nel suo mondo. In quella chiamata alla sopravvivenza, per sfuggire alla morte che la attende dietro ogni anfratto di un universo figlio della legge della giungla, Aloy sarebbe più che giustificata a raggiungere una condizione più robusta e meno aggraziata. Contestualizzata nel suo ambiente, insomma, non avrebbe proprio niente da recriminare se dovessimo notare dei bicipiti derivati dall’incoccare tre frecce contemporaneamente e scagliarle con grande precisione oppure dei polpacci degni di chi non ha bisogno del vigore per correre da un capo all’altro dell’Occidente.

Horizon Forbidden West, Aloy scocca la freccia decisiva contro il body shaming

La potenza del vello facciale

Successivamente a quanto accaduto mesi fa, all’annuncio di Forbidden West, ci siamo ritrovati, in questi ultimi giorni dinanzi a un’altra spiacevole vicenda, stavolta incentrata sulla peluria facciale. Spezziamo una lancia a favore dell’arte del polemizzare, sottolineando che stavolta a ingigantire il caso siamo stati direttamente noi utenti finali della polemica in sé. L’accusa di una vistosa peluria in volto – del tutto normale persino per i volti femminili se guardati in controluce – partiva da un normale videogiocatore, che probabilmente aveva anche cercato di fare della sterile ironia, mal riuscita: dal suo post è deflagrata la polemica di cui adesso siamo destinatari tutti, arrivando a dover affermare che persone glabre in volto non appartengono alla quotidianità.

Il vello facciale – questa la terminologia esatta – appartiene persino ai neonati e, nel caso di un volto adulto, se tolto con pinzette e cerette rischia di far nascere dei veri e propri peli. La peluria sul volto di Aloy non farebbe altro che confermare la bontà del lavoro di riproduzione fedele alla realtà che Guerilla Games ha realizzato. Sappiamo, però, che al body shaming non riusciamo a porre fine nemmeno in queste situazioni, finché ci sarà qualcuno che si sentirà in diritto di offendere stando dall’altro lato di un computer.

Horizon Forbidden West, Aloy scocca la freccia decisiva contro il body shaming

Il rombo della statua

Chiudiamo il nostro trittico con la statua che PlayStation Italia ha deciso di ergere a Firenze, dal 17 al 27 febbraio, con protagonista proprio Aloy. Simulacro di quella bandiera che abbiamo già citato poc’anzi, il monumento è stato erto in favore di tutte quelle donne che ne avrebbero meritato uno e che adesso trovano nella protagonista di Horizon una degna portabandiera. Le polemiche hanno sfruttato questa comunicazione in modo tale da contestare il fatto che il movimento femminile – ma in realtà tutto il mondo – ha dovuto attendere proprio un personaggio dei videogiochi, tra l’altro a detta di molti nemmeno il più rappresentativo, per poter avere una statua.

Intanto, però, la guerriera che combatte la Piaga Rossa con arco e lancia ha voluto conquistare questa generazione, a ragion veduta, dimostrandosi pronta a caricarsi sulle spalle non solo la responsabilità di salvare il mondo, nel suo universo, di divertirci e arricchirci, adempiendo alla sua funzione di personaggio di un videogioco, ma anche di rispondere alzando un grande scudo dinanzi a tutte quelle accuse di body shaming. D’altronde, sapete: ve la state prendendo con un videogioco. Chi pensate sia il più furbo, a questo punto?