No Other Land, due ventenni in burn out in cui riconoscersi: la recensione del doc
Quello di Basel Adra è un ritratto potente di cosa significhi crescere con la consapevolezza che la propria comunità sta per scomparire e decidere, dunque, di filmarla.

C’è una scena potentissima in No Other Land, tanto da finire sulla locandina del film, nei materiali promozionali, oscurando il resto della pellicola. Dopo due decenni di attivismo, il ventenne Basel Adra, ancora giovanissimo ma in un certo senso già vecchio, si sdraia per terra, esausto. Si mette su un lato, si rannicchia sulla terra brulla come fosse un letto e chiude gli occhi. Sonnecchia. Sonnecchia anche se per l’ennesima volta qualcuno l’ha chiamato per avvisarlo che i mezzi e le ruspe israeliane si stanno dirigendo verso uno dei villaggi vicini, pronti a demolire l’abitazione di qualcuno. Basel Adra è esausto, chiude gli occhi. All’orizzonte, sul profilo della collina alle sue spalle, appaiono in lontananza i mezzi israeliani, che per la prima volta in vita sua sta ignorando. Una scena alla Il settimo sigillo, la distruzione che appare da lontano come una piccola sagoma che risale la collina.
A questo punto del film sappiamo già perché Basel è esausto, non reattivo. No Other Land infatti è come prima cosa un potentissimo ritratto dell’impatto e delle conseguenze dell’attivismo e della testimonianza su chi li porta avanti. Il film esiste perché, in prima istanza, gli Adra sono una famiglia di attivisti. La scelta del padre del ragazzo di essere testimone attivo degli abusi perpetrati contro la sua comunità sin dagli anni ‘90 ha plasmato indelebilmente i ricordi e l’esistenza del figlio, che, in apertura di film, spiega: “Ho cominciato a filmare quando è cominciata la nostra fine”.
Filmare la propria fine: No Other Land e l’attivismo oggi
Gli Adra vivono in una piccola comunità collinare sparsa sul territorio di Masafer Yatta; un raggruppamento di piccoli villaggi palestinesi le cui prime tracce risalgono a inizio Novecento. La vita è semplice, le case spartane, l’occupazione principale l’agricoltura e la pastorizia. Almeno fino a quando i militari israeliani seguono nuove direttive riguardanti la zona, che viene arbitrariamente ridenominata territorio militare d’addestramento per gli israeliani, dando vita a un calvario pluridecennale per gli abitanti che segna l’esistenza di Basel.
Il suo primo ricordo di bambino è l’arresto del padre da parte dei militari israeliani. Ricordo di cui esiste un video concitato, con il bambino scorato che vede il babbo che viene portato via. Di tutto ciò che hanno perso gli abitanti di Masafer Yatta hanno testimonianze video. Tra gli Adra e i vicini di casa viene messo insieme e custodito un enorme archivio video, che parte con i vecchi filmati su cassetta degli anni ‘90 e arriva alle dirette social degli anni recenti.
No Other Land si concentra in particolare tra il 2019 e il 2023, mostrando il periodo in cui s’inasprisce l’approccio israeliano rispetto a quella che viene ricontestualizzata come “l’occupazione abusiva di territori israeliani” assegnati al proprio personale militare. Le demolizioni diventano più frequenti, viene vietato agli abitanti di muoversi in macchina, fino a episodi di insensata crudeltà come cementificare un piccolo pozzo in una regione arida per distruggere le colture di un contadino, o demolire un pollaio con dentro i suoi stessi abitanti. C’è persino una sorta di mogul che si muove per il territorio, consegnando provvedimenti di sfratto, decidendo ogni settimana chi perderà la casa.
No Other Land non racconta l’attuale conflitto israelo-palestinese né affronta la questione delle rivendicazioni di Hamas, delle mire del governo israeliano. Tutto questo ovviamente pressa ai margini del film, quando per esempio capiamo come il conflitto appena scoppiato inasprisca le reazioni dei militari e dei coloni israeliani, sfociando nella violenza dei secondi sotto gli occhi indifferenti dei primi.
