Com’è American Fiction, il film candidato a 5 Oscar di cui nessuno parla

Sbarcato in queste ore in sordina su Prime Video, American Fiction è un mistero per il pubblico italiano: facciamo un po’ di chiarezza.

Comè American Fiction il film candidato a 5 Oscar di cui nessuno parla

American Fiction è un grande mistero per il pubblico italiano. Pur vantando 5 candidature agli Oscar in categorie di grande rilevanza - miglior film, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora e due nomination attoriali - è pressoché sconosciuto in Italia. La colpa è probabilmente di un limbo in cui è rimasto bloccato per mesi. Il film infatti è rimasto senza distribuzione in sala, il che è un ulteriore mistero. In un periodo in cui anche i micro-film di nicchia sono riusciti ad arrivare a una release tradizionale, seppur magari limitata a qualche giorno e in poche sale, American Fiction è arrivato direttamente in piattaforma, senza passare per la sala e senza alcun tipo di promozione o lancio.

Prime Video lo ha inserito nel suo catalogo di soppiatto qualche ora fa, senza nemmeno un comunicato stampa. Probabilmente questo inserimento è dovuto al fatto che il titolo figura nel catalogo MGM e Amazon ha acquisito la storica casa di produzione del leone ruggente e il suo immenso catalogo qualche tempo fa.

Considerando la fame delle piattaforme per film che possano creare un po’ di hype, il mistero s’infittisce. Forte delle sue 5 nomination, American Fiction avrebbe potuto suscitare l’interessedi molti cinefili “completisti”, pronti a vedere una pellicola per avere una panoramica completa sulle candidature. Non dovrebbe essere così complicato suscitare la curiosità verso un titolo che altrove è stato considerato tra i migliori dell’annata. Il mercato italiano tutto insomma non ha creduto in una pellicola incentrato su una tematica molto a rischio “lost in translation”: quella dell’identità afroamericana in un momento storico in cui l’America bianca si sente in colpa.

Com’è American Fiction, il film candidato a 5 Oscar di cui nessuno parla

Di cosa parla American Fiction, il film candidato agli Oscar più misterioso dell’anno

American Fiction è l**’adattamento filmico del romanzo satirico Erasure di Percival Everett** e segna il debutto alla regia di Cord Jefferson, che ha una discreta carriera come sceneggiatore e produttore televisivo.

Il film prende il via come una commedia brillante, ma rivela ben presto un lato satirico, un certo mordente verso il suo protagonista e il “mondo al contrario” in cui vive. Thelonious Ellison è pomposo e affettato già nel nome. Docente afroamericano di letteratura originario di Boston, è uno scrittore frustrato per la difficoltà di vendere le proprie opere.Amante della letteratura greca classica, raffinato e colto, “Monk” (questo il suo soprannome) non incontra i gusti del mercato editoriale contemporaneo.

Quando scopre il successo editoriale della collega Sintara Golden, autrice del romanzo best-seller “We's Lives in Da Ghetto”, Monk è parimenti irritato e arrabbiato. Sin dal titolo, il romanzo di Sintara racconta un’America nera sgrammatica e degradata, che titilla il senso di colpa del pubblico bianco.

Frustrato dal bisogno di soldi e dall’aggravarsi delle condizioni di salute della madre, Monk si mette alla tastiera e scrive “My Pafology” (sostituendo il th del termine con una f, marker tipico dello slang nero). Il romanzo più tardi verrà rititolato “Fuck”. Il suo scherzo, la sua invettiva canzonatoria ai libri sul degrado che fanno impazzire il pubblico, viene presa sul serio: il suo editore piazza il manoscritto a una cifra record. Seguono poi la classifica, l’adattamento cinematografico, la curiosità sul “misterioso autore” fuggitivo. Non c’è limite al ribasso di quanto Monk possa aderire allo stereotipo venendo preso sul serio, al rialzo, dai suoi editori bianchi.

Monk viene dunque travolto da un successo che tenta di schermare dietro un’alias che incarna tutto ciò che lui detesta, tutto ciò che lui non è, tutto ciò che il pubblico vuole da un’artista nero. Sintara sembra essere l’unica a intravedere, tra le righe del romanzo, il suo bluff.

Com’è American Fiction, il film candidato a 5 Oscar di cui nessuno parla

American Fiction è un film difficile per il pubblico italiano

A livello tecnico American Fiction è un film funzionale alla sua storia. A livello di regia, montaggio e fotografia è in tutto e per tutto simile a un film TV o un titolo da piattaforma. La sua forza risiede nella storia e nelle interpretazioni, che hanno raccolto due candidature agli Oscar.

