Project Zero

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Project Zero

E se in Resident Evil quindi erano gli Zombie ad atterrirci, i mostri e gli scontri a fuoco, e in Silent Hill erano i nostri incubi peggiori a non farci dormire la notte, in PZ, cosa si saranno inventati per farci tremare dalla paura?
Difficile a dirsi, perché pur sempre si tratta di una serie di elementi, ma decisamente si può optare per l'atmosfera, cupa e tetra al punto giusto, per la protagonista, una dolce fanciulla inerme, e poi per la mancanza di armi, quelle armi che tanto coraggio ci incutono fino a darci la convinzione di avere il mondo nelle nostre mani. E cosa potrebbe farci più paura di indossare i panni di una ragazza indifesa, racchiusa nella sua corazza si virtù, in una magione piena di spiriti?

Immedesimazione totale
Ci sono vari modi per intendere la paura. Uno di questi è la suggestione, sicuramente la carta vincente di Project Zero. La paura è ovunque, è intorno a noi. Tutto è costellato dalla paura: i rumori che riecheggiano nei lugubri corridoi, lo scricchiolio delle porte, le apparizioni di qualche anima dannata e la pila che di tanto in tanto abbaglia qualche creatura celata nell'oscurità. Ma non solo: le paure della protagonista, gli attimi di terrore, gli spasimi e le angosce accomuneranno voi e la giovane, facendo di voi e lei un tutt'uno. Questo è il tipo di terrore che PZ riesce a indurre, un terrore grottesco che lascia ampio spazio all'immaginazione: la fantasia infatti arriva persino dove la computer grafica non può giungere.

Ed è così che questo titolo ci cattura, non tanto per la paura di quel che avviene, ma la paura di quel che potrebbe avvenire, un titolo che ci dona tanto terrore solo per il fatto di ritrovarci là da soli nella magione. Non servono mostri, sparatorie e quant'altro, bastano delle piccole urla di sottofondo, la totale assenza di luce e un po' di atmosfera per farci ritornare bambini capaci di tremare nel proprio letto per le ombre che si muovono nella stanza. E qua PZ da il meglio di se, anche se, è bene dirlo, dopo un po' ci si ambienta.

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Un bambino che ha paura dell'acqua dopo che impara a nuotare e si è abituato, non avrà più paura fino all'arrivo di nuovi pericoli: allo stesso modo, dopo un paio di ore di gioco, gironzolare per la magione non ci creerà più grossi problemi e avremo già capito che le paure di quel che potrebbe accadere non sono fondate, e che la mancanza di colpi di scena farà calare drasticamente anche l'atmosfera totale.

Non si può uccidere la paura. È la paura che uccide.
Per quel che concerne il reparto grafico, bisogna dire che i programmatori hanno svolto decisamente un buon lavoro. Gli effetti di luce infatti, e la quasi totale presenza della penombra, inframmezzata giusto dal bagliore della pila o di qualche altra luce fissa, hanno dato modo di creare un effetto davvero particolare, che a tratti ricorda qualche vecchia pellicola horror degli anni 80. La presenza della pila, ricorda parecchio da vicino Alone in the Dark 4, dove speciale valore assumeva il binomio contraddittorio "buio-luce" e dove particolare attenzione andava fatta nei riguardi delle zone illuminate e non. Sebbene in PZ verrete ad agire in zone pressoché mai illuminate, e dove giusto la luce della luna vi aiuterà, la pila avrà giusto valore estetico, perché illuminerà poco o niente.

Le telecamere sono fisse, alla Resident Evil per intenderci. Esse però sono in grado di zoomare e anche ruotare non troppo marcatamente, fattore non troppo evidente ma capace di togliere quel senso di staticità presente in molte altre produzioni. Questo accorgimento permette di avere il personaggio sempre in vista grazie a una serie di telecamere multiple poste in punti strategici, che riescono a passare da un'inquadratura all'altra molto morbidamente conferendo al tutto uno stile molto cinematografico. Presente poi una telecamera in prima persona, per quando dovrete scattare le foto ai fantasmi.

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Redazione

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Non si può salire sul ring contro Cassius Clay solo perché si ha la convinzione di saper combattere. Questo i programmatori della Wanadoo lo sanno bene, e perciò hanno sfornato un buon prodotto, capace di fronteggiare e rimanere a testa alta di fronte alla miriade di survival horror finora usciti, anzi, capace di distinguersi da questi e di portare nuova linfa a un genere saturo di cloni.
Un survival horror particolare, in cui l'azione sarà ridotta ai minimi termini e l'esplorazione e la risoluzione degli enigmi avranno un ruolo fondamentale. Ma cos'è effettivamente Project Zero? Un viaggio onirico verso un mondo surreale, un piccolo tragitto verso le paure più profonde del sub-inconscio, quelle paure capaci di prendere forma ed attaccarci, atterrirci e terrorizzarci. Con la sua atmosfera da incubo vi catturerà. PZ infatti è un buon titolo, ma ad una realizzazione tecnica di primo livello e a una buona ambientazione, contrappone un gameplay lineare e a tratti davvero troppo scontato. L'idea però rimane buona, e anche l'utilizzo della macchina fotografica per catturare i fantasmi, è una discreta alternativa alle miriadi di armi proposte in più titoli.
E' tutto già visto, si, ma la suspense è efficace, almeno finchè non ci si abitua a girare per la magione, almeno fino a quando non si capisce che da aver paura c'è poco o niente. Perché è proprio questo uno dei punti dove PZ va a fallire: la mancanza di colpi di scena; tutto è troppo lineare, prevedibile e scontato. E' questo il fattore che lo limita non moltissimo ma abbastanza, abbastanza da farci capire che siamo ormai troppo navigati per poter essere intimoriti da un horror psicologico, troppo allenati per aver paura d'indossare i panni di una fanciulla indifesa, racchiusa nella sua corazza di virtù, armata di sola macchina fotografica, ma ancora capaci di apprezzare un gioco dove la voglia di scoprire il finale avrà la meglio sull'effettivo divertimento... e già questo non è poco.
Se il buon giorno si vede dal mattino la Wanadoo può stare tranquilla che il futuro sarà veramente roseo. Un buon titolo quindi, che pur con i suoi pregi e difetti, riuscirà anche qui in Europa a ritagliarsi una bella fetta di mercato. Promosso.