Avatar: Fuoco e cenere, il cast a Milano racconta quindici anni dentro la saga
Da chi c’è dall’inizio a chi è cresciuto sul set, il cast svela come Fuoco e cenere trasformi l’esperienza Avatar in un racconto generazionale.

Il cast di Avatar: Fuoco e cenere a Milano: quindici anni di saga, tra veterani e nuove generazioni
Prendere parte a un progetto come la saga di Avatar di James Cameron ti cambia la vita. Non è un modo di dire, almeno inquesto caso: sia per gli attori veterani legati al progetto sia per interpreti ancora giovanissimi che sono stati scelti da James Cameron ancora adolescenti e fanno parte del mondo di Pandora da quindici anni e sono, a modo loro, anche loro veterqani.
A Milano oggi un quintetto rappresentativo del terzo film della saga ha presentato Avatar: Fuoco e cenere in vista dell’uscita italiana del 18 dicembre 2024, raccontando questo set come un percorso condiviso, un’educazione cinematografica collettiva durata quindici anni.
Gallery
Sam Worthington e Stephen Lang lo vivono da veterani, testimoni di un progetto iniziato nel 2009 e cresciuto insieme a loro sul fronte tecnologico e umano. Accanto a loro, i giovani Bailey Bass, Trinity Jo-Li Bliss e Jack Champion appartengono a un’altra generazione: sono entrati nella saga da adolescenti e oggi, diventati adulti, raccontano come Pandora abbia modellato la loro identità più di qualsiasi altra esperienza. Tra performance capture, culture Na’vi e figure femminili in ascesa, Fuoco e cenere è il capitolo che più riflette questa doppia anima: l’eredità consolidata e il passaggio di consegne.
Per loro Avatar non è soltanto una saga tecnologica in continua espansione, ma un organismo vivo che cambia insieme a chi lo abita. Worthington parla di emozioni più profonde e vulnerabilità totale sul set, mentre Lang ricorda i maestri del cinema italiano come la radice della sua vocazione. Bliss, Bass e Champion insistono invece sul sentimento di appartenenza: crescere con Cameron come guida, con un mondo che continua a reinventarsi film dopo film.
Tra confessioni sincere, ricordi personali e l’energia di una troupe che considera questo universo una seconda casa, Avatar: Fuoco e cenere si presenta così: un’opera che intreccia tecnica e maturazione emotiva, progettata per spingere ancora una volta oltre il limite ciò che il cinema può fare – e ciò che questi attori sono diventati raccontandolo.

Il cast di Avatar - Fuoco e cenere racconta il film
Cosa significa essere parte del mondo di Avatar, sempre più complesso e stratificato, guidati dalla visione di James Cameron?
Stephen Lang – Significa far parte di una grande famiglia creativa che lavora insieme da molti anni, con colleghi in tutto il mondo che mettono un’enorme dedizione in un progetto nato dalla mente del nostro leader, Jim Cameron. È un regalo che continua a dare.
Bailey Bass – Per noi che siamo entrati nel cast da giovanissimi è stato qualcosa di magico. Quando il primo Avatar è uscito eravamo bambini, non capivamo ancora quanto fosse rivoluzionario. È stato il nostro primo grande progetto, io avevo 13 anni, e siamo stati trattati con rispetto e coinvolgimento totale. È una vera benedizione tornare e sostenere una storia così emozionante e piena d’azione.
Trinity Jo-Li Bliss – Mi sento parte della famiglia Avatar. Jim è il genitore di questa famiglia: ci ispira ogni giorno. Sono grata di essere qui, di condividere con voi l’esperienza che abbiamo vissuto facendo questo film.
Jack Champion – Per me è la più grande benedizione della vita. Sono stato scelto quando avevo 12 anni e Avatar mi ha accompagnato fino a oggi. Non sarei la persona che sono senza questa esperienza.
Cosa significa portare oggi nel mondo reale il messaggio di Avatar, legato al pianeta, alle risorse e alla diversità?
Sam Worthington – Jim ha iniziato esplorando temi che gli stanno a cuore, poi la storia è diventata profondamente familiare. Al centro c’è come una famiglia sopravvive in circostanze estreme. Viviamo tempi incerti, e spesso l’unica cosa che resta è l’amore gli uni per gli altri.
Stephen Lang – Per quanto i temi siano importanti, Avatar non è un editoriale. Gli esseri umani hanno bisogno di storie: illuminano il passato, indicano il futuro e rendono più sopportabile il presente. Jim è un maestro nel raccontarle.
Bailey Bass – È una storia in cui chiunque può riconoscersi. Parla di famiglia, scelta o biologica, ed è universale.
Trinity Jo-Li Bliss – C’è anche molto “girl power”. Introduciamo una nuova antagonista femminile, Varang, e tante figure femminili forti. Il film è spettacolare ma profondamente umano: ci ricorda quanto siamo più simili che diversi.

