FBC: Firebreak è uno spin-off caotico e surreale - La Recensione

Tra docce curative, idranti tattici e post-it infestati, Remedy torna nella Oldest House con un esperimento cooperativo che diverte, ma non osa.

FBC: Firebreak e uno spin-off caotico e surreale - La Recensione

Sono passati sei anni dagli eventi di Control, ma la guerra contro gli Hiss, entità ultraterrene capaci di alterare le leggi della fisica e della percezione, è tutt’altro che finita. La Oldest House, quartier generale del Federal Bureau of Control (FBC), resta un labirinto mutevole e ostile, e il contenimento sembra non essere più un'opzione valida da portare avanti.

Con FBC: Firebreak, Remedy Entertainment abbandona (almeno temporaneamente) le sue celebri esperienze single player – da Max Payne a Alan Wake, fino allo stesso Control – per lanciarsi in un territorio nuovo: quello dei co-op shooter PvE, ovvero giochi cooperativi in cui i giocatori affrontano nemici controllati dall’intelligenza artificiale.

FBC: Firebreak è uno spin-off caotico e surreale - La Recensione

Il risultato è uno spin-off compatto, giocabile fino a tre utenti, ambientato tra le stesse mura distorte e claustrofobiche di Control, ma con una formula molto più dinamica e immediata. Il titolo di Remedy mescola con consapevolezza il caos coordinato visto per esempio su Helldivers 2, con le vibrazioni “da lavoro di squadra” di Deep Rock Galactic, rivestendo tutto con il linguaggio visivo e l’estetica surreale del Remedyverse.

 Il tono è volutamente leggero, quasi slapstick, tra danni da fuoco amico, docce curative d’emergenza e boss fatti di foglietti adesivi. Una scelta che potrebbe spiazzare a una prima occhiata, ma che allo stesso tempo incuriosisce per la sua originalità. Dietro queste premesse, però, aleggia un dubbio: può un gioco così bizzarro e votato al caos reggere il confronto con l’universo narrativo da cui proviene?

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L’idea alla base di FBC: Firebreak è tanto semplice quanto coerente con l’universo da cui proviene: la Oldest House è ancora una volta compromessa, e tocca a un gruppo di operatori specializzati – i Firebreak – ristabilire l’ordine in men che non si dica. Niente poteri telecinetici o protagonisti dal background tormentato: qui si impersonano unità operative “usa e getta”, con compiti pragmatici e quasi banali, come riattivare caldaie, riparare quadri elettrici, ripulire anomalie o contenere entità ostili. Si agisce su incarico del Bureau, seguendo protocolli e checklist come in un vero centro di manutenzione… se non fosse che intorno si muovono creature distorte e oggetti d’ufficio posseduti da fenomeni paranormali.

Ogni operazione – chiamata Job – è suddivisa in tre fasi chiamate clearance levels. Si parte da un livello base, più semplice e rapido, per poi sbloccare versioni più lunghe, più complesse e con nuove minacce, fino ad arrivare a un vero e proprio boss di fine livello. I nomi delle missioni e i loro obiettivi, come quello ad esempio di eliminare migliaia di post-it infestati, mescolano un umorismo da ufficio fuori asse con derive surreali e sottilmente minacciose, come se un episodio di The Office fosse stato diretto da David Lynch con budget da serie sci-fi.

Tuttavia, a differenza di Control, Firebreak non costruisce una vera trama. C’è qualche scambio di battute nel quartier generale, riferimenti a Jesse Faden e piccoli frammenti di lore sparsi nei dialoghi, ma tutto rimane ai margini dell’esperienza. La narrazione supporta le fasi action senza mai guidarle davvero, lasciando che l’ambientazione parli più grazie all'estetica. I fan di Control coglieranno riferimenti e rimandi, mentre chi arriva da fuori potrebbe percepire il tutto come una scenografia affascinante ma poco coinvolgente. In fondo, Firebreak non ambisce a essere un nuovo tassello narrativo del Remedyverse: è piuttosto una deviazione operativa, una parentesi ludica dentro l’universo sopracitato.

FBC: Firebreak è uno spin-off caotico e surreale - La Recensione

Il gameplay di FBC: Firebreak: ti piacerebbe sparare e basta, ma qui puoi fare molto di più!

A differenza di molti co-op shooter contemporanei, FBC: Firebreak non chiede solo di scendere in campo e sparare all'impazzata: al contrario, invece, chiede di riparare, contenere e ripulire la zona di gioco. Ogni giocatore sceglie uno dei tre kit di crisi disponibili – meccanico, elettricista o idraulico – ognuno associato a uno strumento primario e a un gadget specializzato che consente di affrontare in modo differente le anomalie della Oldest House. Non è obbligatorio svolgere un incarico con il personaggio “giusto”, ma farlo richiede meno tempo e meno rischio, mentre le altre classi dovranno affidarsi a quick time event per sopperire alle mancanze.

