And Just Like That: la recensione della seconda stagione

La seconda stagione di And Just Like That è un totale disastro. Non solo: un affronto ai fan. Ecco perché

And Just Like That la recensione della seconda stagione

È di fatto un sequel. In tutto e per tutto. È anche tratta dallo stesso libro da cui è tratta Sex and the City, con gli stessi autori televisivi. Ma è un’altra serie. Con un titolo diverso. Totalmente distante dal concetto di un revival… Tanto da aver snaturato i personaggi. And Just Like That, stagione 2: un affronto ai fan.

Chi è questa donna?

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Io non so chi sia questa donna interpretata da Sarah Jessica Parker, ma certamente non è Carrie Bradshaw.

Perché Carrie Bradshaw non avrebbe mai, mai e poi mai, in nessun caso, considerato Big “un errore”. Non avrebbe mai avuto ripensamenti sul suo passato sentimentale, mai al punto di credere di aver sbagliato a non sposare Aidan per continuare - di fatto - a rincorrere Mr. Big (Chris Noth) e a trionfare finalmente su quel sogno d’amore che sembrava irrealizzabile.

Quando ho iniziato a vedere Sex and the City, al suo debutto televisivo, avevo 23 anni. Ero nel target perfetto della serie, e m’innamorai della sua New York, delle sue protagoniste, del loro legame d’amicizia che restava invariato mentre gli uomini andavano e venivano.

Poi sono arrivati i film, il drammone - poco credibile - del matrimonio mancato, il ritorno - ancor meno credibile - di Aidan (John Corbett) incontrato durante un viaggio nel secondo film, e quel ritorno di fiamma che per nessuno dei due avrebbe davvero avuto senso. E poi?

Si cancella Mr. Big - e conseguentemente tutta la storia di Carrie in 5 stagioni e 2 film - con un colpo di spugna, si ripesca Aidan, anch’egli prontamente cambiato in base alle necessità della sceneggiatura, e si fronteggiano gli ascolti scarsi e le critiche negative ripescando l’ex più amato dai fan.

Ma non da Carrie. Non finora, almeno.

Non fino al punto in cui diventa l’amore della sua vita - quando tutti sappiamo che era un altro - e accetta una condanna a 5 anni di carcere sentimentale che non ha alcun senso, anche perché non sono più così giovani, in un secondo finale di stagione fastidioso quanto tutti gli episodi precedenti, e forse anche di più. Con tanto di sesso e discorsi disinibiti infilati qua e là, fra una cena elegante con lo chef stellato e una serata al Met. Una cosa completamente priva di logica e coerenza.

11 episodi d’incoerenze

And Just Like That: la recensione della seconda stagione

Ci vorrebbe un libro per raccogliere tutte le incoerenze di questa seconda stagione di And Just Like That, se possibile ancora peggiore rispetto alla prima. Almeno, nella prima, le protagoniste rimaste - Samantha (Kim Cattrall) viene liquidata piuttosto in fretta, e ha davvero poco senso che non partecipi al funerale di Big e faccia una comparsata nel secondo finale di stagione senza esserci davvero - sono donne più o meno consce della loro età. Capelli grigi inclusi.

Ampiamente over 50, le ex protagoniste di Sex and the City nella prima stagione vestono e si comportano di conseguenza, rispetto alla loro età. Poi, d’un tratto, rieccole qui: vistose tinte ai capelli, abiti che osano come quando le loro proprietarie avevano meno di 30 anni, tentativi - piuttosto patetici - di spacciarsi ai nostri occhi, e ai loro, per le ragazze che avevamo conosciuto e amato.

Carrie passa dall’incapacità di registrare l’audiolibro del suo romanzo su Big al considerarlo un errore in quanto tempo, meno di 3 episodi? Miranda (Cynthia Nixon) tratta Steve (David Eigenberg) - l’uomo che ha scelto e amato per anni, con cui si era trasferita a Brooklyn e per il quale aveva accettato di occuparsi della suocera malata - come se fosse un mostro. Per cosa? Per aver frequentato un’altra donna dopo che lei, Miranda, l’aveva lasciato di punto in bianco… Per una donna. E Charlotte (Kristin Davis) passa dalla leziosa, ritrovata impiegata di una galleria d’arte newyorkese - con tanto di collega di taglia XXL, così abbiamo introdotto ma mai affrontato anche il tema del bodyshaming - alla mamma moderna che accetta la mancata identificazione sessuale della confusa figlia, salvo spingerla a fare la modella per riavvicinarla al suo mondo appunto lezioso, modaiolo e incredibilmente snob.

Ecco: snob è la parola d’ordine, qui.

Carrie & le altre snob

And Just Like That: la recensione della seconda stagione

Le già citate omelette da 26 dollari - un vero e proprio schiaffo alla miseria - si accompagnano alle case da sogno acquistate senza mai pensare alla cifra, ai pranzi costosi, alle vacanze chic, al lusso sfrenato che Carrie - ex donna normale - condivide grazie all’eredità del suo “errore” con l'amica Charlotte, con una di nuovo rossa Miranda - che esibisce uno stile di vita ricco come mai prima d’ora, pur facendo la “stagista” in un nuovo studio legale - e con le new entry,  le nuove amiche, rigorosamente politicamente corrette, nel giro delle amicizie. Un’agente immobiliare abituata a vivere con un tappeto rosso ai propri piedi, tanto da non sembrare nemmeno una donna in grado di lavorare un solo giorno nella propria vita; una professoressa della Columbia University che supera la fine del proprio matrimonio in una cena e un assurdo regalo per il figlio dell’ex in arrivo e, infine, una regista di documentari al centro della scena della New York bene, il cui marito si candida per entrare in politica e la cui prole compare e scompare a seconda delle necessità di sceneggiatura. Gravidanza in età avanzata inclusa. Ancora una volta: tema introdotto, non trattato.

