La recensione di Siren's Rest: il DLC di Still Wakes the Deep ci riporta sulla piattaforma Bear-D
La nostra recensione di Siren's Rest per Still Wakes the Deep. Gameplay, storia e verdetto sul DLC horror ambientato nei fondali marini.

Still Wakes the Deep si presentò come un horror narrativo atipico, dove la tensione non scaturiva tanto dalla presenza di un mostro, quanto dal contesto in cui si sviluppava. Ambientato nel 1975 su una piattaforma petrolifera scozzese, in un periodo segnato da forti tensioni politiche tra Edimburgo e Londra per il controllo del petrolio del Mare del Nord, il gioco intrecciava instabilità industriale, senso di isolamento e paure viscerali in un racconto coeso e disturbante. Un’esperienza compatta ma densa, costruita più sull’immersione che sull’azione.
Siren’s Rest ci riporta in quel mondo, ma non lo fa per chiarire ciò che era rimasto sospeso. A distanza di undici anni dagli eventi del gioco principale, la piattaforma Bear-D giace sul fondo dell’oceano, silenziosa e immobile, e il DLC sceglie di tornare lì con una premessa diversa: recuperare in qualche modo ciò che è stato perduto. Non si tratta quindi di espandere in modo eccessivo l'universo narrativo della produzione, né di aggiungere nuove meccaniche di gioco che ne alterino l'essenza. L’obiettivo al contrario, almeno dal nostro punto di vista, è quello di osservare il tutto da una nuova prospettiva confrontandosi con storie parallele rimaste irrisolte.
Gallery
Mhairi, la protagonista, è una giovane subacquea impegnata in una missione di recupero dati ma il suo viaggio è segnato da un'intima ricerca di risposte a domande personali. Siren’s Rest è un DLC dal passo lento, che costruisce un’esperienza breve ma intensa, pensata non per spiegare ma per completare ciò a cui avevamo assistito in passato. Non si propone di rispondere alle domande lasciate sospese dal gioco base, ma di dare voce a chi, in quella storia, era rimasto ai margini. Ed è proprio in questo sguardo sommesso che risiede la sua forza.
Una discesa intima nel profondo oceano: la trama di Siren’s Rest
A guidare la storia di Siren’s Rest è Mhairi, una subacquea professionista impegnata in una missione di recupero all’interno del relitto della BearD, sommerso nel Mare del Nord da oltre un decennio. Quello che in apparenza sembra un incarico tecnico – raccogliere dati, fotografare i resti dei dispersi, catalogare oggetti da restituire alle famiglie – si rivela ben presto il riflesso di una ricerca molto più personale. Mari ha una ragione profonda per trovarsi lì, e anche se il gioco non la esplicita da subito, lascia emergere nel tempo una motivazione più emotiva che operativa, legata a un passato che affonda le sue radici proprio nella tragedia che ha distrutto la piattaforma.
Il racconto si sviluppa con un ritmo sommesso, scegliendo di non rincorrere il mistero irrisolto dell’entità che aveva infestato la BearD, ma di soffermarsi su ciò che è rimasto. A differenza del gioco principale, che costruiva tensione attraverso l’urgenza dell’ignoto, questo DLC preferisce interrogarsi sulle conseguenze: non tanto cosa è successo, ma come si convive con quello che è accaduto. Le fotografie, i messaggi lasciati a metà, i corpi fossilizzati tra i corridoi sommersi non servono a ricostruire semplicemente gli eventi, quanto a tracciare il profilo di una memoria collettiva spezzata, fatta di volti senza più voce e oggetti caricati di un valore muto ma tangibile.
Per chi ama il cinema, il paragone più naturale potrebbe essere quello con The Abyss di James Cameron. Non certo per la presenza di entità aliene – che qui non ci sono, per fortuna – ma per la capacità di trasformare una missione subacquea in un confronto interiore, dove lo spazio fisico diventa l’estensione di un’urgenza psicologica. Siren’s Rest lavora sulla stessa linea: non si tratta di esplorare l’abisso in cerca di rivelazioni, ma di attraversarlo per misurare l’impatto di ciò che è stato, per confrontarsi con le sue tracce più intime e ancora irrisolte.
La durata complessiva dell’esperienza si attesta tra le due e le tre ore, a seconda del livello di esplorazione. È un tempo contenuto, ma coerente con l’intenzione del DLC: raccontare una storia circoscritta, costruita su piccoli momenti e su una progressione lenta, senza diluire il contenuto né forzare la struttura.
Un oceano fatto di silenzi: Siren’s Rest ha un buon gameplay ma...
Dal punto di vista ludico, Siren’s Rest riprende l’impostazione del gioco principale senza alterarne l’essenza. Non ci sono combattimenti né abilità da potenziare: l’interazione si basa su una serie di azioni semplici e funzionali, come l’uso di una torcia al plasma per tagliare strutture arrugginite, o di una macchina fotografica subacquea con cui documentare i resti ritrovati. A scandire il ritmo dell’esplorazione sono l’ambiente stesso e i vincoli imposti dalla profondità, con percorsi spesso lineari, ma costellati di ostacoli che richiedono attenzione e un certo grado di osservazione ambientale.
