Autopsia dell’alieno di Roswell: la grande beffa 30 anni dopo
Nel 1995 la Rai trasmetteva un’autopsia aliena che avrebbe acceso la Roswell-mania in Italia. Ma era tutto vero? Ecco cosa è emerso trent’anni dopo.
Nel 1995 un video di un’autopsia aliena sconvolse l’Italia. La trasmissione Mixer mostrò immagini inquietanti legate al celebre incidente UFO di Roswell del 1947. Ma cosa c’era di vero?
La grande beffa dell’alieno di Roswell: trent’anni dopo
Era l’estate del 1995 quando uno scettico Giovanni Minoli mostrava al pubblico italiano una puntata di Mixer destinata a rimanere nella storia. La trasmissione si apriva con una fotosequenza di cinque immagini in bianco e nero, non di ottima qualità, che mostravano un corpo disteso su un tavolo autoptico. Le differenze evidenti con un essere umano erano da ricercarsi nella forma della testa, decisamente più grande, gli occhi enormi coperti da una patina nera e la totale assenza di ombelico e capezzoli. Il corpo, inoltre, era completamente glabro, con sei dita a mani e piedi e appariva di bassa statura (all’incirca un metro e venti). Sempre all’apparenza, poteva essere associato ad un soggetto di sesso femminile, dal momento che presentava organi sessuali del tutto simili a quelli umani. Quelli mostrati erano i primi cinque fotogrammi di un video della durata complessiva di oltre 20 minuti riguardanti l’autopsia integrale di un essere alieno recuperato nel New Mexico nel 1947.
Mixer e misteri: l’autopsia aliena sbarca in Italia
Assieme a Giovanni Minoli, a rappresentare le due facce della medaglia, erano ospiti in studio gli ufologi Maurizio Baiata e Roberto Pinotti e il patologo Pierluigi Baima Bollone. Da una parte i possibilisti sul fatto che il video in questione potesse essere veritiero, dall’altra la scienza del professor Bollone, assolutamente scettico di fronte a quanto mostrato, ma sinceramente propenso a studiare il video in ogni sua parte. Quello presentato da Mixer era solo un piccolo antipasto di quanto sarebbe poi stato trasmesso, in concomitanza con tutto il mondo, il mese successivo all'interno del programma Misteri. Parte da lì, anche in Italia, la Roswell-Mania. Un periodo di alcuni mesi che tra conferme, ribaltoni e colpi di scena, portò all’attenzione del pubblico la leggenda dell’UFO Crash di Roswell.
Roswell 1947: cosa accadde davvero nel New Mexico?
Secondo la versione degli ufologi, nella notte del 2 Luglio 1947 un UFO, a causa di qualche tipo di malfunzionamento, precipitò nei pressi di Roswell, una piccola cittadina del New Mexico. Il mattino seguente un uomo di nome Mac Brazel rinvenne parte dei rottami sparsi nel suo campo e avvisò immediatamente le forze dell’ordine, nella speranza di poter ricevere una ricompensa. Passarono poche ore prima che i militari dell’esercito americano prendessero il controllo delle operazioni di ripulitura e analisi dei rottami. Qualche giorno dopo lo stesso esercito rilasciò un comunicato ufficiale, dove ammetteva di essere entrato in possesso dei resti di un disco extraterrestre.
Allo stupore generale fece seguito però una immediata doccia fredda, dal momento che un secondo comunicato confutava il precedente, parlando invece del ritrovamento di un normale pallone meteorologico, mostrando anche le foto dei resti (soprattutto legno e alluminio) di quanto recuperato nel campo di Mac Bracel. Tutto spiegato, quindi? Macché, perché da lì in poi la leggenda di Roswell è diventata il vero e proprio Sacro Graal dell’ufologia moderna. Non è bastata la conferma dell’esercito americano, datata 2006, che de secretando i documenti ufficiali dell’epoca mostrava che quello caduto a Roswell fu in realtà il prototipo di un pallone sonda sperimentale del “Progetto Mogul”, che aveva lo scopo di intercettare eventuali esperimenti nucleari russi.
Gli ufologi più convinti si sono sempre riferiti al primo comunicato e alle testimonianze di chi all’epoca assistette più o meno direttamente al ritrovamento dei resti, per parlare di un complotto ordito dai più alti livelli del governo americano per coprire l’esistenza di ospiti interplanetari che visitano regolarmente il nostro pianeta per studiare la razza umana. Da qui la leggenda di Roswell, che è diventata negli anni la principale fonte di reddito della piccola cittadina del New Mexico, altrimenti destinata allo stesso anonimato degli altri paesi del continente a stelle e strisce.