Cosa apporta di nuovo Avatar: Fuoco e cenere sul piano tecnico ed emotivo?
Sam Worthington – Le emozioni sono più profonde. Il secondo e il terzo film nascono come un’unica storia: questo capitolo è più grande, più audace. Ogni personaggio ora cerca il proprio posto nel mondo, e la narrazione si espande includendo Quaritch, Varang e molti nuovi personaggi.
Stephen Lang – Presentare questo film in Italia è speciale: questo Paese è uno dei cuori del cinema mondiale. I vostri maestri, Fellini, Visconti, Antonioni, Masina, Mastroianni, sono tra i motivi per cui ho iniziato questo mestiere. Credo che il film troverà qui un terreno fertile.
Trinity Jo-Li Bliss – È un film ferocemente immersivo: ti colpisce i sensi, il cuore, tutto. Incontriamo nuovi clan e la nostra nuova villain Varang. Jim continua a spingere i confini del cinema, e siamo onorati di far parte di questo momento così glorioso.
Quali sfide o limiti ha imposto alla vostra recitazione la performance capture?
Sam Worthington – Paradossalmente è più libera. In un set tradizionale ci sono mille distrazioni. Qui resta solo la verità tra attori e regista. Dal primo film Jim mi promise che ogni sfumatura (un respiro, un pensiero, un battito di ciglia) sarebbe stata preservata nel personaggio digitale. Lo ha fatto, e sempre meglio. È recitazione allo stato puro.
Jack Champion – Avendo fatto sia performance capture che live action, posso dire che nella capture l’emozione è più nuda: non ti preoccupi della camera o delle luci, solo della scena. Jim trova l’inquadratura dopo.
Sam Worthington – Dico sempre ai nuovi: l’unica camera che conta è quella davanti al tuo volto. Sei sempre in primo piano, sempre vulnerabile. Non ci sono giochi di potere: è tutto vero, lì nel momento.

Com’è stato interpretare Spider, l’unico umano nella famiglia Sully?
Jack Champion – Sorprendentemente semplice, come attore. Ho passato due anni in performance capture con tutto il cast, costruendo rapporti reali. Quando poi ho girato in live action in Nuova Zelanda, anche senza di loro sul set, recitavo sulle loro performance, che conoscevo a memoria. Jim aveva un sistema con un iPad che mostrava le facial cam degli attori in scala gigante: era come averli lì. Dovevo solo fidarmi del processo.
Come siete cresciuti insieme ai vostri personaggi e come avete gestito il senso di responsabilità?
Bailey Bass – Jim ci coinvolge profondamente. Vuole che mettiamo noi stessi nei personaggi, ed è per questo che Tsireya sembra così reale. È un regista generoso e umano: cerca sempre la verità più onesta nelle nostre performance.
Trinity Jo-Li Bliss – Crescere con Tuk è stato un onore. Ogni giorno con Jim era creativo, fluido, emotivo. La parte più difficile era andare a casa a fine giornata.
Jack Champion – Siamo la nuova generazione di Pandora, figli della guerra. Poteva diventare una storia oscura, ma i nostri personaggi cercano sempre la luce. È importante, soprattutto per chi cresce con questi film.
Come vivi il ruolo di uno dei grandi “cattivi” del cinema? Ti ha mai portato ostilità fuori dallo schermo?
Stephen Lang – Vivo una vita abbastanza tranquilla. Per anni ho detto che un cattivo non si vede come cattivo, ma non è del tutto vero: so qual è la funzione del mio personaggio. Per far funzionare un villain, il pubblico deve amare odiarlo… e odiarsi un po’ per amarlo. Ripetere il Quaritch del primo film sarebbe stato sciocco: Jim l’ha reso più profondo, più umano. Io sono il suo avvocato, difendo il suo punto di vista fino in fondo.
E sì, la più grande attrice italiana resta Claudia Cardinale: averla come prima immagine nella mia stanza d’albergo è stato un segno bellissimo.
Nel secondo film avete affrontato grandi sfide sott’acqua. In Avatar: Fuoco e cenere c’è qualcosa che vi ha davvero spinto oltre i vostri limiti?
Sam Worthington – Per me, questa conferenza stampa! Ma davvero: ogni giorno su Avatar è una sfida. Se Jim smettesse di spingere il limite, non sarebbe Avatar. Non c’è nulla di simile, e non credo ci sarà un’altra saga così. Le difficoltà (fisiche, tecniche, emotive) sono ciò che rende il viaggio unico e ciò che lo ripaga quando lo vediamo in sala con il pubblico.















