No Other Land è il racconto di un’amicizia impossibile, ma come tante
Il film però è una straordinaria, benché spesso scoraggiante, testimonianza di cosa possa fare e non fare l’attivismo non violento, oltre che un’impietoso reportage dell’enorme costo umano che comporta essere un testimone. No Other Land esiste perché Basel Adra negli anni è diventato amico del giornalista e attivista israeliano Yuval Abraham, un giovane più o meno della stessa età. Il film racconta la loro amicizia non risparmiando i momenti tesi, i passaggi in cui viene messa in forse. Perché Yuval può guidare e Basel no, Yuval può andare a trovare Basel ma non viceversa, Yuval deve continuamente rinegozionare la sua identità perché, pur sostenendo la causa palestinese, ciclicamente viene allontanato dagli abitanti di Masafer Yatta che non riescono a riconciliarsi con la notizione che lui viva “con loro”, coloro che ogni settimana distruggono una casa e la vita di una famiglia.
È un documentario impietoso anche nel raccontare il compromesso della testimonianza. Ci sono passaggi molto scoraggianti per esempio sul giornalismo e sulla politica. Su come una visita di qualche minuto di Tony Blair a inizio millennio - senza neanche entrare in una casa, tenuto a distanza dalle guardie del corpo - abbia garantito un periodo di pace relativa alle comunità. L’esibizione del vero potere, la definisce il protagonista.
Agli sforzi e ai sotterfugi per costruire una scuola elementare si alternano gli inviati del grande giornalismo internazionale, di cui si evidenzia l’inefficacia e, ancora una volta, la dimensione di compromesso. I reporter hanno poco tempo e sono costretti a invadere le vite che raccontano, accendendo una luce su un tema che dura pochi secondi.Yuval stesso si lamenta che i suoi reportage sono poco letti.
No Other Land pian piano racconta lo stesso processo dal punto di vista di Basel, che ha poco più di vent’anni e alterna momenti di serenità a una quieta disperazione che stempera nell’ironia. Anche lui non è immune alle logiche dei social che utilizza per raccontare la sua lotta non violenta, anche lui viene ritratto e raccontato nei suoi continui tentennamenti: quando lo arrestano, quando arrestano di nuovo il padre, quando i coloni lo minacciano dicendogli “ora abbiamo la tua foto” - perché anche l’altro fronte impara a utilizzare i social e i video - quando nell’ennesima trasmissione televisiva internazionale racconta cosa sta succedendo e poi non succede nulla.
Il burn out di due ventenni scoraggiati
Per usare un termine molto attuale qui assolutamente non fuori luogo, No Other Land è anche il racconto di un lento burn out, degli alti e bassi d’umore che, sul lungo periodo, diventano sempre più bassi. Basel è esausto, provato, così come la sua comunità, che resiste da quando lui è nato ma al contempo si rende conto che è in corso un escalation che forse renderà impossibile persino la quieta resistenza di chi ha deciso di vivere nelle grotte pur di non lasciare la propria casa, perché appunto “non c’è altra terra”. Con l’ombra di un conflitto che, per limiti temporali, No Other Land appena affronta. Dopo averci però dato tutti gli strumenti per immaginare cosa possa essere successo.
L’argomento è abbastanza impegnativo, ma No Other Land è un documentario che nel montare la propria narrazione crea un ritmo e un arco narrativo di una certa ricercatezza. Oltre al tema importante e alla possibilità abbastanza unica di un racconto così in presa diretta, così umano e familiare di una storia di attivismo, No Other Land ha meriti cinematografici non da poco.
Durata: 96'
Nazione: Palestina
Voto
Redazione

No Other Land
In Italia siamo così fortunati da poterlo vedere in sala, a differenza per esempio di quanto accade degli Stati Uniti, in cui le pellicola sta affrontando fortissime resistenze nella ricerca di un distributore. Il suggerimento è di dedicare due ore di tempo a questo titolo che, ridotto all’osso, è una storia così vicina, così familiare: quella di due ventenni che ammazzano il tempo al bar o nel cortile di casa, che non sanno cosa fare del loro futuro, un po’ schiacciati dal confronto con quanto raggiunto dai loro padri, consumati nelle loro energie dalla situazione drammatica che vivono, giovanissimi ma già vecchi, che cercano di non rassegnarsi ma che, talvolta chiudono gli occhi e cercano riposo, anche quando le ruspe in lontananza si avvicinano.