Blade Runner 2049

Villeneuve è un regista dal grande coraggio. Uno di quei cineasti che, amante dello sci-fi, non si è fatto problemi a farsi carico del sequel di una delle pellicole più iconiche, filosofiche e amate degli anni ’80. Villenueve è uno che ci mette il cuore, che cerca a tutti i costi di innestare nella mente dello spettatore una visione di cinema chiara, educata, precisa. Villenueve, a conti fatti, è una delle poche persone riuscita nell'intento di rendere credibile e ampliato un mondo che, a conti fatti, probabilmente neanche necessitava di essere ritoccato.

Blade Runner 2049

Nuova Angeles

Sulla trama non ci dilungheremo. Come ci è stato chiesto dallo stesso regista, attraverso un messaggio apparso in sala , lasceremo scoprire a voi le vicende narrate da questa lunghissima pellicola: ben 164 minuti.

E probabilmente, E' proprio la storia d K (Ryan Gosling) e delle sue avventure da cacciatore di taglie all’interno della Los Angeles del 2049 è proprio l’unico argomento che non necessita di essere sviscerato nei minimi dettagli. Il plot scorre in maniera abbastanza blanda, con un ritmo compassato che scandisce tutta la pellicola, senza mai accelerare ma creando dei vuoti costanti, dei grandi monologhi (in particolare il primo di Jared Leto) e lasciando alla potenza delle immagini, delle inquadrature, dei suoni e dei colori il compito di riempire gli occhi dello spettatore.

Di fatto Villeneuve non va a spostare nessuno degli elementi cardine della precedente pellicola - come ad esempio il concetto legato alla formula “ricordo reale = persona reale”, ma li utilizza per creare un qualcosa che allarga questo concetto, per renderlo più personale e moderno, in linea con quella che è stata l’evoluzione del genere in questi anni. Blade Runner, l’originale, sta là intoccabile ed è forse inutile tirarlo in ballo per creare paragoni arditi.

Questo è un film sci-fi di Villeneuve a tutti gli effetti che espande l’universo di Blade Runner. Che gioca con i ricordi, utilizza dei richiami (e chicche per i vecchi fan) e che utilizza il buon Deckard quel tanto che serve per rendere il tutto credibile. Qui abbiamo un blockbuster che gioca, riuscendoci, a fare il film d’autore. Che vira su elementi che vanno oltre il concetto di frastuono audiovisivo, e porta lo spettatore a vivere un’esperienza ricca e allo stesso vuota.

Ricca perché quel mostro di Roger Deakins, esattamente come successo in Sicario, trasforma la fotografia in un film nel film. Parte in sordina, quasi svogliato e chiude con un trionfo di colori, chiaro-scuri e molto altro che rendono unica come poche altre la fotografia di Blade Runner: 2049. Gioca con il passato grazie a richiami precisi, ma offre agli spettatori un 2049 che lascia tutti estasiati, con la camminata sempre compassata di Gosling che aiuta chi guarda, ad apprezzare ogni singolo elemento meticolosamente studiato.

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Un Gosling che tra l’altro offre quella recitazione necessaria al plot e al mood di una Los Angeles che sembra più influenzata da elementi orientali ma con qualche contaminazione russa. Una recitazione essenziale ma utile a raccontare stati d’animo che crescono con il tempo e si modificano in maniera costante.

Blade Runner 2049 è quindi un ottimo film sci-fi. Una di quelle pellicole che si prende tutto i tempo - a volte anche troppo - necessario per far vivere un’esperienza ricca e impattante. Un film che è figlio del tempo in cui è stato creato; che non gioca a scimmiottare una pietra miliare del passato, ma offre una visione contemporanea ed espansa di concetti che vengono raccontati con maestria e tocchi personali di Villeneuve (il personaggio di Joy, in questo senso, è centrale).

Andate al cinema tranquilli, non rimarrete delusi. A patto di rimanere saldamente ancorati al 2049 perché quello è l’anno da vivere e osservare, lasciando solamente al passato gli echi di un 2019 che non vuole e non deve tornare. Bravo Villeneuve.

Blade Runner 2049