Jim Jarmush con Father Mother Sister Brother meritava il Leone d’Oro? La recensione del film vincitore di Venezia 2025

In molti stanno storcendo il naso per il Leone d’Oro a Father Mother Sister Brother: com’è il film di Jim Jarmush che tanto sta facendo discutere?

Jim Jarmush con Father Mother Sister Brother meritava il Leone d'Oro? La recensione del film vincitore di Venezia 2025

Alla vigilia dell’assegnazione del Leone d’Oro di Venezia 82, nel tradizionale Toto Leone, l’avevo sottolineato: qualsiasi film si fosse frapposto tra The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania e la vittoria dell’edizione non avrebbe avuto vita facile, tanto e tale era il consenso critico e il trasporto umano sulla pellicola simbolo dell’edizione, ricostruita a partire dalle registrazioni delle telefonate con cui la bambina bloccata a Gaza chiedeva a i soccorritori della Mezzaluna Rossa di Ramallah di andare a salvarla. Avevo però anche sottolineato che molte giurie non se la sentono con le loro scelte di dare giudizi troppo netti, di prendere posizioni troppo forti, cercando un’armonia più unificante, utopica, equilibrata.

Non mi ha dunque stupita scoprire che i giurati guidati da Alexander Payne abbiano preferito premiare The Voice of Hind Rajab con il secondo premio più importante dell’edizione, il Grand Prix della Giuria, assegnando il Leone d’Oro a un “grande vecchio” del cinema statunitense come Jim Jarmush. Inevitabilmente la decisione ha scatenato polemiche a non finire e questa volta mi trovo in parte d’accordo con quanti criticano (con cognizione di causa) questo Leone. Non perché Father Mother Sister Brother sia un film non riuscito, ma semplicemente perché come opera non ha la qualità o le caratteristiche giuste per essere un Leone a prova di critica, specie in un’annata in cui il primo premio verrà inevitabilmente vissuto da molti come un torto a un film considerato più meritevole per motivi extra cinematografici.

Jim Jarmush con Father Mother Sister Brother meritava il Leone d’Oro? La recensione del film vincitore di Venezia 2025

Perché quello di Jarmush non è un Leone d’Oro al riparo da critiche

Father Mother Sister Brother non miagola certo, ma nemmeno ruggisce: sarebbe stato un Leone perfetto per un’annata in cui il livello non esaltante del concorso avrebbe lasciato aperta la strada all’opzione del “Leone che diventa quasi un premio alla carriera”, l’occasione di premiare un maestro del cinema magari non con il suo film migliore, ma tenendo conto di quanto fatto negli anni. Un po’ com’era successo l’anno scorso con il Leone d’oro a Pedro Almodóvar con La stanza accanto, che però era forte di un tema molto spinoso trattato con grande delicatezza, di una prospettiva personale e intimista e di due ottime interpretazioni delle protagoniste Moore e Swinton. Un anno dopo possiamo già dire che quel Leone non ha lasciato il segno e aveva molto più da offrire allo spettatore di questo ultimo Jarmush, che è un piccolo progetto antologico e accessorio nella sua lunga carriera, lontano dalla voglia di cambiare registro e affrontare scenari nuovi di un The Dead Don’t Die o dalla chiara ambizione di un progetto molto sentito e per certi versi radicale come The Only Lovers Left Alive, per citare solo due delle sue opere più recenti.

C’è un altro paragone che rende perfettamente l’idea di che tipo di film sia Father Mother Sister Brother: basta immaginare una realtà alternativa in cui Yorgos Lanthimos abbia vinto il suo primo grande festival non con il Leone d’Oro a Povere creature! ma con Kinds of Kindness, a cui Father Mother Sister Brother somiglia parecchio, a modo suo. Entrambi i film infatti sono pellicole antologiche divise in tre storie singole, non legate le une alle altre se non da lievi rimandi tematici e immagini ricorrenti.

Father Mother Sister Brother è un Zazie nel metrò filmico

È come se con Father Mother Sister Brother Jim Jarmush avesse scritto il suo Zazie nel metrò, prendendo una serie di elementi ricorrenti, piccoli e grandi, e costruendoci attorno tre storie familiari. Tra gli elementi ricorrenti di tutte e tre le storie ci sono sempre una vecchia macchina azzurro chiaro, un dialogo tra guidatore e passeggero, tre ragazzi che vanno in skateboard, una ripresa aerea di un tavolino con tazze e bicchieri, una conversazione sulla purezza dell’acqua, un’involontaria coordinazione cromatica tra protagonisti che indossano sempre un qualche capo di vestiario rosso scuro (qui potrebbe esserci lo zampino del supporto di Saint Laurent production), la citazione di “Desolandia” nel senso di luogo remoto e non troppo attraente, una battuta ricorrente sul dire qualcosa a zio Bob.

