Causa Barret-Sony: Resi Noti i Messaggi di Molestia

Il Director è stato licenziato da Bungie e muova causa, ma Sony contrattacca

Causa BarretSony Resi Noti i Messaggi di Molestia

Ha cominciato a scoppiettare la miccia della battaglia legale che Christopher Barrett, ex-membro di Bungie e all'epoca Executive Creative Director del progetto Marathon, ha mosso nei confronti di Sony.

Puntiamo la macchina del tempo a poco meno di un anno fa: nel Marzo del 2024 Barrett è stato licenziato da Sony a seguito di un'indagine interna relativa ad una serie di messaggi "disturbanti"  - leggasi "molestie" - che alcune dipendenti di Bungie avevano dichiarato di aver ricevuto da lui. La questione sembrava morta lì, sennonché a Dicembre il licenziato ha mosso causa a Sony.

L'accusa è quella di aver orchestrato tutto il caso di molestie - il termine utilizzato nella denuncia è "sham" = farsa - al fine di allontanare Barrett dall'azienda senza riconoscergli una cifra pari addirittura a 40 Milioni di $ relativa all'acquisizione di Bungie.

La Replica di Sony

La risposta da parte degli avvocati di Sony è arrivata lo scorso 19 Febbraio in un documento di 128 pagine - segnalato da Game File -  in cui senza grande fatica sono riportati i messaggi in questione. Il tono dei messaggi non è mai "spinto" ma Barrett si esprime sempre con toni  molto confidenziali, informandosi ad esempio sugli indumenti indossati dalla donna all'altro capo della comunicazione o facendo complimenti del tipo "sei una su un milione" e affermando che se non fosse sposato ci proverebbe con lei. Una donna ha anche raccontato di come una volta Barrett, ubriaco, l'abbia contattata su FaceTime in piena notte fino a sdraiarsi a letto col telefono in mano dichiarando "Non posso credere di essere a letto con te". 128 pagine sono tante e secondo gli avvocati Sony tratteggiano un comportamento sistematico ben definito, sufficiente a richiedere l'allontanamento dall'azienda.

Ovviamente l'avvocato di Barrett è di parere opposto: secondo l'accusa Sony sta estrapolando tali frasi e messaggi dal loro contesto - il cosiddetto "cherry picking" - per continuare a tener su un teatrino di diffamazione nei confronti dell'assistito. Ora la parola passa alla corte...

 

 

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