Barry Jenkins, da Moonlight a Mufasa: chi è il regista che ha cambiato le sorti del film

Se Mufasa saprà sorprenderci, il merito è di Barry Jenkins: chi è il regista outsider e perché Disney l’ha voluto alla guida del suo kolossal di Natale.

Barry Jenkins da Moonlight a Mufasa chi è il regista che ha cambiato le sorti del film

Il ricordo più vivido del pubblico del cinema di Barry Jenkins non è probabilmente quello suo film più amato e premiato, ma è piuttosto legato alle incredibili circostanze che l’hanno portato a vincere un Oscar come miglior pellicola nel 2017. Barry Jenkins infatti è il regista di Moonlight, il piccolo film d’autore protagonista della svista più clamorosa della quasi centenaria storia degli Oscar. Ricordate quando i produttori di La La Land dal palco della cerimonia dissero “No, non è uno scherzo, Moonlight ha davvero vinto come miglior fim” dopo che erroneamente erano stati chiamati loro sul palco? Ecco, Barry Jenkins è il regista di quel film e uno dei protagonisti di quel momento incredibile.

Barry Jenkins è il regista di Moonlight, dramma romantico che in pochi hanno visto, almeno rispetto al successo clamoroso di La La Land. Moonlight però ha lasciato il segno, consacrando il talento di chi ha adattato l’opera teatrale originale, trasformandola in un film poetico e struggente. Una pellicola diretta da un regista al suo secondo lungometraggio, ma la cui strada verso il successo è stata accidentata.

Barry Jenkins, da Moonlight a Mufasa: chi è il regista che ha cambiato le sorti del film

Jenkins è un outsider, tanto quanto Mufasa

Jenkins - nato a Miami nel 1979 - infatti si è affermato come regista 8 anni dopo il suo primo lungometraggio Medicine for Melancholy, che lo ha fatto notare sulla scena indie. Nel mezzo ha dovuto ripiegare sul lavoro di sceneggiatore, ma anche fare altro, fuori dal mondo del cinema, per mantenersi. Un’agenzia pubblicitaria, copioni scritti per la Focus e mai realizzati e poi un impiego come sceneggiatore nella writing room della serie The Leftovers, che gli permette di mettere più fermamente un piede nel mondo dello spettacolo.

Jenkins non ci è arrivato per caso, dato che ha studiato cinema in una scuola specializzata. Una scelta che gli ha cambiato la vita e non solo perché “divido i film che ho visto tra quelli prima e quelli dopo aver studiato cinema, perché ho acquisito una consapevolezza che mi rende impossibile guardare a una pellicola senza valutarla anche da un punto di vista tecnico”. Da studente infatti Jenkins stringe relazioni amicali con buona parte dello star system statunitense. Non quello ufficiale, fatto di stelle e cachet milionari. Diventa amico e sodale con giovani colleghi e colleghe come Greta Gerwig, Chloe Zhao e Sean Baker, che andranno a formare insieme a lui l’ultimo bastione del cinema indipendente a stelle e striscie.

La relazione con la collega Lulu Wang, la regista del’acclamato The Farewell - Una bugia buona, da professionale si fa sentimentale. Jenkins insomma è circondato da amici e affetti che fanno parte dell’industria cinematografica statunitense, ma che per anni hanno lottato per rinnovarla, per portare dentro il suo linguaggio tematiche, volti e approcci nuovi, meno mainstream.

Barry Jenkins, da Moonlight a Mufasa: chi è il regista che ha cambiato le sorti del film

Perché Barry Jenkins ha accettato di dirigere Mufasa

Se oggi Barry Jenkins è a capo di un blockbuster come Mufasa è proprio per merito di quegli amici e della compagna. Quando Disney l’ha avvicinato proponendogli di dirigere Mufasa - il prequel dedicato alla storia di come il papà di Simba sia divenuto re - Jenkins ha detto immediatamente al suo agente di rifiutare l'offerta. Cosa c’entrava lui, un regista indie di film intimisti a piccolo budget con un progetto da centinaia di milioni di dollari, parte di un franchise, per giunta d’animazione?

Jenkins ha poi rivelato che il suo agente ha temporeggiato, dicendo che nemmeno lui poteva dare un no secco a Disney. Il regista gli ha chiesto cosa ne pensasse del soggetto, ma l’agente gli ha spiegato che era talmente top secret che nemmeno lui poteva leggere la sceneggiatura. Doveva farlo Barry, usando un complesso sistema di password e sistemi di riconoscimento che avrebbe consentito a lui - e solo a lui - di leggere il copione.

È stata Lulu Wang ha consigliargli di darci un'occhiata, sottolineando che sarebbe stato sciocco dire di no a scatola chiusa, senza nemmeno sapere a cosa stava dicendo no. Così Jenkins ha sbloccato lo script top secret e l’ha letto. Arrivato a poco più di un terzo, ha capito che c’era qualcosa di speciale nella storia. Prima di accettare però ha chiesto anche consiglio ai suoi amici registi di un tempo, alcuni dei quali passati al cinema mainstream: tutti gli hanno consigliato di accettare.