And Just Like That nella prima stagione ci aveva scioccati, volendo insegnarci come la vita cambi. Voleva cancellare l’happy ending di Carrie e poi raccontarci che si poteva continuare a vivere… Ma in questa seconda stagione ci offende, mancando di rispetto ai personaggi e alla loro natura. Ce l’avreste mai vista, Carrie Bradshaw, pronta a vendere il suo appartamento, quello che ha tenuto per tutta la vita? Per un uomo che alla fine ci entra, in quell’appartamento, giusto un attimo prima di andarsene. Il tutto, naturalmente, lanciando ripetuti schiaffi alla miseria in un’epoca post-pandemia che, nel mondo della nuova Carrie snob, vedova ereditiera, si preoccupa più dell’aspetto che della sostanza.

Questo secondo ciclo di episodi è un affronto a tutti i fan della prima ora, il trattamento riservato al personaggio di Steve è francamente odioso e la memoria di Big - che non è morto da 30 anni! - viene ripetutamente infangata dal ritorno di un Aidan che è diventato l’uomo perfetto per Carrie: una sorta di sostituto di Big, ma con figli ed ex moglie-amica di Carrie, con una fattoria in campagna ma anche una carriera da riccone che si può permettere i migliori hotel di New York. Qua i casi sono due: o le incongruenze le vediamo solo noi, e gli sceneggiatori le ignorano, o cercano di vendercele come mutamenti dati dall’età, pur sapendo benissimo che si tratta di aspetti caratteriali e di ideali che non muterebbero mai  in così larga misura.

And Just Like That: la recensione della seconda stagione

Qui ci preoccupiamo di dare del “loro/essi” a una comica che rappresenta la comunità LGBTQI+ senza preoccuparci di come debba fare la segretaria in una clinica veterinaria per mantenersi, perché il suo podcast, i suoi spettacoli e la sua serie TV non sono abbastanza per permetterle di non avere un lavoro “vero”.

Va bene che siamo in pieno sciopero di attori e sceneggiatori, e ogni riferimento è puramente voluto, ma qui stiamo esagerando: si prende il talento di Che (Sara Ramirez, Grey’s Anatomy) e lo si riduce al problema di come chiamarla quando la si cita. Lasciando da parte tutto il resto, ovvero come sbarcare il lunario.

La seconda stagione di And Just Like That ci prende in giro, offende la nostra intelligenza di telespettatori, cancella 6 stagioni e 2 film di conoscenza delle protagoniste, riscrive il loro carattere e il loro modo di vivere e di vedere la vita, si concentra sulla cancel culture e sull’ossessione per l’inclusione quando aveva l’opportunità di includere il passare degli anni accettato e sereno nella vita di un gruppo di donne mature.

Occasione persa. Passato infangato. Ideali cancellati.

Memoria offesa. Tanto che Stanford (il cui interprete, Willie Garson, è purtroppo morto nel 2021) viene liquidato come - tenetevi forte - monaco scintoista in Giappone, determinato a non fare mai più ritorno e a liberarsi dei beni materiali regalandoli a Anthony (Mario Cantone). Non so se ci rendiamo conto del livello…

E fu così che, nonostante una larghissima parte del pubblico la pensi come me, la serie venne rinnovata per un terzo ciclo di episodi che, mi auguro, nessuno avrà l’ardire di guardare… Visto che anche l’espediente Aidan, sfruttato nella stagione 2, è ormai finito nel cestino dei rifiuti insieme a tutto il passato di Carrie Bradshaw. Al suo stile di vita. Al suo modo di pensare all’amore. Alla sua stessa indole. Perché? Per nessun motivo sensato, credibile, illuminante. Eccolo, il vero problema.

And Just Like That

Rating: TBA

Nazione: USA

4

Voto

Redazione

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And Just Like That

La seconda stagione di And Just Like That è un affronto ai personaggi e ai fan della prima ora di Sex and the City. Si stravolgono il passato di Carrie, il suo modo di vedere la vita e di viverla, il suo ideale d'amore. Carrie Bradshaw che prima scrive un libro sulla morte dell'amore di sempre e dopo poco, ritrovato un ex, liquida la sua storia infinita con Mr. Big come un errore? 

Aidan viene ripescato dal passato per risollevare gli ascolti di una serie che non piace ai fan di Sex and the City, e che in questa stagione - oltre alle incoerenze - trasforma anche Carrie in una snob. Big sarà anche stato un errore, ma il patrimonio ereditato che le permette di vivere da gran signora non ci sembra le risulti sbagliato.

Per non parlare del trattamento vergognoso riservato al personaggio di Stanford - il cui interprete ci ha lasciati nel 2021 - e della superficialità con cui, nel mondo perfetto di Carrie e delle sue (ora tutte) ricche amiche, gli argomenti pesanti si introducono ma non si affrontano.

Incredibilmente, la serie è stata rinnovata. Difficile che riescano a fare peggio di così, ormai. Ma il dubbio resta...