A dare forma all’esperienza è però il modo in cui lo spazio viene rappresentato. Le strutture della BearD, immerse nell’oscurità e nella decomposizione, diventano più di un semplice scenario: sono frammenti di memoria incarnata, resi vivi dalla fotografia e dalla luce delle fiaccole. La regia ambientale lavora con efficacia, utilizzando l’illuminazione come strumento narrativo. In molte sequenze, la torcia si guasta, costringendo Mari a fare affidamento solo sui razzi segnaletici, che illuminano sezioni limitate di relitto e rendono ogni movimento incerto.
Le sezioni più riuscite sono quelle in cui l’esplorazione viene interrotta da brevi momenti di tensione visiva o sonora, senza mai scadere nel jumpscare o nell’effetto facile. Alcune situazioni prevedono il distacco temporaneo dall’ombelicale – il cavo che fornisce ossigeno e comunicazione – obbligando il giocatore a muoversi con urgenza, ma anche con estrema cautela. In questi passaggi, il level design gioca bene con il concetto di disorientamento, facendo leva sulla verticalità, sulle strettoie improvvise e su una mappa che appare familiare e aliena al tempo stesso.
Nonostante l’efficacia dell’ambientazione e l’uso sapiente della luce, rimane un certo rammarico per la mancanza di una vera minaccia da evitare, presente solo in una fase molto avanzata dell’esperienza. L’immersione nelle viscere del relitto è costante, ma raramente diventa pressante sul piano ludico. È un vuoto che si sente soprattutto nei momenti più bui, quando il gioco costruisce la scena perfetta per una tensione dinamica che però non arriva. Una creatura visibile, mobile, legata al relitto stesso, avrebbe potuto trasformare alcune sezioni da puramente esplorative a realmente opprimenti, amplificando il senso di vulnerabilità.
In questo senso, certe sequenze mi hanno inevitabilmente richiamato alla mente Underwater, il film con Kristen Stewart ambientato anch’esso negli abissi. Non tanto per i toni, quanto per la gestione dello spazio e della minaccia. Lì, la profondità è abitata, in modo ostile e incombente. Qui, invece, l’oceano rimane vuoto quasi fino alla fine, e nel suo silenzio perde l’occasione di far convergere il terrore atmosferico e quello tangibile in un’esperienza più completa e memorabile.
Un DLC che convince sul fronte tecnico: Siren's Rest ha belle idee ma si perde un po'
Dal punto di vista tecnico, Siren’s Rest si comporta in modo solido, anche se la qualità dell’esperienza varia leggermente a seconda della configurazione. Su portatile con RTX 3060, il gioco resta fluido e visivamente gradevole, ma è con la build desktop dotata di RTX 4060 Ti che si notano i risultati migliori: caricamenti più rapidi, frame rate più stabile e una resa visiva più pulita e definita. Niente di sorprendente, ma conferma che il DLC è meglio ottimizzato per fascia media-alta, dove l’atmosfera riesce davvero a esprimersi con il giusto impatto.
Il titolo non punta sul fotorealismo, ma sulla cura dei dettagli ambientali: luci fredde che fendono il buio, riflessi dell’acqua appena percettibili e fondali sommersi che restituiscono il senso di oppressione. Qualche piccolo inciampo visivo c’è, come il cavo ombelicale (quello dove passa l'ossigeno per il casco) che si comporta in modo un po’ goffo nelle animazioni, ma nulla che comprometta l’esperienza.
Sul fronte sonoro, il lavoro è convincente. Le voci sono chiare, i rumori ovattati fanno il loro dovere e restituiscono bene la sensazione di trovarsi in profondità, isolati e vulnerabili. Anche in questo caso, il doppiaggio originale scozzese dona un sapore autentico e personale, ed è consigliabile mantenerlo per non perdere quell’impronta così tipica.
Nel complesso, Siren’s Rest mantiene continuità con lo stile visivo e narrativo del gioco principale. Nessuna sorpresa, ma una fedeltà voluta: la sensazione è quella di trovarsi ancora nel mondo di Still Wakes the Deep, solo da un angolo diverso. Ed è proprio questa coerenza a fare la differenza, anche sul piano tecnico.
Versione Testata: PC
Voto
Redazione

Still Wakes the Deep
Siren’s Rest non amplia l’universo di Still Wakes the Deep, ma lascia riemergere alcuni frammenti dispersi, lasciati inascoltati finora. È un’esperienza breve, non sempre incisiva, ma capace di toccare corde profonde grazie al suo sguardo laterale e umano. Non chiarisce, non sconvolge: ma completa, con delicatezza, ciò che era rimasto in sospeso. E a volte, basta questo.