Jarmush sceneggiatore prende questo set di elementi bizzarri e li usa come mattoncini per costruire tre storie familiari incentrate, da titolo, su un padre, una madre e due fratelli gemelli. La doppietta filiare in realtà c’è in tutti e tre gli episodi: nel primo sorella e fratello vanno a trovare il padre in difficoltà economiche, con una visita da cui emerge che l’uomo sta probabilmente spillando soldi a entrambi e fingendo un tenore di vita inferiore a quello reale. Nella seconda storia una madre autrice di best seller convoca annualmente le due figlie a Dublino per un tè in cui fingere di aggiornarsi a vicenda sulle rispettive vite: appare evidente che una delle due figlie finga un tenore di vita che non ha e che la madre abbia un debole per lei, generando grande dolore alla figlia più sciatta nell’aspetto ma precisa e puntuale nelle relazioni, il cui affetto viene vissuto in maniera ingombrante e fastidiosa. Nel terzo episodio due fratelli gemelli, lui e lei, si confrontano con i genitori che non ci sono più, visitando l’appartamento parigino dei due che hanno appena venduto per l’ultima volta: genitori che avevano un approccio alla vita molto anticonvenziale, ereditato dalla prole.

Avrete notato come ricorre la parola “fingere” in queste tre trame. Al centro di Father Mother Sister Brother ci sono sempre rapporti familiari molto, molto sgrammaticati a livello relazionale, mantenuti più per convenzione che per vero trasporto, in cui i figli non capiscono i genitori o negano a sé stessi le realtà sgradevoli che hanno intuito rispetto a chi li ha messi al mondo. I genitori invece hanno intere vite emozionali e private che si guardano bene dal condividere con la prole, tanto che il padre della prima storia “mette in scena” in casa propria una vita più disordinata e solitaria di quella che conduce davvero.

Jim Jarmush con Father Mother Sister Brother meritava il Leone d’Oro? La recensione del film vincitore di Venezia 2025

Le famiglie disfunzionali di Jarmush non scaldano il cuore

Sono famiglie molto disfunzionali, ma non di quegli imbarazzi e impasse che sottendono grandi rapporti affettivi e che fanno emozionare. Si è imbarazzo, talvolta in pena di fronte a questi incontri familiari spesso conquistati dai silenti irrigiditi di chi capisce gli che si sta mentendo o che preferisce essere reticente ma tenersi le proprie vittoria e sconfitte per sé. Anche i luoghi (Dublino, Parigi, i sobborghi del New Jersey) giocano un ruolo importante nel definire queste relazioni che escono dai tre colloqui rivelatori e fallimentari esattamente identiche alla premessa. Non c’è rivelazione, catarsi o evoluzione in queste famiglie, solo un’incomunicabilità, una mancanza di onestà che non viene mia giudicata da Jarmush, che si limita ad osservare molti suoi attori feticcio (Adam Driver, Tilda Swinton, Tom Waits) e new entry del suo immaginario (Vicky Krieps, Charlotte Rampling) alle prese con personaggi di cui il poco che sappiamo ci mette in difficoltà. La forma poi è molto scarna e talvolta esteticamente deludente: le riprese dei dialoghi in auto con gli esterni aggiunti su parabrezza e finestrini in post produzione sono davvero bruttine e in generale sul lato registico non c’è nulla di entusiasmante.

L’esercizio di stile (narrativo) di Father Mother Sister Brother è un film tutto sommato gradevole da vedere ma che non apporta molto alla filmografia di Jim Jarmush, presentandosi come un titolo assolutamente secondario, minore. Le famiglie disfunzionali che non scaldano il cuore e vengono presentate senza giudizi morali di Father Mother Sister Brother strappano appena la sufficienza e non sono il Leone più rappresentativo di un’annata di Venezia in cui altri film avrebbero “ruggito” in maniera più convincente.

Father Mother Sister Brother

Durata: 110'

Nazione: Stati Uniti

5.5

Voto

Redazione

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Father Mother Sister Brother

L’esercizio di stile (narrativo) di Father Mother Sister Brother è un film tutto sommato gradevole da vedere ma che non apporta molto alla filmografia di Jim Jarmush, presentandosi come un titolo assolutamente secondario, minore. Le famiglie disfunzionali che non scaldano il cuore e vengono presentate senza giudizi morali di Father Mother Sister Brother strappano appena la sufficienza e non sono il Leone più rappresentativo di un’annata di Venezia in cui altri film avrebbero “ruggito” in maniera più convincente.

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