Il video dell’autopsia aliena: origine e diffusione
Fast forward fino al 1995 e al filmato di cui vi abbiamo già parlato in apertura, perché le immagini mostrate da Mixer confermavano, almeno in parte, l'immaginario collettivo con cui veniva rappresentato un classico essere alieno: epidermide di colore grigia, occhi enormi e neri, bassa statura e completamente glabri. In una parola: i “grigi”. Più o meno quello che gli spettatori italiani si trovarono di fronte quella sera dell'estate del 1995.
Ma come è arrivato a noi questo filmato? Il proprietario della pellicola, il documentarista inglese Ray Santilli, raccontò che qualche anno prima si trovava in America alla ricerca di materiale video su Elvis Presley per realizzare un documentario sul Re del Rock. Venne così in contatto con qualcuno che sosteneva di avere del materiale inedito su un concerto che Elvis tenne in una scuola locale di Cleveland. Una volta formalizzato l’acquisto, l’anziano proprietario del video, disse a Santilli di avere un altro filmato, ancora più incredibile, che mostrerebbe l’autopsia di un essere alieno, girato dallo stesso operatore quando era in forze all’esercito americano nel 1947.
Dopo aver visionato il video, Santilli capisce che quanto posseduto da Jack Barnett (nome fittizio dell’operatore) è oro puro e il suo spiccato senso per gli affari lo porta a cercare subito un finanziatore che possa coprire i 100 mila dollari chiesti da Barnett per vendere (in nero, ovviamente), le oltre 20 bobine di pellicola in suo possesso. Santilli impiega oltre un anno a cercare qualcuno disposto a coprire la cifra e lo trova nel discografico tedesco Volker Spielberg (nessuna parentela con il noto regista).
Una volta riportato il video in Inghilterra, Santilli racconta di aver passato mesi a ripulire, montare e analizzare il contenuto delle bobine. Una volta terminata l'opera di ripulitura, Santilli si ritrovò tra le mani non una, ma due autopsie su esseri essenzialmente identici ma con ferite differenti. Spielberg ne opzionò una per la sua collezione privata (anche se fu rilasciata qualche immagine a testimonianza della sua esistenza), lasciando la seconda al resto del mondo.
E a quanto pare sia Santilli che Spielberg avevano fatto bene i loro conti, dal momento che i 100 mila dollari iniziali si trasformarono in breve in un fiume di contanti, dal momento che Santilli vendette l’esclusiva della trasmissione del video ad una sola emittente per nazione. In Italia la RAI si aggiudicò i diritti per, si dice, una cifra milionaria (in lire, ovviamente), e già questo chiarisce l’ordine di grandezza dell’effetto moltiplicatore del video in questione. Non solo: il video integrale fu anche commercializzato in tutte le edicole al costo di 90 mila lire, con un ritorno economico su scala globale che si calcola essere stato superiore ai 13 milioni di euro.
Analisi scientifica e polemiche in TV del Caso Roswell
Ed è proprio per l’elevato costo del video che la RAI organizza un ciclo di puntate speciali all’interno della trasmissione “Misteri”, il programma dedicato al paranormale condotto dalla bravissima Lorenza Foschini, per analizzare e dibattere quanto mostrato nel corso della prima serata. Il video, che la Foschini precisa essere “non per tutti”, mostra in tutto e per tutto la resezione cadaverica dell’essere sul tavolo autoptico. Partendo dal celebre “Taglio a Y” sulla cassa toracica e sull’addome, i tre medici coinvolti iniziano il progressivo svuotamento del cadavere, fino all’estrazione del cervello dell’essere, non prima di aver rimosso la calotta cranica con l’ausilio di una sega chirurgica.
Una scena da “Grand Guignol” in prima serata, attenuata dalle immagini in bianco e nero e da una ripresa poco professionale, che andava quasi continuamente fuori fuoco senza permettere quindi di poter evidenziare i dettagli di quanto mostrato in video. In studio ufologi (i già citati Pinotti e Baiata, con il supporto di Corrado Malanga) e gli scienziati (sempre Baima Bollone, sostenuto da Margherita Hack e Tullio Regge) si confrontavano, anche con toni accesi, sul significato simbolico del video. Da una parte c’era chi ne sostenevano la possibile veridicità, in quanto molto vicina ai racconti dei testimoni. Dall’altra, invece, chi affermava senza troppi giri di parole (e tra questi anche Carlo Rambaldi), che quello mostrato era solo un manichino realizzato ad arte per confezionare un’opera da vendere al grande pubblico, sempre affamato di materiale di questo genere.
