Small Things Like These, recensione: le lacrime silenziose di Cillian Murphy aprono il Festival di Berlino

Non poteva esserci film più indicato di Small Things Like These ad aprire la Berlinale numero 74: Small Things Like These è la summa dei pregi e dei difetti delle pellicole presentate in questo Festival.

Small Things Like These recensione le lacrime silenziose di Cillian Murphy aprono il Festival di Berlino

Nel post Oppenheimer è ancora più facile mettere a fuoco quello che dà un attore come Cillian Murphy a un film come Small Things Like These. Un titolo impegnato, duro, che vuole fare luce su una realtà particolarmente drammatica dell’ultimo secolo irlandese. Il regista Tim Mielants adatta l’omonimo romanzo di Claire Keegan mettendo al centro il personaggio di Billy “PJ” Furlong, ovvero il protagonista interpretato da Murphy.

Small Things Like These racconta la fortuna di essere un po’ meno sfortunati

“If you want to get on with life, sometimes you have to ignore things” (se vuoi tirare avanti con la tua vita, a volte devi ignorare le cose): lo dice la moglie di Billy Furlong al marito, criticandone con gentile fermezza l’altruismo impulsivo e tormentoso di lui. Siamo nell’Irlanda del 1985, nella piccola cittadina di New Ross. La vita è modesta ma dignitosa, almeno per la maggior parte della popolazione. Ci sono però bambini che nottetempo rubano il latte lasciato fuori per i gatti randagi, ci sono giovanissime madri scaricate dalle loro famiglie nei conventi delle suore Maddalene, ad affrontare una vita di castighi e umiliazioni. Ai margini di una vita dura ma dignitosa c’è l’ingiustizia, il tormento e la sofferenza del film d’apertura di questa Berlinale.

Serve un po’ di dimestichezza con la storia irlandese dell’ultimo secolo per apprezzare davvero questo film. La ricostruzione infatti è certosina, talvolta sbalorditiva per livello di dettaglio, ma il regista non spende mai tempo a spiegarsi, illustrare, vantarsi del risultato raggiunto.

Small Things Like These, recensione: le lacrime silenziose di Cillian Murphy aprono il Festival di Berlino

Siamo catapultati in una realtà di duro lavoro di estrazione e commercio del carbone, di comunità guardinghe e giudicanti, di devozione assoluta nell’autorità religiosa. Agli angoli delle finestre c’è persino quella sorta di alone grasso che un tempo si formava per via dell’utilizzo del carbone per il riscaldamento: è lì, ma bisogna sapere cosa sia e notarlo per apprezzare questa e molte altre finezze della messa in scena .

Tim Mielants fa dell’esplicitare il meno possibile rispetto alla trama il suo credo. La storia del suo protagonista che rimette insieme i pezzi del suo passato fino a trovarne un nuovo significato è tutta composta da tasselli di immagini, scene rubate. Sta a noi mettere insieme il puzzle. Tratto dal romanzo Claire Keegan, Small Things Like These è il racconto di un “soft heart man”, punzecchiato dalla moglie perché non si trattiene mai dal dare un aiuto a chi è in difficoltà. Billy non naviga nell’oro, a casa ha 4 figlie da tirare su, lo spauracchio della povertà ogni tanto si abbatte sulla comunità e qualcuno è costretto a vendere la propria casa. La sua piccola ditta che vende a domicilio carbone se la cava, a stento.

Quello in cui il film di Tim Mielants eccelle sta nel raccontare il tormento di un uomo che si è costruito una solidità economica e affettiva, pur avendo un’infanzia non facile. È uno di quelli che ha lavorato duro, che ce l’ha fatta, ma Billy è inquieto, tormentato. Dagli occhi di Chillian Murphy scivolano via silenziose, spesso, delle lacrime. Di notte non riesce a dormire, guarda i passanti per strada, se ne va in giro.

Small Things Like These trascura la storia vera che sta alla base del suo racconto

Attraverso la fugace rivelazione della miseria altrui Billy rivive la propria, annegata dalla consapevolezza dell’enorme fortuna che ha avuto. Cillian Murphy è proprio quel genere d’attore che può raccontare attraverso i primi piani del proprio volto, senza battute o dialoghi. Incarna alla perfezione il tormento interiore di un uomo a cui, per custodire la piccola felicità familiare, viene chiesto ogni giorno ignorare una miseria che lui ha scampato quasi per caso.

Small Things Like These, recensione: le lacrime silenziose di Cillian Murphy aprono il Festival di Berlino

Murphy al solito è encomiabile, anche grazie a una composizione delle inquadrature di Mielants sempre molto attenta, ancorché ogni tanto di maniera. Il punto debole del film è però quello che dovrebbe essere il suo cuore narrativo: la vicenda della giovane Sarah, ragazza scaricata dalla madre presso il convento dove Billy consegna il carbone. Le durezze vissute dalla ragazza**, la cattiveria quasi da cartolina della suora che gestisce la struttura** sono appena abbozzate, salvo poi scoprire in chiusura di film che è proprio questa la storia vera alla base del film, che appena la accenna e lo fa in maniera confusa.

A questo punto sarebbe stato meglio focalizzarsi sul racconto di un uomo diviso tra il bisogno di proteggere la sua famiglia e quello di essere per una delle persone in difficoltà che ha intorno il miracolo che è stato per lui la sua benefattrice. Il film in questo senso dice già molto. Racconta per esempio l’incomunicabilità generazionale del suo tormento, perché le sue figlie non possono comprenderlo davvero, così come la moglie, incapaci di capire fino in fondo la tua esperienza per aver vissuto una vita più agiata, più sicura, più felice.

Nella seconda parte la pellicola scivola inoltre nel didascalico, scegliendo un finale improntato sulla speranza ma che censura il prezzo, anticipato da tanti personaggi, che Billy dovrà pagare per la scelta di mettersi contro “these nuns who have fingers in every pipe” (queste suore che hanno le mani in pasta ovunque).



 

Small Things Like These

Durata: 96'

Nazione: Stati Uniti

6.5

Voto

Redazione

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Small Things Like These

Small Things Like These è sotto molti aspetti la summa dei pregi e dei difetti che ha il film medio presentato della Berlinale. Sceglie un piglio drammatico e una storia dura, si affida a un attore molto capace che fa fare il salto di qualità al film. È una pellicola con velleità autoriali, molto europea, con un’ambizione di denuncia politica, che però non riesce a scappare al suo stesso rigore autoimposto per avere quel qualcosa in più, quel guizzo memorabile.