A rendere interessante la formula ci pensa il sistema di sinergie ambientali: bagnare i nemici con l’acqua dell’idraulico per poi fulminarli con l’elettricista funziona sorprendentemente bene, e crea una dinamica cooperativa che premia la coordinazione. I kit evolvono nel tempo, permettendo di sbloccare varianti che trasformano ad esempio l’idrante in un’arma letale o la chiave inglese in un moltiplicatore di danni. Anche i gadget di supporto, come torrette automatiche, box curativi o umidificatori d’area, arricchiscono il repertorio senza appesantire la giocabilità.

Il combat system in sé è intrigante, ma personalmente l'ho trovato poco ispirato: sei armi in totale, tra cui un fucile a pompa, una mitragliatrice rotante e un revolver, tutte efficaci ma prive di carattere. Nessuna modifica estetica o feeling davvero distintivo. Il feedback è buono ma manca un quid stilistico che dia profondità al gameplay. In questo senso, Firebreak non osa: gioca sul sicuro, e a lungo andare si sente.

A questo si aggiunge un sistema di progressione articolato ma frustrante, con due “battle pass” (gratuito e deluxe) da completare per sbloccare armi, perk e abilità. Il problema? L’accesso ai contenuti migliori è spesso vincolato all’acquisto o allo sblocco forzato di oggetti secondari, con un loop che diluisce la progressione e rischia di svuotare l’esperienza, specialmente per chi gioca in solitaria.

Il level design, infine, resta fedele al DNA di Control: ambienti modulari, uffici deformati, zone industriali astratte. Tutto è ben costruito, ma poco dinamico. Le missioni – pur variabili nei livelli di difficoltà e nella durata – ripetono sempre le stesse azioni: attiva, ripara, difendi, ripulisci. Anche con le “corruzioni” (modificatori ambientali come gravità alterata, oggetti maledetti o ondate di nemici potenziati), l’impressione è che il caos sia spesso più estetico che sistemico.

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Una bella produzione, comunque da tenere d'occhio

Che FBC: Firebreak non sia il progetto più ambizioso di Remedy è una sensazione diffusa, e forse non è un caso. Control 2, come annunciato nei report finanziari dello studio, risulta in fase di piena produzione, e tutto lascia pensare che Firebreak sia stato concepito come progetto collaterale: un modo per esplorare il multiplayer cooperativo senza distogliere risorse e attenzione dal futuro “capitolo vero” del Remedyverse.

Nonostante questo, il gioco mantiene una sua coerenza visiva e stilistica. L’impronta artistica è netta: ambienti austeri, uffici brutalisti, superfici liquide e minacce geometriche sono perfettamente riconoscibili, e restituiscono l’atmosfera sospesa che ha reso Control una delle esperienze più distintive della scorsa generazione. C’è meno ambizione, sì, ma non c’è sciatteria.

Su un sistema con RTX 4060 Ti, il gioco si comporta bene: preset alti, DLSS su qualità e frame rate stabile intorno agli 80–100 FPS a 1440p, con qualche flessione nelle situazioni più dense di effetti – particelle, acqua, luci dinamiche e oggetti distruttibili possono ancora saturare la GPU durante ondate di nemici o boss fight. In alcuni casi si sono verificati piccoli rallentamenti e un paio di crash a desktop, ma nel complesso l’esperienza è rimasta fluida e gestibile. Il matchmaking, però, continua a essere un collo di bottiglia: lento, incostante e a volte fallato, penalizza l’accessibilità soprattutto per chi non gioca in gruppo.

In termini di autorialità, Firebreak non osa. Il DNA di Remedy c’è, ma in modalità conservativa. Le creature Hiss sono familiari, le deformazioni ambientali accennate più che protagoniste. Non si va oltre quanto già visto in Control, e la narrazione ambientale è ridotta a frammenti. Non è un’espansione del mondo, ma una sua deviazione secondaria, funzionale al gameplay ma mai davvero sorprendente. L’assenza di microtransazioni invasive e l’impostazione priva di FOMO sono meritevoli, ma non bastano a compensare una visione creativa che, qui, sembra più in pausa che in espansione.

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FBC: Firebreak

Versione Testata: PC

6.5

Voto

Redazione

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FBC: Firebreak

FBC: Firebreak è un esperimento cooperativo con buone idee e una struttura solida, ma troppo cauto per lasciare davvero il segno. Funziona meglio in compagnia, diverte per qualche ora, ma la ripetitività, la progressione forzata e l’assenza di una vera identità lo rendono poco incisivo sul lungo termine. Resta un’occasione interessante per tornare nella Oldest House — purché non ci si aspetti più di una parentesi leggera e un po’ svogliata.

 

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