Pesci Piccoli 2 si porta dietro tutto quello che rende così divisivi The Jackal: la recensione della serie Prime

Pesci Piccoli 2 rafforza le fondamenta della prima stagione, alza il livello d’ambizione ma si porta dietro anche le debolezze dei The Jackal.

Pesci Piccoli 2 si porta dietro tutto quello che rende cosi divisivi The Jackal: la recensione della serie Prime

Basta curiosare un po’ senza meta sui social in lingua italiana per rendersi conto che poche celebrità nate nell'era di Internet e di fama nazional popolare (gente famosa su TikTok ma anche tra gli spettatori del TG1) sono divisive come i The Jackal. Tanto che, successo a parte, quasi tutto ciò che li riguarda diventa terreno di scontro. C’è una percezione diametralmente opposta rispetto ai loro contenuti e al loto talento comico, dovuta probabilmente al fatto che il tipo di sketch che riesce loro meglio è intrinsecamente legato ai ritmi, al lessico, all’espressività nata e cresciuta nella prima era di YouTube. Così ciò che è semplice o semplificato diventa per altri semplicistico, un umorismo molto leggero e ben educato diventa spuntato, la costruzione della battuta tenendo ben presente le aspettative del pubblico diventa banalità prevedibile e via dicendo.

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La seconda stagione di Pesci Piccoli, ora disponibile su Prime Video, con più budget, più episodi e più ospiti di pregio rispetto alla prima, mette in evidenza il perché di questo divario. La serie costringe infatti il gruppo creativo napoletano a confrontarsi ancora una volta con un medium che, per quanto addomesticato, si rifà a regole molto differenti da quelle di YouTube e dei social, in primis la necessità di parlare a un pubblico più grande, stratificato, disomogeneo.

Pesci Piccoli 2 si basa un po' troppo su guest star e parodie

Nel corso degli otto episodi (due in più della prima stagione), torniamo nell’agenzia di comunicazione protagonista, piccola e geograficamente lontana dai grandi centri della pubblicità italiana, con al comando una ex del mondo più grande e competitivo Greta (Martina Tinnirello) e una squadra un po’ sgangherata che le va dietro. Ritroviamo l'agenzia divisa tra la voglia di puntare più in alto e una crisi economica che morde con ferocia il comparto, falcidiando le piccole realtà come quella al centro della serie. Per sopravvivere i pesci piccoli devono imparare a nuotare tra gli squali, o almeno provarci.

Nella prima parte di stagione risultano molto chiari i limiti dei The Jackal come sceneggiatori e attori, specie facendo il raffronto con quella che potremmo considerare la sorella maggiore di questa serie, o per meglio dire lo squalo: Call My Agent Italia di Sky. Una serie che, a sua volta, è di molto inferiore per qualità, creatività e incisività al modello originale, l’omonima serie francese. La serialità italiana di dimensioni-medio piccole fatica a muoversi ad alti livelli; è un fatto. Pesci Piccoli ripropone in piccolo, appunto, quanto fatto da Sky, appoggiandosi a peso morto sulla presenza di guest star via via più importanti e impattanti, ma non sempre capaci di dare una svolta incisiva all’episodio di riferimento.

Un altro limite di Pesci Piccoli è quanto dipenda da altri prodotti per sviluppare la sua storia, specie sul versante comico. Un intero episodio dedicato alla Melevisione, quello con il Fight Club dei complimenti tra uomini, la macchinetta del caffè Hal 9000, oltre a una marea di riferimenti pregressi che si portano dietro guest star come Maurizio Merluzzo e Beppe Vessicchio. È una cifra stilistica di chi ha mosso i primi passi in ambito parodico in un formato che crea per derivazione e alterazione più che partendo da zero. Pur avendo episodi della durata stringata di mezz'ora, Pesci Piccoli 2 talvolta fatica a riempirli, perché deve centellinare la poca storia orizzontale che ha per non rimanere corta sul finale.

Pesci Piccoli 2 si porta dietro tutto quello che rende così divisivi The Jackal: la recensione della serie Prime

Senza contare che, proprio per non estraniare il pubblico abituato a muoversi su un terreno familiare, i riferimenti devono essere così nazional popolari da diventare banalissimi, anche solo perché quante parodie di Fight Club abbiamo visto prima di questa? Questo vale ovviamente per quella generazione il cui orizzonte culturale coincide con quello dei fondatori del gruppo: da qui la fatica di chi è più giovane ma soprattutto più anziano a seguire con trasporto la storia. 

