Gundam SEED Battle Destiny Remastered, si torna nella Cosmic Era – Recensione Switch
La recensione dell’action-RPG di ArtDink ambientato nell’universo di Gundam SEED, uscito originariamente su Vita. Una formula vetusta, che si rivolge ai fan della serie
Nella mia cartella del bingo per questo 2025 di sicuro non c’era il ritorno della serie Gundam Battle, tanto più di un remaster del capitolo per Vita. Eppure eccoci qui, con questo Mobile Suit Gundam SEED Battle Destiny Remastered, alla sua prima in Occidente, intenzionato a riportare in auge una costola del franchise che ci eravamo lasciati alle spalle quasi 20 anni fa. Potrebbe sembrare una release un po’ random, ma non dimenticate la recente uscita del film Gundam SEED Freedom, e qual modo migliore per calcare la mano se non tirare fuori dall’armadio il titolo Artdink, praticamente già pronto? Vale dunque la pena riscoprirlo?
Gundam SEED Battle Destiny Remastered - Il contesto narrativo e il ruolo del giocatore
Vi risparmio la lezione di storia su Gundam, perché ci metterei mezza giornata. Quanto a SEED, si tratta della saga con cui Sunrise ha inaugurato il nuovo millennio, nel periodo in cui gli anime, intesi come tali, iniziavano a guadagnare trazione oltreoceano. Nell’arco dei 100 episodi che compongono le due stagioni succede un sacco di roba, tra attentati, crimini di guerra, genocidi, morti brutte e relazioni malate, ma in soldoni la vicenda ruota intorno al conflitto tra i Natural, gli umani “normali”, e i Coordinator, geneticamente modificati e dalle capacità superiori, in un circolo vizioso di vendetta e scontri ideologici a bordo di robottoni giganti. Non una delle mie iterazioni preferite (per via dell’eccessivo riciclo di animazioni, un cast a mio avviso pedante, e il collasso della trama nella seconda metà di Destiny), ma ne riconosco i meriti per chi si avvicina per la prima volta a questo immenso universo narrativo, complici un buon bilanciamento, design fighi e un’ottima colonna sonora.
L’obiettivo di Battle Destiny è catapultarvi nel bel mezzo dei momenti topici della serie tv, nei panni di un pilota senza volto, un “intruso” che accompagnerà eroi o villain (a seconda della fazione per cui si sceglie di parteggiare) nella loro campagna. Potremo personalizzarne “razza” e abilità di partenza; idem per il proprio partner, comandato dall’IA. L’originale del 2012 sfruttava questa feature per il multiplayer cooperativo, assente purtroppo in questa versione. Di skill se ne sbloccano a iosa e potremo cambiarle quando ci pare, ma non le origini, e questo evidenzia un problema con i Natural, tagliati fuori dalla maggior parte dei Mobile Suit, specie quelli di fascia alta (che possono pilotare, sebbene con penalità parametriche). Possiamo rimuovere questa restrizione facendoli diventare dei “Cyber Newtype” e al contempo matti da legare, ma avremo in pratica tra le mani un Coordinator di scarto. Carino dal punto di vista della lore, ma seccante lato gameplay.
Gundam SEED Battle Destiny Remastered - Struttura di gioco: breve, densa e tutt’altro che introduttiva
Il titolo adotta una struttura a missioni brevi (dopotutto era stato concepito per console portatile), suddiviso in due archi temporali, uno per stagione, ognuno con tre “route”: Earth Alliance, ZAFT e i rinnegati dell’Archangel, più una serie di scenari bonus. L’obiettivo sarà sempre fare piazza pulita delle forze rivali in campo, magari proteggendo unità o postazioni alleate nel mentre. In termini di quantità non siamo messi affatto male, tuttavia se pensate di approcciare SEED partendo da qui preparatevi a una brutta sorpresa.
Battle Destiny si aspetta infatti che voi conosciate già al dettaglio setting e sviluppi. Non ci sono briefing prima delle sortite (eccetto una descrizione sommaria del contesto, comunque poco esplicativa), non ci sono dialoghi, i personaggi esordiscono a caso sparando sentenze riprese dall’anime, e si salta di palo in frasca senza mai un approfondimento o uno straccio di spiegazione. La situazione diventa ancora più confusionaria se nel mucchio ritroviamo eventi palesemente filler oppure ripresi dalle varie "side story", come Astray o Stargazer. Non c’è continuità, e i fan di SEED sicuramente si divertiranno a riconoscere beniamini e circostanze, ma tutti gli altri molto probabilmente non ci capiranno granché.
Situazione analoga per quanto riguarda il campionario di Mobile Suit. Il gioco ne annovera oltre un centinaio, 116 per la precisione, ma non esagero quando vi dico che un buon 80% del roster è composto da Dagger, GINN, ZAKU, parenti stretti e varianti sul tema. Da un lato apprezzo che ogni singola macchina comparsa durante la saga, anche solo per mezzo episodio, in qualche manga oscuro e persino meri concept art, sia stata rappresentata, e da estimatore del franchise è sempre un piacere mettere le zampe sui modelli meno appariscenti, ma posso comprendere chi storcerà il naso di fronte alle differenze tra un 105 Dagger, uno Strike Dagger, un Dagger L o un Dark Dagger (spoiler: non molte), oppure alle tante colorazioni di ZAKU.
