Mufasa, recensione: Barry Jenkins regala un’anima al nuovo Re leone
Tra luci e ombre, passaggi di trama obbligati e scene emozionanti, quel che di buono Mufasa ha da regalare arriva tutto dal suo regista Barry Jenkins.

Disney ha fortemente voluto il regista Barry Jenkins dietro la cinepresa del prequel, spin-off e remake Mufasa: prequel della storia “ufficiale” di Simba, in quanto incentrato sul padre Mufasa, spin-off del remake animato digitalmente da Jon Favreau e remake del film del 1994 che è stato, suo malgrado, fondativo di quello che la Casa del Topo vuole trasformare in un franchise crossmediale e multipiattaforma.
Perché chiamare Barry Jenkins, il regista premio Oscar per Moonlight, campione di un cinema statunitense piccolo, indipendente, tutto cuore e un pugno di dollari? Se lo sono chiesto in tanti, anche lui, come ha raccontato alla presentazione italiana del film. Stavolta non si può che riconoscere a Disney una grande lungimiranza, perché quel che di buono questo film ha da offrire, viene proprio dal regista che è stato chiamato a dirigerlo.
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Mufasa alterna toni differenti in modo spiazzante
Purtroppo però Jenkins ha mano libera poche volte e in molte sequenze fa la scelta più ovvia, vedi per esempio i vari rallenti usati per conferire epicità agli scontri tra leoni presenti nel film. Una scelta visiva e narrativa che diamo per scontata in frangenti come questo, una delle tante che emerge come un modo ovvio di raccontare un passaggio narrativo obbligato. D’altronde un aspetto spiazzante di Mufasa è come sia una pellicola si alterna per toni e temi tra puro canone del Re Leone e qualcosa d’altro.
Per fare un esempio, l’idea è quella di essere davvero nella giungla, tra animali che parlano la nostra lingua giusto per permetterci di capire quel che dicono. Solo che ogni tanto la sceneggiatura va in una direzione più sovrannaturale, quasi magica, a partire da Rafiki, sospeso tra maestro zen e sciamano e Mufasa, che sembra a sua volta un profeta. Ha premonizioni nei suoi sogni e rivela una capacità straordinaria di fiutare tracce nel vento che ha, appunto, del divinatorio. Questo slittamento tra naturale e spirituale funzionava particolarmente bene nel primo Re Leone, ricolmo di riferimenti biblici, ma ancora una volta volta diventa straniante di fronte a un film il cui fotorealismo lo avvicina a un documentario naturalistico.
Rating: Tutti
Nazione: USA
Voto
Redazione

Mufasa: Il Re Leone
Quel che è certo è che i sentono tutti i 30 anni passati dal primo Re Leone: Mufasa manca dell’incredibile ambizione di quel film, che mescolava Shakespeare, Bibbia ed epica per raccontare il più archetipo dei coming of age. Mufasa oggi è ovviamente un predestinato, ovviamente un reietto, ovviamente un protagonista che si costruisce intorno una famiglia non di sangue ma di relazioni, che merita di essere re proprio perché non aspira ad essere tale.
Mufasa è insomma una storia figlia del presente che attraverso una serie di passaggi obbligati fa da introduzione a un film che gli rimane davvero superiore. Trova talvolta modo di brillare e di regalare un po’ di sentimento. Se il progetto non è del tutto privo d’anima, è per merito del regista Barry Jenkins. Disney scegliendolo ha davvero fatto la mossa vincente.






