D’altronde i The Jackal hanno le loro radici nella parodia (basta pensare a quanto fatto con Gomorra) pensata per la loro generazione o nell’ironia leggera basata sugli stereotipi italiani. Pesci piccoli 2 alterna questi due poli narrativi, attingendo alla loro competenza personale. I passaggi migliori sono infatti quelli in cui senti dietro la disperazione e il cinismo di chi ha visto “il lato oscuro dei mestieri creativi e social” italiani, dalla verticalizzazione dei video al pitch orrendo e fuori budget per fare accettare di buon grado l’alternativa al cliente. C’è anche tutto un discorso molto interessante ma poco approfondito sull’impatto che gli influencer hanno avuto sul mondo della pubblicità e della promozione, con i protagonisti di fatto costretti a collaborarci e coadiuvarli, anche se nei fatti questi figure talvolta bizzarre, talvolta incisive, hanno depauperato il loro settore.

Non tutti i The Jackal funzionano allo stesso modo in Pesci Piccoli 2

Così come nella prima stagione, appare evidente una mancanza di omogeneità, che fa oscillare di moltissimo la qualità media dell’episodio. Dentro i The Jackal, detto molto brutalmente, ci sono anime e talenti differenti e non tutti vengono trasportati al meglio da YouTube a un mondo così schematizzato e basato sulla recitazione collettiva e naturalistica come quello della serialità.
I personaggi di Aurora e Fabio in particolare faticano ad amalgamarsi con quelli portati avanti da interpreti tradizionali come Martina Tinnirello e devono rimanere molto, molto aderenti alla loro personalità originaria, rendendo le loro linee narrative piatte, prevedibili e spesso ancorate a dinamiche adolescenziali che mancano davvero di mordente. Al contrario Ciro e Fru, pur interpretato personaggi basati sulla loro caratterizzazione portata avanti nelle incarnazioni precedenti, sono più convincenti a livello recitativo, anche nei passaggi drammatici, anche negli spezzoni realistici e sostengono i filoni narrativi più articolati e interessanti.

Pesci Piccoli 2 si porta dietro tutto quello che rende così divisivi The Jackal: la recensione della serie Prime

A brillare davvero è Fru con il suo personaggio per certi versi diametralmente opposto al ragazzo entusiasta di fianco ai The Kolors sul palco di Sanremo 2025. Non solo è così carismatico da staccare il resto del cast (e spesso salvare gli episodi più deboli) ma il suo pubblicitario stronzo, anaffettivo e molto represso ha di gran lunga le svolte narrative migliori della seconda stagione. È quasi imbarazzante lo stacco qualitativo tra l’episodio in cui Aurora deve gestire un cane morto e l’ansia esistenziale, quello in cui Fabio di confronta con la sua paura di esporsi con quello - davvero eccellente - in cui Fru affronta i suoi traumi infantili attraverso una versione “trip” della Melevisione. La scrittura dell’episodio, più nera, esplicita e cinica, la presenza di Danilo Bertazzi nei panni di un Tonio Cartonio espressione del subconscio; tutto insomma regala la mezz’ora più memorabile dall’inizio della serie e l’unico passaggio in cui si avvicina a quella che è la pietra miliare e il metro di paragone di questi prodotti che raccontano realtà lavorative creative dal di dentro: Boris.

Pesci Piccoli

Nazione: Italia

6.5

Voto

Redazione

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Pesci Piccoli

Nella seconda metà della seconda stagione di Pesci Piccoli, vuoi perché si è presa un po’ la mano con la comicità del gruppo anche se non se ne seguono i lavori su YouTube e altre piattaforme, un po’ perché l’intreccio si fa più articolato e interessante, Pesci Piccoli 2 funziona e convince molto di più, tanto da giustificare ampiamente l’ordine di una terza stagione da parte di Prime, se mai si farà. Il potenziale di crescita c’è, un bello stacco rispetto alla prima stagione più titubante e limitata a livello di risorse anche. Servirebbe però la volontà di staccarsi più nettamente dalle incarnazioni passate e un po’ di cattiveria in più nel puntare su ciò che davvero funziona, armonizzando le tante discrepanze tonali presenti nella serie.

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