Le prime crepe nel racconto di Ray Santilli
Le analisi sul video iniziano però a generare le prime crepe nel racconto di Santilli. Alcune delle sequenze mostrano oggetti forse inesistenti nel presunto periodo in cui il video era stato girato e i medici coinvolti nell’autopsia vengono ridicolizzati dal professor Baima Bollone, che evidenzia lacune e imprecisioni nel loro modus operandi. Inoltre emergono anche i primi dubbi sull’età stessa dei video, che Santilli afferma essere del 1947. Il plurale è d’obbligo, perché oltre all’autopsia dell’alieno vengono mostrati anche altri due video: uno riguardante alcuni oggetti apparentemente recuperati dall’UFO e un secondo, chiamato “Il video della tenda”, che mostra alcuni dottori attorno ad un altro corpo, oggettivamente molto differente da quello visto nel video dell’autopsia.
Sfidato dai più scettici, Santilli invia alla Kodak alcuni fotogrammi della pellicola in modo da poterla analizzare per risalire all’anno di produzione. La Kodak, infatti, imprimeva un codice geometrico all’interno delle sue pellicole per risalire all’anno di produzione. Effettivamente il referto rilasciato successivamente dalla celebre multinazionale della fotografia parlava di un prodotto commercializzato nel 1947, ma precisava anche che quanto contenuto nei fotogrammi inviati da Santilli non mostravano in alcun modo l’essere alieno e che quindi poteva essere stato ricavato da una qualsiasi altra pellicola dell’epoca.
Non solo: anche il fantomatico cineoperatore sembra aver raccontato una storia poco plausibile (l’esercito si sarebbe dimenticato di recuperare il materiale sviluppato), e Santilli viene messo alle strette sulla sua identità. Per fugare ogni dubbio, Santilli decide di realizzare una video intervista, da mandare in onda per il solo mercato giapponese. Le immagini del vecchio operatore fanno però in breve il giro del mondo e si scopre che quello mostrato è in realtà un attore semi-sconosciuto e questo non fa altro che evidenziare le tante incongruenze raccontate da Santilli che, dopo il clamore iniziale, cominciò a centellinare le apparizioni pubbliche, nel probabile tentativo di far "sgonfiare" un caso che forse, letteralmente, gli era esploso tra le mani.
E in effetti il tempo è stato gentiluomo con Santilli. Una volta svanito il polverone dell’autopsia aliena le acque si calmarono e la pressione attorno alla sua figura iniziò a decrescere. Ufologi e scienziati rimasero ancorati alle proprie posizioni, senza avere modo di affermare con assoluta certezza la veridicità o malafede del video mostrato.
2006, la verità viene (quasi) a galla: l'autopsia dell'alieno di Roswell
Tutti si dimenticano di Roswell e del suo alieno, almeno fino al 2006, quando inizia a circolare il trailer del film Alien Autopsy. E, assieme al trailer, ecco riappare anche un raggiante Ray Santilli, che prende parte alla trasmissione Eamonn Investigates, andata in onda su Sky UK, per parlare della vera storia dell’autopsia aliena e, indirettamente, fare promozione al film in uscita. Quella raccontata da Santilli è, almeno in parte, una storia che già conosciamo: il suo viaggio negli Stati Uniti per raccogliere materiale video su Elvis, il suo contatto con Jack Barnett e il successivo acquisto delle bobine grazie all’intervento di un finanziatore esterno
E qui viene il bello. Secondo il nuovo racconto di Santilli, nel momento in cui l’operatore aprì le bobine per mostrargli il video, queste hanno iniziato a decomporsi a causa degli agenti atmosferici che lentamente, ma inevitabilmente, hanno letteralmente “mangiato” i componenti chimici che compongono la pellicola. Santilli ha impiegato quasi un anno a trovare i fondi necessari e quando riporta le bobine in Inghilterra, queste sono praticamente irrecuperabili. A questo punto l’unica mossa che gli rimane è quella di rigirare, o restaurare come dice lui, quanto visto a casa di Jack Barnett. Santilli sa benissimo quello che ha visto e rimette in piedi la scenografia necessaria e gli attori per ricreare i 20 minuti che saranno poi distribuiti alle tv di tutto il mondo.
Per la ricostruzione dell’alieno si rivolge a John Humphreys, artista e scultore inglese già conosciuto nel mondo della TV per aver lavorato a serie come Doctor Who. Humpreys, intervistato da Eamonn, racconta di aver ricevuto la chiamata da un “amico comune” (più avanti capirete il perché delle virgolette) che gli raccontò del progetto. Nel corso della trasmissione Humpreys mostra anche i bozzetti e gli stadi di lavorazione del manichino. E le interiora? Prese dal macellaio di fiducia di Santilli, che consigliò anche l’utilizzo di interiora di gallina, per non apparire troppo simili a quelle umane. Nella stessa trasmissione Santilli mostra al conduttore Eamonn Holmes gli oggetti di scena visti nel “video dei rottami”, con pannelli e travi realizzati dallo stesso Humpreys e adesso contenuti nel bagaglio della macchina di Santilli.
