Tante sorprese alle nomination Oscar 2025: alcune belle, parecchie non troppo

Rispetto agli anni passati gli Oscar hanno smentito tante previsioni della vigilia, riservando ai cinefili alcune belle sorprese, ma anche decisioni che faranno discutere. Scopriamo insieme quali.

Tante sorprese alle nomination Oscar 2025 alcune belle parecchie non troppo

Dopo anni di copioni già scritti ancor prima di cominciare, con solo un paio di nomination impreviste alla vigilia, gli Oscar 2025 hanno regalato ai cinefili un annuncio delle candidature ufficiali nelle singole categorie ricco di emozioni e sorprese, talvolta di sconcerto. Perché sì, molto non è andato come previsto alla vigilia e, talvolta, forse non nei migliori dei modi. I tre film più nominati che guidano la corsa - Emilia Pérez con 13 candidature, seguito dalle 10 nomination a testa di Wicked e The Brutalist - erano ampiamente pronosticati come i favoriti.

Tanti però sono rimasti del tutto a bocca asciutta e purtroppo quest’anno è toccato a due dei nomi su cui puntava l’Italia: Luca Guadagnino, in corso con i lungometraggi Challengers e Queer e il candidato italiano nella categoria miglior film internazionale Vermiglio.

RIpercorriamo insieme le nomination agli Oscar 2025, prima con una panoramica generale su novità e conferme sui trend principali, analizzando poi le sorprese migliori e gli snob peggiori dell’annata

Tante sorprese alle nomination Oscar 2025: alcune belle, parecchie non troppo

Oscar 2025: qualcosa è cambiato

Pensando ad appena un decennio fa, gli Oscar 2025 con le loro nomination sarebbero stati pure una pura fantasia irrealizzabile, per molti motivi. Il più evidente è come la storica vittoria del coreano Parasite nel 2020, l’aumento dei votanti non statunitensi nell’Academy e l’ascesa di distributori USA più attenti al cinema straniero abbiano determinano un cambiamento davvero storico.

Con le sue 13 nomination, il francese Emilia Pérez è il film non in lingua inglese più nominato di sempre, battendo il record precedente di Roma di Alfonso Cuaron. Tra le dieci nominate come miglior film oltre al film di Jacques Audiard entrano altre due pellicole non statunitensi: il francese The Substance e Ia brasiliana Io sono ancora qui. Segno che ormai la presenza dei film internazionali non è l’eccezione, ma la regola. Alcune pellicole possono giocarsela alla pari con i film statunitensi in tutte le categorie principali, anche se la loro lingua principale non è l'inglese.

Certo c’è ancora molto da lavorare in questo senso. Venire acquisiti e lanciati da un distributore di grido (NEON, A24, Janus FIlm) o da uno molto danaroso come Netflix è assolutamente indispensabile per avere la visibilità necessaria a raggiungere questo traguardo. Spesso avere nel cast star statunitensi di rilievo o molto chiacchierate (Demi Moore in The Substance, Selena Gomez e Zoe Saldana in Emilia Pérez) aiuta a ottenere visibilità.

È però cruciale presentarsi nel modo giusto. O per meglio dire: farlo al Festival di Cannes, al limite alla Mostra del cinema di Venezia. Più di 30 nomination raccolte dai film del primo, 14 dal secondo, a testimonianza di come film di qualità presentati laddove si concentra l’attenzione dell’industria possono sperare in traguardi che, con una distribuzione tradizionale, sarebbero impensabili.

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Gli Oscar si affidano ai Festival per scegliere: lo strapotere di Cannes e Venezia 

Cannes in particolare sorprende per il potere che conferma e raddoppia anno dopo anno, nonostante la kermesse sia piazzata in primavera, mesi e mesi prima della corsa alle statuette. Anche perché non solo attira tanti film buoni, ma ormai funziona all’inverso: l’attenzione di tutti è puntata alla Croisette, che riesce a lanciare film di generi indigesti all'Academy e realizzati da nomi sconosciuti negli Stati Uniti. A giovarne è sopratutto il cinema francese che ha sempre un posto di riguardo in Croisette. Per onestà intellettuale però bisogna dire che ha dalla sua ha anche un livello qualitativo più che invidiabile. Coralie Fargeat e Jacques Audiard, i due registi francesi nella cinquina difficilissima della regia, parlano da soli.

Tutti i film stranieri già citati e alcuni dei “piccoli” (i cosidetti indie) che hanno dato battaglia nelle categorie principali sono partiti dai Festival. The Brutalist non lo voleva nessuno, ha raccontato Alberto Barbera, perché lunghissimo e difficile e ora, dopo il passaggio a Venezia, vanta 10 nomination. Rimbalzato da Universal e prodotto con pochi milioni di dollari, Anora ha vinto la Palma d’Oro a Cannes e ora se la gioca in tutte le categorie principali. Questo strapotere dei festival europei (a esclusione di Berlino, che deve ritrovare il suo smalto) si riflette nella categoria miglior film internazionale: 4 candidati europei su 5, 4 passati per Cannes, uno per Venezia. Cannes ha dato il trampolino giusto anche per un film che negli Stati Uniti nessuno voleva distribuire e ospitare ai talk: The Apprentice, ritratto sferzante del giovane Donald Trump. Si è portato a casa due nomination attoriali (Sebastian Stan e Jeremy Strong).