Pad alla mano, la produzione Artdink esibisce una formula di gioco action-RPG legnosa e stantia, che si è evoluta ben poco dai passati Battle per PSP, o peggio dai Vs. dell’era PS2. I mech sono perlopiù lenti e impacciati, in linea con le performance dei Mobile Suit della Universal Century, usati come riferimento per i vecchi capitoli (specie quelli dedicati alla One Year War), ma non certo quelli di SEED, abituati a evoluzioni in volo e arsenali parecchio più appariscenti e letali. Poco male, ci si abitua in fretta al setup, un po’ meno ai tempi di risposta pachidermici per cambiare arma, alzare la guardia e divincolarsi da una combo, o al puntamento automatico che spesso ha le traveggole. Nonostante ci troviamo a bordo di quelli comunemente chiamati “super robot”, il titolo non nasce come action duro e puro, ha 13 anni sul groppone e ancora di più a livello concettuale; siate pazienti con lui.
Al termine di ciascuna missione saremo valutati in base al tempo impiegato e ai danni subiti, il nostro alter ego guadagnerà esperienza per accrescere le varie statistiche, che influenzeranno la resa del Mobile Suit in campo, e riceveremo punti con cui migliorare i parametri dell'unità schierata, come la resistenza a proiettili e laser, potenza ed efficienza dei propulsori, potenza, precisione, velocità e munizioni delle singole armi e altro ancora. L’idea è ottimizzare le prestazioni a seconda del proprio stile di gioco, ma se ne ricevono così tanti che bastano un paio di round per massimizzare tutto il pacchetto.
E ne avrete bisogno, visto che la stragrande maggioranza degli scontri a fuoco si riduce ad un triste tiro al piccione, in genere vinto da chi vanta i numeri più grossi. Durante le sortite iniziali c’è un pizzico di sfida, poiché avendo accesso unicamente alle produzioni di massa più scarse e a piloti inesperti dovremo sceglierci i bersagli e dare priorità all’obiettivo principale, evitando assi e confronti diretti con le ammiraglie, ma non appena fatta carriera e sbloccati i primi Gundam potremo decimare l’intera mappa in poche raffiche.
Ci vogliono circa 10 ore per arrivare ai titoli di coda, completando entrambe le stagioni con una fazione qualunque, più o meno altrettante per finire le restanti missioni e puntare al rango S (così da rimuovere restrizioni e “level cap”), idem se si puntano le missioni EX, ma per allora avrete già sbloccato tutto e vi sarete probabilmente già scocciati. La co-op avrebbe incentivato un po’ di sana rigiocabilità, e dispiace che gli sviluppatori non abbiano colto l’occasione per introdurre scenari, personaggi e unità da SEED Freedom, c’era un bel po’ di materiale interessante con cui lavorare.
Sul profilo tecnico, Battle Destiny Remastered non nasconde le sue modeste origini, tuttavia i Mobile Suit sono dettagliati al punto giusto e gli artwork utilizzano lo stesso stile dell’anime, ed è quello che conta. Su PC il titolo appare più pulito, scintillante e scattante, ma anche su Switch si difende bene, ad un primo sguardo, e la sua natura portatile lo rende più “idoneo” alla piattaforma Nintendo. Purtroppo all’aumentare dei nemici e delle esplosioni a schermo le performance della piccola console ibrida crollano di brutto, con frequenti e pesanti rallentamenti, e lunghi caricamenti tra una transizione e l’altra. Kira sarà un maestro nel metterti fuori gioco senza mirare alla cabina di pilotaggio, ma lo Strike Freedom sa come ammazzare il frame rate; desolante.
Per quanto riguarda l’audio invece, la scaletta annovera una manciata di brani ripresi dall’anime, più numerose tracce originali sulla medesima scia. In-game però le occasioni per ascoltarle con attenzione sono poche, considerato il casino generato dagli effetti sonori su licenza e le voci (urla, a voler essere precisi) dei personaggi, interpretate dai rispettivi doppiatori originali (giapponesi s’intende). Funzionale e d’atmosfera.
Mobile Suit Gundam SEED: Battle Destiny Remastered
I fan di Gundam e di SEED in particolare apprezzeranno questo viaggio nostalgico nella Cosmic Era, tutti gli altri dovranno digerire un action mediocre con tanti nomi e poca sostanza. Il canovaccio tutto sommato ben fornito stuzzicherà gli amanti del genere e potrebbe invogliare a consultare la serie di riferimento, ma come gioco a sé stante Battle Destiny Remastered lascia piuttosto a desiderare, e su Switch arranca pure.
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