Una presa in giro, quindi? Non proprio, sostiene Santilli, perché i pochi frames che si sono salvati dalla decomposizione della pellicola sono comunque contenuti all’interno del video. Quali? Non si ricorda, dice lui, ma invita il pubblico a fare particolare attenzione perché un occhio attento potrà facilmente individuarli. Il film Alien Autopsy esce nell’aprile del 2006 e mostra la storia raccontata da Santilli a Eamonn Holmes sotto forma di una commedia accolta molto tiepidamente da pubblico e critica, che vede comunque tra il cast alcuni volti molto conosciuti del cinema come Bill Pullmann e Harry Dean Stanton e il duo comico inglese Ant e Dec.
Questa è la pietra tombale dell’alieno di Roswell? No.
Spyros Melaris: l’uomo dietro l’autopsia aliena
Nel 2007 l’ufologo Philip Mantle riceve via mail una soffiata sul famoso video, indicano Spyros Melaris come l’autore del video in questione. Mantle quindi raggiunge Melaris, che evidentemente dopo ormai 11 anni ha una gran voglia di rivelare al mondo il suo trucco più riuscito. Melaris, infatti, oltre ad avere una piccola casa di produzione video è anche un prestigiatore dilettante. Melaris racconta di aver conosciuto Santilli a Cannes e fu lo stesso Santilli a mostrargli il “video della tenda”, forse convinto di impressionare il suo interlocutore.
Ma Melaris è uomo di mestiere e smaschera immediatamente il trucco: quello è un video con una qualità troppo buona per risalire al ’47. Santilli deve ammettere che quel video è stato realizzato su commissione in epoca moderna per essere inserito all’interno di un pacchetto di video simili da vendere alle TV di tutto il mondo. Melaris propone allora la realizzazione di un video ancora più sconvolgente: quello dell’autopsia di un alieno. Chiede 10 mila sterline per la realizzazione del manichino e per la ricostruzione del set.
Santilli accetta ed è Melaris a coinvolgere John Humpreys per lavorare sull’alieno. Nel frattempo Melaris studia tutto quello che riguarda la mitologia UFO, in modo da essere preparato una volta pronto ad “andare in scena”. Nel corso delle riprese lui, la fidanzata Geraldine e altre due persone, si alternarono nella resezione dell’alieno, ottenendo un risultato tutto sommato accettabile. Ma “accettabile” non è abbastanza per Melaris, che si accorge di alcuni errori commessi nei movimenti in scena e paga di tasca per la realizzazione di un secondo manichino (da qui i due video delle autopsie) a cui aggiunge una drammatica ferita sulla coscia destra per differenziarlo maggiormente dal primo, che invece non presentava ferite evidenti.
Questa volta il video è perfetto e pronto per essere confezionato da Santilli per essere mostrato al pubblico di tutto il mondo. L’intenzione di Melaris era quella di realizzare un ulteriore video per mostrare al mondo il “making of” dell’alieno e svelare quindi il “trucco” con cui aveva ingannato il pubblico. Ma Santilli è più furbo di lui e lo costringe a firmare dei documenti di non divulgazione che, di fatto, lo obbligano al silenzio. Ma la pubblicazione del film Alien Autopsy è una “liberatoria” per Melaris che, ormai libero da qualsiasi vincolo può raccontare la sua storia (comprovata anche da mail e bozzetti scambiati con Santilli) mettendo, forse, la parola fine a una storia che si trascina per un quarto di secolo.
Bufala Roswell, la beffa UFO milionaria che ha fatto storia
Una storia che ha dato il via ad una massiccia produzione video e libri sull’argomento, è stata fonte di discussioni e analisi che non riuscivano mai a portare verso una risposta sicura. In sintesi, quella che vi abbiamo raccontato è la storia dell’alieno di Roswell. Se volete trovare delle fonti per approfondire la storyline di questa incredibile vicenda vi consigliamo il preciso e dettagliato podcast “La Prova”, di Lorenzo Paletti e letto da Massimo Polidoro, o il libro di Philip Mantle, Roswell Alien Autopsy, interamente in lingua inglese. Vi segnaliamo inoltre il sito www.autopsialiena.it dove potrete anche ascoltare le interviste originali ad alcuni dei protagonisti di un’autentica beffa milionaria.
Crediti immagine copertina: Manichino esposto all'International UFO Museum di Roswell. InSapphoWeTrust from Los Angeles, California, USA - Roswell UFO Museum (CC BY-SA 2.0).