Un altro cambiamento di rilievo è lo svecchiamento dei generi considerati dall’Academy, da sempre più benevola verso i film drammatici, quelli “classici” e compassati. In un’annata molto ricca qualitativamente per il cinema horror - genere detestato dagli Oscar - fa ben sperare il risultato di The Substance. Anche i musical non hanno buoni trascorsi agli Oscar, ma Wicked e Emilia Pérez smentiscono questa nomea e, se ci aggiungiamo anche le nomination di peso per il biopic musicale A Complete Unknown, la musica se la cava alla grande.

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Difficile poi non notare come film eccessivi, espliciti, spavaldi, molto arditi per gli standard compassati dell'Academy abbiano fatto faville: Anora con le sue scene di sesso e nudo, The Substance con i suoi litri e litri di sangue, Emilia Pérez che fa dell'eccesso la sua bandiera in altre annate non avrebbero avuto una chance, invece eccoli in corso insieme a film più convenzionali. 

Rispetto al solito si riscontra anche una ventata di prime volte tra i nominati, laddove di solito l’Academy è molto guardinga: nelle categorie interpretative sono 13 su 20 coloro che ricevono la prima candidatura, con una media d’età un po’ più bassa del solito. Ci sono anche alcuni stranieri da paesi poco considerati dall’Academy ma leggendari in patria: la brasiliana Fernanda Torres e il russo Yura Borisov. Discorso un po’ a parte lo merita Isabella Rossellini, italiana ma di casa a Hollywood. Il suo è un colpo da maestro: candidata per un ruolo risicatissimo in Conclave. Meno male, considerando quanto è andata male agli italici colori altrove. 

Sempre a proposito di ricambi e prime volte: la cinquina registica è formata per intero da esordienti nella categoria. Una sola donna, due francesi, un under 40 (Brady Corbet per The Brutalist).

Dopo annate in cui pochissimi film si spartivano la maggior parte delle candidature in tutte le categorie, impoverendo la rappresentazione dell’annata agli Oscar, ci sono timidi segnali in direzione opposta. Nella categoria miglior film ci sono due titoli con meno di tre nomination totali. Maria e September 5 riescono a centrare una sola nomination, risultato ormai rarissimo.

Non mancano però film che raccolgono “a strascico”, a danni di film più piccoli a caccia di uno o due nomination strategiche. A Complete Unknown per esempio sfonda a sorpresa anche nelle categorie attoriali e piazza tre nomination, spingendo fuori dalle cinquine nomi attesi come Pamela Anderson, Selena Gomez, Josh O’Connor, Denzel Washington in favore di Edward Norton e Monica Barbaro.

Tante sorprese alle nomination Oscar 2025: alcune belle, parecchie non troppo

Oscar 2025: cosa e chi è mancato

Quanto finora enunciato vale anche cambiando la prospettiva e guardando agli esclusi, piccoli e grandi. Non per questioni di campanilismo, ma non si può che partire dal grande sconfitto, deluso e ingiustamente escluso della tornata: Luca Guadagnino. Portava due film agli Oscar: Challengers, forte di critiche ottime e un grande impatto mediatico e Queer, che doveva essere la chance di Daniel Craig di arrivare alla nomination.

Si era capito che era fuori dai giochi in prima persona come regista - anche se entrambi i film avevano le carte in regola per dargli una chance in categoria - ma siamo di fronte a una debacle inaspettata e davvero inspiegabile, anche in categorie in cui si parlava di vittoria. Forse la più grande nomination mancata e data per certa è quella per Trent Reznor, Atticus Ross per la colonna sonora di Challengers, già trionfatrice ai Golden Globes, riconosciuta tra le migliori dell’annata. Alcuni interpreti, in particolare Josh O’Connor e Daniel Craig, venivano dati dagli scommettitori come probabili nelle cinquine finali attoriali.

Cosa è mancato? A Challengers ha fatto male il passaggio festivaliero saltato. Il che è sconfortante, dato che il film avrebbe dovuto aprire la Mostra del cinema di Venezia del 2023, ma poi all’ultimo era stato ritirato per via dello sciopero degli sceneggiatori a Hollywood. Lanciato nel pieno della primavera 2024 ma senza dietro un passaggio festivaliero (forse per l’impazienza del distributore, forse per fedeltà di Guadagnino al Festival di Venezia), al film è probabilmente mancato quel traino, ma film dopo film, Guadagnino è un nome sempre più influente e sempre più snobbato in zona Oscar.

Queer sulla carta e per la critica non era altrettanto forte. Forse ha sofferto anche la concorrenza con l’altro film di Guadagnino, mangiandosi a vicenda la fetta di voti “amici”.

Tante sorprese alle nomination Oscar 2025: alcune belle, parecchie non troppo

La sensazione su Vermiglio, il candidato italiano nella corsa a miglior film internazionale, è più o meno la stessa. Nonostante l’endorsement di Jane Campion ad apertura delle votazioni per il film di Maura Delpero, passato per Venezia, nella cinquina internazionale sono entrati i film con i distributori statunitensi più forti proprio sul fronte delle campagne promozionali. Oppure un Emilia Pérez, che poteva godere del fantasmagorico budget promozionale di Netflix, che non aveva molto altro sui cui puntare quest’anno.

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