Barry Jenkins, da Moonlight a Mufasa: chi è il regista che ha cambiato le sorti del film

Mufasa ha richiesto anni di lavorazione a Jenkins e Disney

Quando Barry Jenkins racconta il dietro le quinte del film, risulta lampante come Disney abbia fatto di tutto per averlo alla guida dell’operazione. Non solo gli ha proposto il film, non solo gli ha dato tempo di pensarci, ma ha volontariamente affrontato un anno aggiuntivo di lavorazione del film richiesto dal regista.

Jenkins infatti si è reso subito conto che non aveva gli strumenti necessari per affrontare la sfida tecnica di un film che non ha attori in carne e ossa e - a differenza di franchise come Il Pianeta delle Scimmie - nemmeno interpreti la cui performance venga catturata in motion capture. “Non avevo un Andy Serkins con cui interagire e ho chiesto a Disney un anno di tempo per imparare come rapportarmi con la tecnologia con cui vengono realizzate queste animazioni incredibili, così fotorealistiche. Avevo bisogno di tempo per fare in modo che non fosse la tecnologia a dominare me, ma il contrario.

Disney ha detto di sì, così come ha accettato che il film venisse per prima cosa registrato per intero nella sua versione sonora.Questo tipo di tecnica d’animazione comporta che prima di vedere il risultato di una sequenza bisogna attendere mesi. Quindi ricevi una versione non definitiva, chiedi delle modifiche e la rimandi agli animatori e poi attendi. Questo botta e risposta continua per mesi su ogni singola scena. Non mi era possibile lavorare in questo modo”.

Così Jenkins ha chiesto e ottenuto di poter prima registrare la performance vocale di tutti gli interpreti del film: Aaron Pierre, Mads Mikkelsen, Seth Rogen, Beyoncé e la figlia Blue Ivy Carter. L'audio del film è stato quindi montato per intero, ancor prima di avere il girato. “Avevamo una sorta di audio narrazione, un podcast del film” scherza Jenkins “e da lì abbiamo realizzato uno storyboard molto, molto dettagliato, di ogni singola scena".

Il processo di lavorazione è stato lungo e laborioso, richiedendo tre anni aggiuntivi d’impegno produttivo. Il film, a poche settimane dall’uscita, non è ancora pronto in versione definitiva, si stanno sistemando gli ultimi rendering.

Barry Jenkins, da Moonlight a Mufasa: chi è il regista che ha cambiato le sorti del film

Perché Disney ha voluto Barry Jenkins alla guida di Mufasa

Perché dunque Disney ha voluto Jenkins? La risposta sta forse in cosa una persona con il suo vissuto può portare a Mufasa, al Mufasa raccontato dal film. Da professionista. Jenkins è noto soprattutto per la sua capacità di raccontare i sentimenti, le emozioni più intime e familiari. È un regista romantico, inteso in senso elogiativo: riesce a parlare delle sfumature più umane del sentire senza scadere nell’affettazione, nello stucchevole. La storia di Mufasa è quella di un leoncino che perde due volte la sua famiglia ma, con ostinazione e coraggio, crea attorno a sé dei legami duraturi, fino a fondare una dinastia, senza mai perdere la sua componente affettuosa e ironica.

Jenkins ha in sé una vena di poesia, di lirismo che trasforma i passaggi più drammatici della gioventù di Simba in scene dai colori e dalla composizione potente. Si sente il tocco del regista autoriale, che pensa oltre le logiche del franchise, del blockbuster. "Io però faccio parte della prima generazione di registi indipendenti per cui è assolutamente normale immaginare che da un film possa nascere una storia in più capitoli, un universo narrativo. Siamo la prima generazione che è cresciuta con questa tipologia di approccio, per cui è assolutamente naturale. È qualcosa che ci distanzia da chi è venuto prima di noi". 

Da persona, Jenkins è in grado di comprendere molto bene i sentimenti di Mufasa, un outsider che si fa strada tra i pregiudizi altrui e tra mille difficoltà, guidato da un talento cristallino: quello di essere un leader. Mufasa ha richiesto a Jenkins di imparare a sua volta questa dote: “ero abituato a film piccoli, circondato da qualche decina di persone sul set con cui interagire. Un progetto come Mufasa come prima cosa d’insegna a comunicare davvero, a relazionarti con centinaia di persone, ascoltando la loro voce ma dando la rotta con mano ferma”.

Infine Mufasa e Jenkins sono legati dall’elaborazione del lutto familiare: “mentre lavoravo a questo film, mia madre si è spenta. Non potevo saperlo, non ero preparato a perderla. Nella prima parte del film già mostrata alla stampa, Mufasa viene separato dai suoi genitori. Ovviamente per me è stato particolarmente toccante dirigere le scene del leoncino trascinato via dalla furia dell’acqua. È stato molto, molto catartico. Vedere la scena in cui Mufasa via via risale dal fondale e lotta per la sua vita, senza negarsi il dolore della perdita, ha fatto bene anche a me.”

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