Jeffrey Wright nei panni di Monk è come sempre inappuntabile. L’attore riesce a regalare allo scrittore quell’aurea da liberal depresso senza cadere nello stereotipo, esplorando alla perfezione vanità ed egoismi di un uomo che, nel momento del suo successo, si ritrova a dover fare i conti con i propri fallimenti umani.

Meno condivisibile è invece la candidatura per Sterling K. Brown nei panni di Cliff, il fratello di Monk. Cliff è un personaggio oggettivamente interessante: afroamericano alla deriva, un matrimonio naufragato con una donna bianca dopo la scoperta/rivelazione della propria omosessualità, Cliff è al contempo in caduta libera e ferocemente determinato a mettere la sua felicità al centro, a essere finalmente sincero verso sé stesso. Il suo personaggio però sta poco in scena e, a parere di chi scrive, non è particolarmente memorabile né in grado di uscire dallo stereotipo.

Il vero oggetto del contenere è la sceneggiatura di Cord Jefferson, che porta con sé la storia di Monk, il vero motivo per cui vedere il film. Oggettivamente è una visione in cui il pubblico italiano rischia di perdere molto, moltissimo.L’adattamento e il doppiaggio italiano fanno i salti mortali per essere più espliciti e chiari possibili, ma già in avvio vanno in tilt nel tentare di rendere un complesso, intraducibile gioco di parole sulla sentenza Roe v. Wade. L’intero discorso letterario del film richiede una certa conoscenza pregressa dello slang e degli stereotipi connessi all’identità sociale e letteraria degli afroamericani.

Oltre a un problema oggettivo di lost il translation però, il film ha un limite soggettivo: è maledettamente furbo ma comunque inconcludente. L’intera pellicola sembra porre una domanda scomoda sull’identità afroamericana: quanto è giusto aderire a uno stereotipo ghettizzante dell’immagine afroamericana nelle arti per andare incontro al successo commerciale e a una relativa sicurezza economica? È una domanda davvero interessante da porsi, considerando la tipologia di film sulla questione nera che ogni anno arrivano sul nostro mercato, trascinati appunto dalle nomination agli Oscar.

Com’è American Fiction, il film candidato a 5 Oscar di cui nessuno parla

I bianchi in American Fiction sono tutti dei cretini: non capiscono di essere irrisi e disprezzati, si crogiolano nella loro stessa sensibilità perché apprezzano i romanzi afroamericani, perché si sentono in colpa. Il film però qui, dalla sua stessa premessa, sarebbe chiamato a una riflessione interna alla comunità letteraria nera. Aderire a questo stereotipo quanto fa bene all’identità afroamericana sul lungo periodo? Quant’è mercenario come processo? Come si può lamentarsi dei bianchi che ghettizzano quando menti brillanti come quella di Sintara portano avanti in pubblico questa narrazione delle “nostre voci inascoltate” e sono sempre quelle del degrado?

La domanda rimane sempre sospesa, a mezz’aria. Il film va in cortocircuito quando, per un brevissimo passaggio, fa dare proprio a Sintara la risposta: guardati attorno Monk, guarda alla condizione degli afroamericani in America. Eppure American Fiction è (finalmente) ambientato in una realtà diversa, di afroamericani ad alto grado di scolarizzazione, mediamente abbienti, sorprendentemente cinici e depressi. Non è una posa “da bianco”, quanto un’interiorizzazione delle stesse dinamiche vincenti, degli stessi contraccolpi emotivi.

American Fiction però non ha la forza e l’onestà di avere questo momento di analisi, autocritica. Si limita ad addossare al tratti caratteriali “da debole” e “da bianco” di Monk la responsabilità di questo cortocircuito, puntando nel finale a un colpo di scena che vorrebbe essere cinico, tagliente, sconfortante, ma che suona tanto di facile scappatoia.

American Fiction

Rating: Tutti

Durata: 118'

Nazione: Stati Uniti

5.5

Voto

Redazione

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American Fiction

American Fiction è una commedia brillante che si guarda bene dall’uscire dal recinto di una facile critica dell’America bianca, preferendo raccontare il dolore di un nucleo familiare afroamericano alle prese con un lutto che ne cambia le dinamiche. Si potrebbe argomentare senza troppa difficoltà, che il film fa esattamente la stessa operazione del suo protagonista, dando al pubblico quel tanto di denuncia per farlo sentire in colpa se bianco, vendicato se nero. Si poteva fare di più. Jeffrey Wright si conferma un grande interprete, ricco di sfumature.